Fade to Silence

Fade to Silence – Recensione

“L’inverno sta arrivando” è sicuramente una delle citazioni più iconiche dell’ultimo decennio, tanto che probabilmente anche vostra nonna saprà di cosa state parlando. Nel caso di Fade to Silence, titolo sviluppato da Black Forest Games e pubblicato da THQ Nordic, l’inverno è già arrivato.

Del resto parliamo di un survival, nato come progetto early access che ha preso poi una forma definitiva, grazie anche ai feedback degli utenti che nell’ultimo anno lo hanno testato e hanno tracciato per gli sviluppatori una strada maestra. Del resto fare videogiochi significa anche sbattere la testa e un survival ben rappresenta questa realtà. Com’è questo Fade to Silence, quindi? C’è del buono o si perderà nel suo silenzio?

Fin dal primo momento vestiremo i panni di Ash, un padre in balia degli eventi e gettato in un mondo post-apocalittico tutto meno che ospitale. L’inverno ha preso palazzi e praterie, la neve è letteralmente ovunque e copre ogni cosa, i laghi sono ghiacciati. Là fuori si muore e anche parecchio. Dovrà proteggere sua figlia, ma anche fare i conti con delle strane entità che hanno preso possesso del mondo. Una in particolare vive dentro di lui e lo spinge a rivivere costantemente questo incubo, uno spettro antico che bisbiglia nelle orecchie di Ash parole di sconforto e prediche di distruzione. Tutto fuorché il silenzio quindi, nel mondo di Fade to Silence.

Il circolo del tormento è la prima cosa che impareremo a conoscere una volta avviata la partita, poiché scandirà il numero di resurrezioni a nostra disposizione (aumentabili accendendone le fiamme) prima della morte “permanente”. Che permanente in realtà non è, poiché comporta sì la perdita di progressi ma con un sistema di bonus e abilità permette anche di acquisire benefici una volta tornati in vita e rendere meno traumatico il nostro secondo viaggio.

Fade to Silence dà il meglio di sé quando si concentra sugli aspetti survival

Fade to Silence oltre questo aspetto si presenta come un survival piuttosto classico: una mappa divisa in zone di grandezza variabile ne costituisce lo scheletro (ma chiamarlo open-world è forse eccessivo) dove muoversi raccogliendo risorse e materiali, cacciando e per scoprire il passato di Ash e le ragioni che hanno ridotto il mondo in questo stato. La narrazione prova a dare senso alle nostre scampagnate sulla neve, ma ci riesce solo in parte: ogni volta che faremo progressi e dormiremo davanti ad un fuoco ci viene presentato un filmato, un sogno dove scopriremo nuovi dettagli sulla corruzione e sull’ambientazione.

Basta poco per rendersi conto che qualche filmato e dialogo non bastano a capitalizzare l’attenzione del giocatore, soprattutto quando la qualità della scrittura o dell’incipit stesso lascia a desiderare. Del resto in un survival non c’è spesso spazio per narrazioni di questo tipo: apprezzabile l’idea ma non l’esecuzione. Da giocare il discorso è più o meno simile: Fade to Silence prende gameplay e idee da alcuni capolavori come Dark Souls, di cui imita parte del sistema di combattimento; attacchi leggeri e pesanti sono le nostre uniche armi, con la parata utile a contrastare i mostri più coriacei. C’è da tenere in considerazione la stamina, che si consuma dopo ogni colpo. Ma anche le statistiche più fisiche come il freddo, che diminuirà la nostra salute totale, il cibo e via discorrendo.

[metaslider id=”303231″]

Un survival vero e proprio, che però si gioca con una certa legnosità e non richiede una vera e propria strategia vista la carente intelligenza dei nostri nemici e i move-set spesso identici. Gestire la stamina, il tempismo degli attacchi e le schivate diventa quindi l’unico metodo, con una certa ripetitività sul lungo andare. La possibilità di trovare compagni in giro per la mappa, in vere e proprie mini-quest, è invece apprezzabile e interessante perché apre varie possibilità gestionali. Si tratta di un elemento comunque spoglio, ma che permette di gestire il campo base, i compagni e il loro ruolo, oltre all’eventuale costruzione di strutture per migliorare la nostra sopravvivenza.

Fade to Silence dà il meglio di sé quando si concentra sugli aspetti survival: esplorare il mondo è pericoloso, le tormente di neve sono convincenti e fanno davvero vivere l’esperienza sul filo del rasoio. Così come la gestione (macchinosa) dell’inventario e del crafting, che però mostra una certa profondità e ricchezza già dopo qualche ora. La possibilità di spostarsi in slitta con i lupi è poi un’esperienza affascinante, nonostante i limiti tecnologici la rendano spesso una scampagnata turbolenta.

Conclusioni

Fade to Silence è un titolo con delle buone idee e con una sua identità, ma la sua esecuzione lascia spesso a desiderare, con ampio spazio a critiche di vario tipo. Tecnicamente arretrato e con qualche problema a mantenere il frame rate (lo abbiamo testato su Playstation 4), non è proprio un piacere da giocare. Che sia voluta o meno per restituire il feeling di una neve difficile da percorrere, la sensazione di giocare un titolo poco responsivo non è mai divertente.

Il sistema di combattimento è limitato e ripetitivo, così come l’esplorazione del mondo: tra la conquista di torri infette o la distruzione di nidi della corruzione, la progressione è piuttosto ripetitiva, e i paesaggi innevati tutti uguali contribuiscono ad una sensazione di stagnante che dopo qualche ora pesa sul giocatore. Peccato, perché gli elementi survival sono l’aspetto più riuscito e sicuramente l’ago della bilancia per quanto riguarda l’acquisto o meno di Fade to Silence.

Commenti

Recensioni correlate

Tutte le recensioni