Editoriale 16 Giu 2014

Fenomeni: quando i videogame non bastano

Da quando YouTube è sbarcato su Internet molti giocatori hanno sacrificato parecchie ore della propria giornata ad editare video concernenti gameplay, unboxing e altri contenuti riguardanti il mondo dei videogame, per mostrarli al pianeta intero e ottenere qualche iscritto in più per il proprio canale nel tentativo di affermarsi in una realtà web già sovraffollata.

Nulla di anormale se si considera il tentativo di mettere la propria passione al centro dell’attenzione in modo maggiore: la possibilità di ottenere qualche centesimo in più sul proprio conto bancario grazie al numero di visualizzazioni non è certo un aspetto da sottovalutare.

Fenomeni Text 3Le funzioni di condivisione delle console Next-Gen arrivate alla fine dell’anno scorso, ovvero Xbox One e PS4, unite agli strumenti forniti per poter caricare su Internet ogni singolo fotogramma del proprio operato, hanno permesso a svariati siti di implementare enormemente la loro popolarità e la loro visibilità. L’aspetto “social” che le nuove generazioni di player cercano in ogni dove è stato utilizzato ad hoc per attirarle, promettendo esattamente tutto ciò che i giocatori di adesso desiderano: essere presenti in modo attivo e tangibile.

Evitando l’off-topic riguardante il cambiamento di Internet negli ultimi anni, soprattutto la sezione italiana di YouTube, si può dire che si sia creata una sotto-categoria di videogame: i fenomeni, ovvero  tutto ciò che rientra nella categoria delle “performance di azioni che vanno oltre alla struttura di base del videogame“.

Tempo fa i videogame erano semplicemente delle piccole scatole di plastica o cartone, contenenti cassette o dischi ottici, che venivano venduti a ragazzini, e in minor quantità a ragazzine, come me che preferivano emozionarsi con quello che si vedeva sullo schermo, sentendo tutta la potenza che si otteneva maneggiando un pad. Il gioco era quello che era, ma non si cercava qualcosa oltre, qualcosa che non era stato programmato dagli sviluppatori. Chiaramente anche in passato si potevano intraprendere azioni “extra-game” che rappresentavano motivo di vanto verso la propria ristretta cerchia di amici, ma oggi,  tra social network e Web, credo che questo comportamento “fenomenale” sia diventato esageratamente ossessivo, quasi a voler essere a tutti i costi una scappatoia per divenire “qualcuno” tra i gamers.

Per fare un po’ di chiarezza prendo d’esempio due titoli importanti, due brand che da tantissimi anni accompagnano folle sterminate di giocatori nelle loro ore libere: Call of Duty, in generale, e Metal Gear Solid V: Ground Zeroes, nello specifico.

Nel primo caso, basta osservare i “video di trickshot“: sono numerosissimi. Si tratta di gameplay che mostrano quanto possano essere versatili le armi e le mappe proposte: “no-scope“, “360°” o “720°” kills, “quickscope” e mappe che permettono l’uccisione immediata, a termine countdown di inizio partita, se l’arma da lancio equipaggiata viene scagliata in direzione di un determinato oggetto, ad esempio una nuvola, sono i casi maggiori. Le domande che mi pongo, soprattutto dopo aver conosciuto qualche anno fa un giocatore accanito di Modern Warfare 2 che passava il suo tempo su YouTube a farmi vedere filmati di giocatori che sparavano utilizzando le armi in modo improprio e ottenendo doppie, triple o quadruple uccisioni, mi ronzano in testa da parecchio: ce n’è davvero bisogno? Oramai il concetto stesso di “gioco” è stato spolpato fino all’osso e necessita di qualcosa in più, un qualcosa che nasce dall’utente, ma che comunque va oltre la normalità e a tutto ciò che i team di sviluppo propongono?

Ho citato anche l’ultima avventura di Big Boss in quanto all’uscita della notizia  “Metal Gear Solid V: Ground Zeroes durerà solo 2 ore” si scatenò l’inferno, una selvaggia pioggia di odio che nemmeno il malfunzionamento di una console creerebbe. Il fenomeno in questione è la famosa “Speed Run“, ovvero la dimostrazione di un velocissimo completamento di una missione, spesso la principale.

Prima ci si lamenta perchè il gioco costa quello che costa e dura giusto il tempo di una doccia, un cambio d’abito e una sigaretta e poi si fa a gara a chi lo completa nel minor tempo possibile? Le cose non quadrano…

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Gli esempi sarebbero veramente molti, alcuni dei quali sono degni di nota:

  • Assassin’s Creed IV Black Flag e la “tattica” di attirare quante più navi nemiche possibili prima di farle saltare in aria
  • Halo e i deathmatch senza munizioni, partite in cui tutti giocatori scaricano completamente i propri caricatori e poi combattono utilizzando solamente attacchi corpo a corpo
  • Titanfall e le gare di endurance dentro ai Titan, cronometrando quanto tempo si riesca a resistere prima essere costretti ad eiettarsi per salvare la propria vita
  • Gran Turismo e le gare in retromarcia
  • Tekken e i tornei online con gli amici in cui si utilizza solo ed esclusivamente un tasto per ripetere sempre la stessa mossa, sacrificando a tutti gli effetti la bravura e la maestria nelle combo di un player a favore di risate che, precisiamolo, si dovrebbero sempre fare quando si gioca
  • TERA e la caccia all’abito più osé che si possa trovare per la propria PG che risulterà, inutile precisarlo, mezza nuda

Questo discorso è anche in parte riferito a tutti coloro che mirano a queste cose, nonostante poco sopra avessi precisato il contrario: ho la consapevolezza che negli ultimi anni la voglia di dimostrare cosa si è in grado di fare sia salita alle stelle e che la differenza tra i pochi amici fidati che si hanno nella realtà e quelli che si hanno sui social network sia enorme, rendendo il Web un perfetto palcoscenico per le proprie imprese, ma non capisco come si possa colmare il proprio ego in questo modo, con visualizzazioni, “mi piace” e parole d’approvazione, magari da parte di sconosciuti. Viviamo in anni piegati da crisi economiche e disastri vari, anni che ci lasciano solo la possibilità di evadere ed emigrare verso mondi che non visiteremo mai, ma, sul serio, perchè c’è la moda di acquistare un gioco, copia fisica o digital download che sia, farlo girare su console o su PC per poi stravolgerlo, spesso accantonando le vere meccaniche che lo contraddistinguono o, peggio, ignorandole totalmente?

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Un vero giocatore che ama la sua passione con tutta l’anima è incapace di fare “Speed Run” e “Quickscope per il semplice fatto che si meraviglia ancora di quello che i videogiochi propongono e vive senza sentire la necessità di creare “un videogame nel videogame”, mantenendo la speranza che un giorno si possa fare a meno di questi fenomeni videoludici e si possa tornare alla genuina arte del videogaming.

I giochi andrebbero terminati e accantonati sugli scaffali, in attesa di essere giocati di nuovo dopo qualche tempo e, nel caso di videogame online, ci si dovrebbe impegnare nel risultare il migliore senza forzare il tutto in maniera insensata e convulsa.

Soprattutto bisognerebbe lasciare fuori dai giochi i social e YouTube, altrimenti si continuerà a far marcire l’anima della nostra passione.


 

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