FAR: Lone Sails – Recensione

In genere, i videogiochi ambientati in realtà post-apocalittiche si concentrano sul concetto di sopravvivenza: ottenere cibo, trovare acqua, procurarsi armi e affrontare determinate minacce è quanto i giocatori si sono sempre aspettati dal genere nel corso degli anni. FAR: Lone Sails sceglie di sovvertire questa abitudine, distinguendosi di fatto dalla massa. Nessuno degli elementi menzionati trova posto nel titolo indie dello studio di sviluppo svizzero Okomotive, perché l’obiettivo è uno soltanto – salire a bordo del vostro veicolo e avanzare. Verso dove? Siete voi a stabilirlo. Come concept può sembrare noioso ma il gioco si impegna al massimo per tenervi occupati, dalla manutenzione del mezzo di trasporto all’effettivo attraversamento di terre coinvolgenti e laboriose, alle volte. Se mettete assieme questi due aspetti con un comparto grafico affascinante e una colonna sonora che meglio non potrebbe adattarsi al contesto, allora vi sarà subito chiaro perché FAR: Lone Sails è qualcosa di tanto speciale.

Pensare poi che è stato realizzato da sei persone bisogna solo riconoscere la loro bravura, per un gioco che trae ispirazione dal bellissimo Journey ma si rifà anche alle particolari opere dell’artista danese Theo Jansen, attivo soprattutto nell’ambito della scultura cinetica. Nello specifico, ciò che ha più ispirato Philip Stern (Lead Level Designer) e i suoi colleghi sono i cosiddetti “Strandbeesten”, gli animali della spiaggia, sculture i cui movimenti dipendono dal vento. Se si guarda al mezzo che andremo a usare per la nostra esplorazione – un ipotetico battello a vapore chiamato proprio Okomotive come il team di sviluppo – e i suoi spostamenti senza soluzione di continuità, ecco che l’ispirazione con Jansen balza subito all’occhio. Non è tutto qui, perché a rendere ancor più particolare FAR: Lone Sails sono i suoi colori sbiaditi, l’uso di sfumature di grigio che dipendono sì dai film in bianco e nero, ma molto anche da quegli artisti le cui opere presentano paesaggi aspri e desaturati. L’intenzione di Okomotive è quella di trasmettere un senso di solitudine e mettesse in evidenza solo quanto conta davvero per il gameplay.

FAR: Lone Sails inizia con una sepoltura. Il padre del giocatore, forse? Un amico, un mentore? Chi sia stato non ha tanta importanza quanta ne ha invece il suo significato per il personaggio principale: ovvero noi. Il gioco lascia abbastanza all’immaginazione ma al tempo stesso offre, come già accennato, un mondo meravigliosamente realizzato. Il leitmotiv dell’intera esperienza è il viaggio: centinaia di chilometri si estendono davanti ai nostri occhi e il solo modo per attraversarli è sfruttare un bizzarro veicolo a metà fra il treno e la barca, l’Okomotive. Questo ci porta a due fonti di alimentazione: il carburante, le cui riserve sono limitate, e il vento una volta spiegate le vele, che funzioneranno com’è ovvio solamente in spazi aperti. Bruciare carburante genera vapore, che potrà essere sfruttato a sua volta per dare uno slancio al nostro mezzo di trasporto. Queste sono le meccaniche fondamentali di FAR: Lone Sails ma non crediate sia semplice, perché la gestione del carburante è di fatto l’aspetto più importante e strategico del gioco: le fonti sono poche e distanti tra loro, perciò è necessario pianificare con cura ciascuna mossa. Se già questo di per sé rappresenta una sfida interessante, il team di sviluppo ha voluto aggiungere alcuni ostacoli nel nostro viaggio sconfinato. L’Okomotive non è infatti immune a eventuali incidenti di percorso, traducibili in occasionali incendi o rottura di alcune parti, difficoltà che dovranno essere superate il prima possibile.

FAR: Lone Sails è costantemente coinvolgente

Ci sono però anche sezioni durante le quali il veicolo va fermato per scendere e dare un’occhiata nei dintorni così da liberare il percorso da eventuali ostacoli. Questi rappresentano i puzzle di FAR: Lone Sails, generalmente molto leggeri e focalizzati sull’osservazione per capire in quale ordine colpire una serie di pulsanti o dove attaccare l’argano dell’Okomotive. Un’interattività minima dunque, niente porte da sfondare a calci, note da leggere o zombi cui sparare come potrebbe essere – per esempio – The Final Station, un titolo che alla lontana ricorda il lavoro di Okomotive. Ma in fondo non è nemmeno questo l’obiettivo del gioco, perché in FAR: Lone Sails “siete solamente tu e la tua macchina contro il grande nulla”. Un’avventura che mira a trasmettere un senso di isolamento e proporzione. Il mondo si percepisce come enorme, immenso, mentre noi protagonisti siamo davvero davvero piccoli. La minimalità dei puzzle in termini di game design non intacca tuttavia il loro impatto grafico su quanto ci circonda, sia perché alterano visivamente la realtà attorno a noi sia perché potrebbero portare l’Okomotive a ottenere un importante potenziamento. FAR: Lone Sails è insomma costantemente coinvolgente quando si tratta delle sue sezioni più interattive. Ma non è soltanto questo.

Ci sono anche lunghi tratti dove ci si ritrova a non fare nulla, cullati dal vento mentre tutto sottocoperta è in ordine, e allora non resta altro da fare che sedersi all’esterno godendo della vista. Tutto accompagnato dai toni morbidi di una colonna sonora orchestrale che prende il sopravvento durante queste sezioni tranquille: è proprio qui che, dopo aver preso un bel respiro e ammirato la bellezza di FAR: Lone Sails, la narrazione si dimostra sicura e focalizzata in modo particolare. Il mondo che ci circonda è meraviglioso nonostante, o forse proprio per, la vena post-apocalittica che lo caratterizza – restituendoci un paesaggio in gran parte costituito da edifici abbandonati e un fondale marino prosciugato. Ci sono qua e là indizi su cosa possa essere accaduto ma alla fine il mondo al di là della nostra nave non conta tanto fino alle ultime battute del gioco, perché l’atto conclusivo si svolge in un modo tale da informarci su tutto quanto sia venuto prima. Il più grande piacere quando si gioca a FAR: Lone Sails è apprezzarne le sconfinate distese di tranquillità, facendo attenzione che le eventuali condizioni atmosferiche non rovinino l’Okomotive e di conseguenza il vostro momento. Dall’altro lato, però, la combinazione fra la solitudine e le situazioni di pericolo non fa che accrescere l’attaccamento al nostro veicolo senza cui saremmo persi: è un reciproco prendersi cura dell’altro, noi lo manteniamo ed esso ci permette di continuare il viaggio.

FAR LONE SAILS

Versione Nintendo Switch

Sarà per via del poco tempo a disposizione e della versatilità di Nintendo Switch ma, a parità di prestazioni, scelgo sempre quest’ultima versione . Non a caso l’uscita della versione Switch di FAR LONE SAILS è stata l’occasione per giocare finalmente questo titolo indie, che quando vidi alla GDC mi catturò per il suo spiccato lato artistico (rimasto praticamente intatto). Ma c’è di più.

Sottoscrivendo ogni singola parola della recensione originale, penso che questa sia la piattaforma perfetta per un gioco simile, e probabilmente questo il periodo migliore per goderselo. Un viaggio, desolato, a tratti tetro, ma pur sempre un incantevole viaggio. La possibilità di giocarlo in modalità portatile, senza troppe distrazioni, con un paio di cuffie che possano esaltarne la splendida colonna sonora e al tempo stesso isolarvi, fanno sì che questo viaggio venga in qualche modo enfatizzato.

Come il protagonista di FAR LONE SAILS, su Nintendo Switch saremo soli, in piena intimità con il suo affascinante mondo post-apocalittico, cullati dal vento e dalle note decise che ci accompagneranno durante il nostro viaggio, felici di ammirare i suoi sconfinati orizzonti, e di raggiungere una meta che non c’è. In fondo quello che conta è il viaggio stesso, e non il punto di arrivo.

Se avete amato giochi come Journey o Inside, amerete sicuramente anche FAR LONE SAILS, la versione che sceglierete è indifferente, purché possiate vivere questa avventura in estrema solitudine.

A cura di Pasquale Lello

 

Conclusioni

FAR: Lone Sails è un’esperienza affascinante ed emozionante, che raccoglie i tropi comuni a molte produzioni indie per farne qualcosa di unico e divertente. Non è lungo ma sarebbe più corretto dire che dura il giusto: prolungare il viaggio in questo affascinante nulla avrebbe rischiato di appesantire un gioco che, invece, grazie a meccaniche semplici ma intelligenti, un comparto artistico ispirato e di rilievo, e un’atmosfera innegabile dimostra una volta di più la potenza degli indie nel mercato videoludico. Una menzione speciale va al legame che gradualmente creiamo con l’Okomotive che diventa quasi un mutuo scambio: ci permette di proseguire e ci protegge dalle intemperie mentre ci preoccupiamo della manutenzione. Assieme. Come due amici che si sostengono in un viaggio senza meta.

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