Nel momento in cui leggerete queste righe, avrete tutti già visto l’ultimo e incredibile trailer di Final Fantasy VII Rebirth (prenotabile da GameStop a questo link), che ha chiuso trionfalmente lo State of Play del 14 settembre.
Difficile fare ordine dopo tutto ciò che è stato mostrato, perché Square Enix ha come di consueto affollato le nostre teste con tantissimo materiale, tra personaggi, luoghi ed eventi storici provenienti dall’originale Final Fantasy VII.
E dopo aver vissuto lo strano viaggio di Final Fantasy VII Remake, gioco più che valido che però ha patito in maniera evidente la necessità di spalmare gli eventi di Midgar sulla lunghezza di un intero episodio, ammetto che i timori su come sarebbe stata gestita questa seconda parte erano parecchi.
A maggior ragione pensando a tutti gli indizi che puntano a una storia incentrata sulla presenza di diverse linee temporali destinate a incontrarsi. Maledizione, Nomura (e anche Kitase e Nojima, ovvio), lascia queste cose su Kingdom Hearts!
Scherzi a parte, gli eventuali discorsi in merito a trama e narrativa andrebbero lasciati al posto gioco. Piuttosto in questa fase è molto più interessante e utile concentrarsi su quanto possa essere divertente e appagante giocare a Final Fantasy VII Rebirth, ricordando quanto i paletti imposti al precedente capitolo avessero impedito al comunque ottimo combat system di spiccare il volo esprimendo tutte le sue potenzialità.
Allo stesso modo l’esplorazione degli ambienti, molto lenta e spesso ripetitiva, non ha permesso di apprezzare appieno alcuni dei momenti topici della prima fase della storia. Ora, usciti da Midgar, è il momento di capire quanto del mondo potremo scoprire e quanto potremo perderci tra quest secondarie, mostri e tesori prima di proseguire il nostro cammino.
Possiamo iniziare a trarre qualche conclusione in merito grazie a una prova esclusiva a cui abbiamo avuto la fortuna di partecipare negli scorsi giorni, proprio mentre Square Enix e Sony preparavano i botti per lo State of Play.
Ci è stato possibile quindi visionare il gioco in una sua forma molto prossima a quella definitiva, almeno stando alla qualità tecnica di quanto provato, attraverso due differenti situazioni di gioco: la prima ci ha permesso di seguire Sephiroth e Cloud (coff coff) 5 anni nel passato, impegnati a indagare nei pressi del reattore Mako di Nibelheim e guidati da una giovanissima Tifa.
In questa sezione abbiamo intrapreso un cammino del tutto simile a un tutorial, esplorando un’area di gioco estremamente semplice per struttura e design, in cui riscaldare i pollici dopo i tanti mesi (anni?) dall’ultima run con Final Fantasy VII Remake.
Dopo un’intrigante cutscene in cui un fin troppo socievole Sephiroth scambia qualche dialogo con un ingenuo e decisamente poco professionale Cloud, è tempo di seguire il percorso piuttosto lineare per affrontare i primi mostri.
Ritroviamo dunque le due “stance” di Cloud, una più offensiva e un’altra dedicata al controllo dei nemici e al contrattacco, così come il sistema di ATB e della gestione di skill o magie: da questo punto di vista non è cambiato nulla, quindi con un po’ di lavoro si torna presto ad affettare nemici con la buster sword.
Si notano le dovute migliorie lato interfaccia utente, che ora permette di vedere il grado di allerta dei nemici (e la possibilità che inizi il combattimento) in modo molto più chiaro grazie a un indicatore a schermo stile mirino pronto a riempirsi. Anche i menù, del tutto simili a quelli presenti in Remake, risultano decisamente più puliti e ottimizzati a livello visivo.
Tra le novità invece segnaliamo le Synergy Skills, abilità di coppia che possono essere attivate mentre si tiene la guardia (R1): a seconda del personaggio controllato e della disponibilità dei membri del party è infatti possibile attivare differenti e utilissime mosse che non usano l’ATB. Non si possono necessariamente spammare, necessitando di un adeguato momento di “attivazione”, ma sono disponibili molto spesso.
Protagonista assoluto di questa sezione è stato Sephiroth: il suo status di Soldier leggendario non è mai stato in discussione, e controllandolo ne abbiamo la prova! Rapido, conciso e devastante, il glaciale combattente ci ha cavato d’impaccio in molte situazioni.
Tra le novità invece segnaliamo le Synergy Skills, abilità di coppia che possono essere attivate mentre si tiene la guardia
Il massimo dell’esperienza è l’utilizzo della Synergy Ability di Cloud e Sephiroth, Double Helix: i due futuri rivali si esibiscono in florilegio di colpi di lama che ha come risultato il danneggiamento del nemico e gli effetti temporanei di aumento della barra Limit di Cloud ed MP infiniti per Sephiroth. WOW e ancora WOW, sconfiggere il Materia Guardian (nell’originale Materia Keeper) è stato decisamente entusiasmante!
Successivamente, nella seconda prova a disposizione, ci siamo diretti verso Junon, esplorando un’area aperta piuttosto vasta con vista sulla gargantuesca città/complesso militare. Siamo stati viziati mica male, perché dopo i primissimi passi siamo potuti salire sui Chocobo – nessuno escluso, anche Red XIII – e attraversare in fretta il tortuoso percorso, raccogliendo materiali e risorse di tanto in tanto (che saranno utili per il crafting di oggetti).
Inevitabile impegnarsi in qualche scontro, per capire se avessimo metabolizzato i meccanismi, con i Chocobo che si allontanano una volta iniziato il combattimento ma prontissimi a tornare al nostro richiamo.
E i pennuti cicciotti sembrano molto centrali per l’esplorazione di Final Fantasy VII Rebirth, in quanto spesso capita di incappare in stazioni da ripristinare (basta sollevare un segnale, nulla di che) sparse un po’ ovunque, a cui arrivare seguendo un carinissimo pulcino tutto da coccolare.
Sbloccandole si ottengono piume Chocobo da spendere in specifici negozi e si accede, cosa graditissima, al viaggio rapido. Fondamentale perché fin da subito il nostro “mezzo di trasporto” ci consentirà di nuotare e raggiungere isole, incentivando l’esplorazione anche e soprattutto con la possibilità di tornare in fretta sui propri passi.
I pennuti cicciotti sembrano molto centrali per l’esplorazione di Final Fantasy VII Rebirth
E qui s’è sentita una certa differenza rispetto a Remake: la voglia di esplorare emerge in modo più naturale e l’area di gioco si è prestata a curiose divagazioni in cerca di qualche segreto – tra ricompense nascoste e combattimenti “speciali” utili a ottenere punti e risorse extra. Per non parlare della tendenza dei Chocobo di annusare tesori, da recuperare con un piccolo minigame dedicato.
C’è da capire come tutto questo si inserirà nel mondo di gioco, sperando che non risulti tutto disconnesso o diviso in scomparti ermetici, perché il potenziale per dare vita a un viaggio vecchio stile, in cui perdersi per ore solo a girare, è immenso, e nel capitolo precedente questo aspetto era uno dei punti più deboli.
Dopo questo breve momento di libertà, si torna a puntare verso Junon, e lo si fa passando dalla “città bassa”: costruita tra rocce e legna, col supporto di palafitte dove necessario, questa piccola area urbana morigerata e priva di chissà quale tecnologia si presenta come contraltare di ciò che ci aspetta nella ricca metropoli (che in questa occasione, aimè, non abbiamo visitato).
Giusto il tempo di scoprire quanto carattere possa avere la gente del posto, evitando al tempo stesso di essere denunciati alle autorità Shinra, e ci si trova subito coinvolti in una boss fight – anche in questo caso ripresa dall’originale: si tratta infatti di Bottomswell, il terrore degli abissi.
Il potenziale per dare vita a un viaggio vecchio stile, in cui perdersi per ore solo a girare, è immenso
Questo boss, così come il Materia Guardian prima di lui, non si fa problemi ad usare skill che “intrappolano” i membri del party, costringendo ad agire velocemente per evitare i colpi e liberarli, cercando comunque al tempo stesso di infliggere danni .
A questo giro il team predefinito (ovviamente personalizzabile) vedeva Cloud, Red XIII e Aerith, e vista la tendenza del boss a veleggiare ad altezze proibitive, un po’ s’è sentita la mancanza del buon Barret. Nulla comunque che non potesse essere risolto con qualche colpo della giovane maga e una serie di magie, utilizzabili da tutti i personaggi.
Sfruttando poi le abilità di Aerith è stato possibile creare zone di buff per l’utilizzo delle magie, indispensabili, utilizzando poi le Skill e Ability di sinergia con Cloud e Red XIII per infliggere più danno. Come di consueto, la meccanica dello stagger è fondamentale per avere la meglio dei nemici in fretta.
La battaglia, invero abbastanza spettacolare, fa da sfondo a una delle variazioni sullo svolgimento della trama, in quanto è qui che avviene un incontro che nel titolo originale richiede decisamente qualche ora (e area) di gioco in più prima di avvenire. A voi scoprire quale!
La nostra prova si è conclusa qui, dopo circa un’ora di gameplay. A conti fatti troppo poco per trarre delle conclusioni in merito alla bontà del titolo nella sua interezza, avendo potuto testare delle singole vertical slice dell’esperienza senza riuscire a verificare come effettivamente tutto sia collegato.
È difficile staccarsi da Final Fantasy VII Rebirth senza provare grande ottimismo
Considerati i peccati capitali di Final Fantasy VII Remake a livello di progressione e le aspettative molto positive generate dall’iniziale prova di Final Fantasy XVI, tradite per quel che concerne la sinergia tra mondo di gioco, storia ed esplorazione, in questo momento è naturale un invito alla prudenza.
Eppure è difficile staccarsi da Final Fantasy VII Rebirth senza provare grande ottimismo: la direzione intrapresa sembra davvero quella giusta, lasciando spazio a tante chicche collaterali che possono arricchire un modello di gioco effettivamente molto funzionale, e anche a livello narrativo sembra che si voglia comunque venire al dunque quando serve, senza troppi giri inutili (ma lo spettro di Nomura, anche se non più director, è sempre dietro l’angolo).
Aiuta a rafforzare queste prime impressioni positive anche il comparto tecnico (l’ultimo su cui avere dubbi, a dire il vero), assolutamente solido e a tratti strepitoso. C’è da perdersi nel curiosare su come ogni elemento del gioco originale sia stato rivisto e abbia acquisito comunque una forma credibile e fedele al materiale sorgente.
Superfluo sottolineare la bontà del voice acting, che si conferma ancora una volta valido anche in inglese, e dell’accompagnamento sonoro, in grado di ributtarci indietro di anni con una facilità disarmante. Siamo già a livelli altissimi, oggettivamente parlando, andando a costruire con convinzione sulla qualità di Remake grazie ai vantaggi e le risorse concessi dallo sviluppo in esclusiva per PlayStation 5.
L’azione convince, fin troppo verrebbe da dire, per il numero di opzioni a disposizione
Nel complesso quindi tutto funziona, e anche bene. A parte l’inevitabile linearità/semplicità di alcune sezioni (terribile il momento “aspiratutto” per liberare la zona dai fumi mako), lo svolgimento pare corposo, tangibile, alternando correttamente momenti di calma ad altri ricchi di azione ed eventi.
L’azione convince, fin troppo verrebbe da dire, per il numero di opzioni a disposizione, e quasi quasi fa venire il dubbio che forse a livello di sfida si sia livellato un po’ troppo verso il basso. La speranza per chi cerca un gioco più impegnativo è che fin da subito siano accessibili livelli di difficoltà più severi – anche se al momento, al sottoscritto, va benissimo così.
Ne passerà di strada da qui al 29 febbraio 2024, data di lancio del gioco, ma siamo curiosissimi di scoprire ogni nuova informazione e ogni nuovo dettaglio che verranno rilasciati nei prossimi mesi. E datemi ancora altro Sephiroth, che quello non basta mai!
Pur tenendo i piedi per terra, evitando di farsi trascinare dall’entusiasmo, la sensazione è che Final Fantasy Rebirth possa fare decisamente meglio del suo cugino Final Fantasy XVI, sia dal punto di vista del sistema di combattimento che per quel che concerne la messa in piedi di una vera progressione (di storia e personaggi) da RPG di stampo nipponico. E, se permettete, non è poco.
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