FE Switch
23 Feb 2018

Fe (Switch) – Recensione

Al nostro primo incontro con Fe, in occasione dell’edizione 2016 dell’Electronic Entertainment Expo, mentiremmo se vi dicessimo che non era scattata la proverbiale scintilla dell’amore a prima vista. Un protagonista che sprizzava tenerezza da tutti i pixel, musiche meravigliose e un’ambientazione, quei boschi dell’Europa settentrionale che ben conoscono i ragazzi di Zoink!, riprodotta con uno stile evocativo e quasi mesmerizzante, rappresentavano un biglietto da visita sufficientemente goloso per il “nuovo membro” di EA Originals. Una new entry che, per parecchi versi, ricordava quell’adorabile Yarni protagonista di Unravel – le cui similitudini, dal platforming infarcito di enigmi al mood dichiaratamente in stile fiabesco, tendono a divergere rapidamente. Che Fe fosse un titolo rivolto non certo a tutti era cosa chiara sin da subito: la forte componente emotiva finì subito per configurarsi da “spartiacque”, delineando i connotati di un’esperienza rivolta a chiunque fosse alla ricerca di qualcosa capace di accarezzare le corde emotive più nascoste dell’animo umano – senza strafare, o quantomeno innovare in modo drastico, delle meccaniche di gioco già viste (Abzu, Journey o lo stesso Unravel ne sono un chiaro esempio).

Dopo averlo seguito da vicino nel corso dell’ultimo anno e mezzo, l’adorabile protagonista di Fe è finalmente arrivato nei nostri salotti e, in particolare, anche nel parco giochi della nuova ammiraglia Nintendo con una versione che, almeno in parte, ne sfrutta intelligentemente l’hardware. E dopo aver trascorso poco più di sei ore immersi in questi boschi incantati, dove gli spigoli di una foresta senza età tradiscono un oceano di emozioni e di incantevoli colori, siamo pronti a raccontarvi com’è andato questo nostro solitario viaggio nel cuore della natura: un viaggio dai toni delicati e poetici, che parla attraverso le “voci” delle creature che abitano quei luoghi e con cui, inesorabilmente, il nostro eroe finisce per diventare tutt’uno. E, un po’ a malincuore lo ammettiamo: una volta raggiunti i credits avremo sperato in qualcosina di più, viste le elevate aspettative iniziali riposte nella creatura di Zoink! (già responsabili dell’ottimo Stick it to the Man). Ma perdersi tra i sospiri silenziosi della foresta, scalando alberi o planando da una radura ad un’altra alla ricerca di nuovi “amici” da salvare rimane una di quelle esperienze che, credeteci, merita comunque di essere vissuta.

FE Switch

Approcciandoci a Fe da vicino, c’è da sapere sin da subito una cosa: nessuno, in nessun istante, vi dirà mai cosa fare. Non sono presenti suggerimenti, indicazioni su dove andare o su eventuali obiettivi – a meno di qualche occasionale indicatore sulla mappa. Nel mondo di Fe regna un ermetismo pressoché completo, tanto in termini narrativi che di gameplay, che almeno nelle battute iniziali rischia di lasciare momentaneamente stupiti. Non perché, a conti fatti, si rischi di ritrovarsi bloccati senza sapere dove andare (anche se, in alcuni casi, gli anfratti labirintici dell’area di gioco non ci hanno aiutato di certo): piuttosto, si avverte quasi la sensazione di essere dei cucciolotti abbandonati in un mondo troppo grande e pieno di insidie, con la conseguente necessità di avviarsi in un processo di scoperta solitaria del luogo che ci circonda e dei relativi abitanti. Abitanti che saranno gli unici attori con cui nel corso dell’avventura andremo ad agire, seppur in modi differenti, per poter progredire e sbloccare aree inizialmente inaccessibili: ma procediamo con ordine.

Fe, tanto per iniziare, è un’avventura che ibrida il classico platforming a tre dimensioni a sezioni costellate da enigmi ambientali, in un universo dalle chiare reminiscenze “alla Metroidvania” caratterizzato da zone precluse inizialmente, sino a quando il nostro piccolo alter ego non avrà sbloccato un’opportuna skill per procedere. L’evoluzione in Fe si basa sull’acquisizione e l’evoluzione di un meta-linguaggio, che permette a quelli che originariamente sono poco più di mugugni senza senso di essere interpretati, e capiti, anche da altre tipologie di animali. Instaurato questo tipo di comunicazione, dunque, potremo richiamare un simpatico abitante del bosco e godere dei suoi preziosi servigi: potremo cavalcare un cervo per muoverci più rapidamente, sfruttando il suo verso per sfar sbocciare enormi fiori-trampolino, oppure farci indicare la via da un uccellino cinguettante – che, tanto per restare in tema floreale, potrà far sbocciare altre tipologie di piante da cui nasceranno speciali “bombe” da utilizzare, come vedremo a breve, per salvare la pellaccia.

Evocativo e quasi mesmerizzante

L’instaurazione di questa “sintonia” (che, su Nintendo Switch, si realizza premendo il dorsale destro e inclinando la console verso l’alto e il basso, per modularne l’intensità vocale) rappresenta soltanto il primo passo in questa missione – che rapidamente si intuisce essere legata a doppia mandata alla salvezza degli stessi abitanti della foresta, minacciati da delle creature robotiche in grado di inglobare ogni forma di vita all’interno di indistruttibili forme organiche e contro i quali, a parte fuggire, potremo fare ben poco. Sarà infatti possibile apprendere interamente il linguaggio delle altre creature, previo il superamento di apposite sequenze di gioco dedicate, per poterne usare in autonomia il richiamo e interagire senza ausili esterni con l’habitat descritto dai ragazzi di Zoink. Il tutto, possibilmente, apprendendo anche alcune tecniche speciali – previa la raccolta di appositi cristalli, disseminati un po’ ovunque nell’area di gioco, che ci permetteranno di arrampicarci su un albero o addirittura planare per tratte medie/lunghe.

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Ora, purtroppo, le brutte notizie. Iniziamo dalla sceneggiatura, forte di un ermetismo di indubbio fascino ma che tutto fa tranne che aiutare a scandire una progressione narrativa quantomeno palpabile. Bella la scelta, questo è indubbio, di affidarsi alle sonorità e ai colori di ciascuna area di gioco (alcune sequenze nella foresta sono davvero belle da levare il fiato) per sottolineare i passaggi a maggior tasso di pathos, ma raggiunti i credits i momenti memorabili, almeno in termini di narrazione, sono pericolosamente assenti. Lo stesso può dirsi del livello di sfida di Fe, decisamente poco incline a punire il giocatore nonostante si ritrovi ad indossare i panni di un esserino incapace di attaccare in alcun modo la minaccia robotica nemica. Una minaccia onnipresente per tutta la durata dell’avventura, ma mossa da un’intelligenza artificiale particolarmente blanda – a tratti forse persino troppo – che rende le numerose sequenze stealth un passaggio di facilità esagerata, trasformando un banale cespuglio nel luogo ideale per nascondersi anche a pochissimi centimetri dal nostro aguzzino. Certo, siamo di fronte ad un titolo che fa dell’emozionalità e del concetto di “viaggio alla scoperta di qualcosa” la propria ragion d’essere: ma la facilità esagerata del playthrough, unita all’assenza di un vero e proprio “messaggio” che filtri dal pad alle mani di chi lo stringe, a ben vedere, sono carenze che pesano nell’economia di gioco complessiva.

Un viaggio fiabesco in un universo sospeso nel tempo

Proprio come, a pesare, è l’assenza di situazioni “inedite”, in termini di meccaniche di gioco, che contribuiscano ad abbassare quell’onnipresente senso di déjà-vu che permea l’intera esperienza di Fe. Non si tratta necessariamente di un male incurabile, visto e considerato che quanto realizzato dal team di sviluppo si conferma comunque solido e assolutamente ben giocabile: diciamo che, già dopo le prime ore, le cartucce “sorprendenti” sono già del tutto terminate, evenienza che si traduce in una certa ripetitività nell’elenco di cose da fare. Si risolvono enigmi, gran parte dei quali assoggettati ad un medesimo pattern, si salta da una piattaforma all’altra e, sfruttando fiori esplosivi o usando la nostra voce come diversivo, ci si fa strada tra i nemici per salvare la fauna locale: non saremo certo noi a dirvi che in Fe non ci sia nulla da fare, cosa assolutamente non vera del resto, ma ripensando ad altri titoli come Ori and the Blind Forest, con cui il titolo condivide parte della propria “ispirazione”, avremmo indubbiamente gradito qualcosa di più sui generis, che permettesse a Fe di spiccare maggiormente per un proprio carisma unico e distinguibile. Purtroppo le nostre aspettative ne sono uscite ridimensionate, anche se – vale la pena sottolinearlo – l’opera di Zoink! ha saputo tenerci incollati (in special modo nella modalità portatile di Switch) allo schermo senza eccessivi problemi.

Conclusioni

Se siete arrivati sino a questo punto, avrete sicuramente capito quanto l’ultima creatura dei ragazzi di Zoink! sia tutto tranne che un titolo “per le masse”. Delicato, poetico e a tratti persino introspettivo, Fe è un viaggio fiabesco in un universo sospeso nel tempo, dove colori, suoni e melodie si amalgamano meravigliosamente regalando “cartoline” in grado di levare il fiato. Del resto, sulla direzione artistica di Fe avremmo scommesso in molti ad occhi chiusi: e tanto su televisore quanto sul piccolo schermo di Switch il risultato è un qualcosa di convincente ed estasiante allo stesso tempo. Impossibile non perdersi tra gli alberi delle foreste nordiche battute da un gelido vento sferzante, accompagnando passo dopo passo la nostra piccola creatura in quel suo ermetico percorso di evoluzione – non senza cedere alle lusinghe di un paio di momenti davvero dall’impatto emotivo devastante.

Al netto di questo, tuttavia, è difficile non accorgersi di una narrazione particolarmente effimera – per non dire ai tratti dell’evanescente, incapace di veicolare un qualsivoglia messaggio al giocatore o, quantomeno, di scandire un senso effettivo di progressione nell’avventura. A questo si unisce un gameplay semplice ed intuitivo, ma privo di acuti evidenti o di qualcosa che non sia già stato visto e analizzato altre volte: buono lo sfruttamento del “verso” del nostro alter ego, in grado di creare una sorta di linguaggio comune con gli altri esseri viventi, ma ancora una volta si tratta di un’intuizione di cui si abuserà rapidamente e che, nel breve periodo, cade vittima della ripetizione – con annessa scomparsa dell’effetto “magico” che contraddistingue le fasi iniziali. Con essa, purtroppo, finiscono le idee davvero originali di Fe, che dal proprio canto tuttavia vanta una colonna sonora sublime che pare essere l’estensione naturale della foresta dipinta dai ragazzi di Zoink. Che, nonostante tutto, merita davvero di essere visitata almeno una volta.

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