Far Cry Primal, a modo suo, ci aveva almeno provato. Calatosi perfettamente nel ruolo di spin-off, un po’ come capitato, ai tempi, al folle Blood Dragon, si sobbarcò il complesso compito di ridare brio ad una saga che già con il quarto capitolo aveva palesato una cronica ripetitività dovuta, per sfortuna e fortuna, al dover riproporre una formula di per sé efficientissima, infallibile, già quasi perfetta
Un po’ per indiscutibili limiti del titolo sopracitato, un po’ per i giudizi superficiali e frettolosi di un’utenza indispettita da un cambio di rotta per certi versi così radicale, la produzione fallì miseramente sul piano delle vendite, convincendo Ubisoft a tornare sui suoi passi, decisa ad assecondare le preferenze del suo pubblico, anche a costo di risultare ridondante, pleonastica, autoreferenziale.
Far Cry 5, ve ne abbiamo parlato un anno fa circa, ci ha convinti, anche a fronte di una struttura ludica stantia, che in certi passaggi arrivava persino a trascinarsi, fiaccata da una trama che, nonostante un villain carismatico al punto giusto, faticava ad ingranare, coinvolgere, stimolare.
New Dawn, in questo senso, è come una sagra di paese che puntualmente si ripete ogni anno, sempre uguale a sé stessa, del tutto sorda ai mutamenti, alle trasformazioni ed evoluzioni di chi ciclicamente, vuoi per abitudine, vuoi per affetto, la visita sistematicamente.
Può sembrare lo sconfortante preludio ad una sonora bocciatura, ma non è affatto così. Sì, perché la porchetta non cambierà il suo sapore, le bancarelle saranno le solite e le ragazze che presenziano l’evento sono sempre le stesse (e anno dopo anno, sempre più “vecchie”), eppure si tratta di una consolante ripetizione, una calda nostalgia a cui è difficile rinunciare del tutto.
Far Cry New Dawn è molto più di un prequel: è una reskin in tutto e per tutto, un capitolo riciclato senza vergogna, ma che con estrema onestà e sorprendente genuinità riesce a divertire ed appassionare persino più dell’episodio precedente.
Nonostante la prospettiva di un olocausto nucleare avesse alimentato fantasie (e speranze) sulle possibili esasperazioni che gameplay e art design avrebbero potuto ostentare, sulla falsariga di Blood Dragon per intenderci, sin dal primo minuto dell’avventura diventa chiaro che non c’è traccia né di Just Cause, né di Fallout.
Il ritmo dell’azione è pressoché lo stesso di sempre, così come le cose che dovrete fare. Il bestiario di nemici da affrontare non contempla mostruosità contaminate o rivoltanti mutanti dalle improbabili capacità sovrumane. Al di là di una natura più rigogliosa che mai, vibrante di vita e colori, in forte antitesi al Montana monocromatico a cui eravamo abituati, tutto è al suo posto, esattamente dove il fan di lunga data si aspetta che sia.
La trama, sorprendentemente, è uno dei tanti pregi di quest’ennesima iterazione di Far Cry
C’è una gigantesca mappa da esplorare da cima a fondo, risorse da recuperare per sbloccare i vari potenziamenti dell’equipaggiamento, avamposti nemici da conquistare, aiutanti dotati di abilità specifiche, un arsenale sconfinato, una marea di prede da cacciare, un nutrito numero di missioni, ovviamente villain all’altezza dell’epopea da affrontare.
Le Gemelle, schizzate almeno quanto l’indimenticato Vaas Montenegro, rigorosamente crudeli come lo fu, tempo addietro, il terribile Pagan Min, non risultano scontate o ripetitive già alla seconda apparizione come accade con il pur carismatico John Seed. La trama, sorprendentemente, è uno dei tanti pregi di quest’ennesima iterazione di Far Cry.
Non imponendosi aprioristicamente alcuna finalità politica o morale, lasciando da parte la denuncia a tutti i costi, liberandosi di alcuni cardini narrativi ormai impliciti e apparentemente imprescindibili della saga, convoglia l’attenzione del videogiocatore con un espediente tanto prevedibile, quanto efficace. Ambientando la storia nello stesso luogo, “sfigurato” da un olocausto nucleare, richiama in scena un gran numero di volti nuovi, opportunamente invecchiati, infondendo nel fan la curiosità di scoprire che fine abbia fatto un personaggio specifico o come si sia trasformato e modificato uno scenario in seguito al cataclisma.
Il neofita non coglierà gli innumerevoli rimandi, ma si godrà comunque una spensierata spedizione nei pressi della fine della civiltà, in compagnia di un gruppo di determinatissimi sopravvissuti, ognuno con la propria (interessante) storia da raccontare.
Il plot scorre bene, insomma, soprattutto grazie ad un buon ritmo, lo stesso che alimenta, anima e olia una progressione certo rodata, ma mai come in questo episodio spedita, ben cadenzata, ignara di tempi morti. Il bilanciamento frutto della generosità con cui vengono elargite risorse e Tratti ad ogni missione e sfida completata, premiano il videogiocatore con costante regolarità. Esplorare da cima a fondo un rudere, far fuori un gruppo di nemici, abbattere un animale selvatico sono operazioni che si consumano nel giro di pochi secondi, ma che incrementano notevolmente le risorse in proprio possesso.
La struttura ruolistica si sposa alla perfezione con un gunplay particolarmente frizzante
Potenziare le strutture di Prosperity, base operativa dell’anonimo protagonista, espande ed inspessisce gradualmente il gameplay. Nuovi mezzi aumentano la portata degli spostamenti; le Spedizioni introducono missioni a sé stanti a metà tra lo stealth e la carneficina indiscriminata; l’Armeria mette a disposizione bocche di fuoco con potere offensivo sempre maggiore; l’Infermeria aumenta la salute massima e così via.
La struttura ruolistica si sposa alla perfezione con un gunplay particolarmente frizzante, dando vita ad un gameplay assolutamente canonico e derivativo, ma quanto mai equilibrato e bilanciato in ogni suo ambito.
Far Cry New Dawn è una reskin ed è fiero di esserlo. Non si maschera da spin-off, né tenta in alcun modo di variare l’ormai consolidata formula della saga. Eppure, grazie ad una trama ben scritta, un equilibrio ludico granitico ed un ritmo coinvolgente, riesce a sorprendere, divertire, intrattenere. Non c’è un goccio della follia post-apocalittica che ci saremmo aspettati, per quello dovremo forse attendere Rage 2, né si segnalano particolari evoluzioni di qualche tipo, a partire dall’aspetto tecnico ovviamente, ma se avete amato Far Cry 5, apprezzerete tanto più il ritorno in scena di molti personaggi già incontrati un anno fa. Nemmeno l’Apocalisse è riuscita a cambiare il brand di Ubisoft. Eppure, per effetto delle radiazioni atomiche, il campione del publisher francese è riuscito a convincerci nuovamente con un capitolo ben realizzato, consapevole delle sue potenzialità, arroccato attorno ad una formula che, evidentemente, ha ancora qualcosa da dare. |