“La guerra… la guerra non cambia mai” (cit). A cambiare, semmai, sono le pedine che quella guerra la combattono, stravolte e sfigurate dai conflitti, esteriori ma anche e soprattutto interiori, che ogni guerra porta con sé. E la guerra è la vera protagonista di questo nuovo capitolo di Fire Emblem, Three Houses, che traghetta l’epica saga che mescola sapientemente GDR e strategia, nata su NES nel lontano 1990, su Nintendo Switch, dopo un fortunato passaggio su 3DS (e uno spin-off action giusto per i die-hard fan).
Anche se, a prima vista, sembrava un teen drama a cui tanti anime e manga ci hanno abituato: la novità principale, una componente “social” à la Persona, proprio quello lasciava intendere. Ma la realtà è ben diversa: come nelle più belle serie TV, il chiacchiericcio serve spesso a fare affezionare il pubblico a questo o a quel personaggio, salvo poi conficcargli una lama, nemmeno troppo metaforicamente, alla giugulare. E questo Fire Emblem ha davvero ben poco da invidiare a certi colossi dell’intrattenimento, poco ma sicuro.
Il merito va indubbiamente alla sua trama, densissima di eventi, stracolma di colpi di scena innescati da un cast sconfinato e sfaccettato, con ogni tassello sapientemente caratterizzato, sia esso uno dei buoni, uno dei cattivi, o una di quelle figure ambigue e nel mezzo che terrà ben nascosti i suoi reali intenti fino all’ultimo. Eppure dalle premesse sembrava di trovarsi tra le mani qualcosa di molto più leggero, con un continente, quello del Fódlan, diviso in 3 nazioni in pace tra loro: Sacro Regno di Faerghus, Impero Adrestiano e Alleanza di Leicester. Una convivenza ribadita nella totale armonia dell’Accademia Ufficiali del monastero del Garreg Mach, baluardo della Chiesa di Seiros, in cui i rampolli delle 3 fazioni vengono addestrati, insieme agli altri nobili, all’arte della guerra, senza però dimenticare i precetti della Dea tramandati dall’Arcivescova Rhea.
Sembrava un teen drama, e invece Fire Emblem: Three Houses è molto altro
Il nostro destino si intreccia a loro quando il protagonista, un apparentemente anonimo mercenario (potremo scegliere nome e genere), si ritrova a vestire i panni di professore di una delle 3 classi/casate (da scegliere praticamente all’inizio, con non troppe info a disposizione, a dirla tutta), nonostante la giovane età e i sospetti di studenti e corpo insegnanti. Ma ben presto avremo modo di dimostrare il nostro talento tanto sul campo, quanto al di fuori dello stesso, tra i banchi dell’Accademia, tra un pasto, un tè o un consiglio richiesto dagli studenti, andando però al contempo a trovare una risposta alle tante domande che, ad ogni nuovo evento cruciale, cominceremo a porci.
Il ritmo in tal senso è forsennato, con la prima parte dell’avventura che si sviluppa a suon di tradimenti, cospirazioni e minacce di vario genere, con i “giocatori” che iniziano a muovere le loro pedine sullo scacchiere, gettando le basi per la seconda, più profonda, d’impatto, drammatica parte. Qualche momento di confusione non manca, unito a buchi da riempire vivendo l’avventura (meglio ancora se con un New Game Plus) scegliendo anche le altre due casate rimanenti, ma ogni scontro della main quest porta con sé tonnellate di nuove rivelazioni che sanno lasciare ogni volta a bocca aperta.
Non pensate che Fire Emblem: Three Houses sia da meno dal punto di vista puramente ludico. Pur senza sganciarsi dal classico combattimento strategico “a scacchiera” a cui la serie ci ha abituati nei suoi quasi 30 anni di vita, gli scontri risultano sempre esaltanti e coinvolgenti, tra ostacoli, trappole, porte e casse da aprire, leve da tirare e complicati sistemi di teletrasporto, o limiti di tempo e unità selezionabili, ma soprattutto imboscate improvvise e tipologie di nemico in grado di darci filo da torcere, anche ai livelli di difficoltà più bassi (per non parlare ovviamente dell’amato/odiato fattore casualità, che al contrario di titoli come X-COM o Total War, non si è mai rivelato realmente frustrante, per fortuna).
I mostri, ad esempio, al contrario dei comuni umani, hanno barre di energia aggiuntive e richiedono approcci e strategie diversi, dovendo anche badare al loro devastante contrattacco, croce e delizia di ogni fan di Fire Emblem. Ma non è l’unico fattore da tenere in considerazione: prima di ogni attacco bisogna sempre valutare la tipologia di terreno su cui ci si trova (con la boscaglia che aumenta la percentuale di schivata, sia nostra che dei nemici, ad esempio), la quantità di danno prevista (al netto di schivate) in base alla tipologia di nemico (volante, a cavallo, corazzato), ma anche quella che potrebbe infliggerci il nemico tra un colpo e l’altro: conviene ancora attaccare un’unità se c’è il serio rischio di mandare al creatore il nostro personaggio preferito?
Pur senza sganciarsi dal classico combattimento strategico “a scacchiera” a cui la serie ci ha abituati nei suoi quasi 30 anni di vita, gli scontri risultano sempre esaltanti e coinvolgenti
Soprattutto se si sceglie per la modalità “Classica”, con morte permanente inclusa. Fortuna che è stato introdotto il “Battito Divino”, simile al “rewind” che tanto va di moda nei giochi di corse ultimamente: invece di farvi caricare un salvataggio precedente in caso di morte di questo o quel personaggio, Fire Emblem vi concede di tornare indietro di quante mosse e turni vi pare (ma non all’infinito: all’inizio potrete farlo solo 3 volte per battaglia), così da ripetere un attacco, nel caso in cui il primo non fosse andato a segno, o di tenere al sicuro un’unità ed impedirle di morire.
E se invece siete dei giocatori die hard che rinnegano simili aiuti (assolutamente opzionali, va detto) e accettate le conseguenze dei vostri errori, tranquilli: il gioco offre spesso unità alleate da schierare in battaglia, andando a rinforzare il vostro esercito, ma soprattutto, vi permette di reclutare professori, mercenari e studenti di altre classi e case attraverso l’altra importante novità, anch’essa però completamente opzionale e skippabile (ma così andate ad ad impoverire e non poco la sconfinata ricchezza narrativa – e non – di Fire Emblem: Three Houses).
Le sfumature, le sotto-trame, la lore, è tutto in questa seconda anima gestionale, anzi, letteralmente “social”: potremo esplorare il vasto monastero nella sua interezza (grande quanto basta da meritarsi un sistema di viaggio rapido tra una zona e l’altra), interagendo con studenti, prelati e guardie, e svolgendo attività di ogni genere, dal giardinaggio alla pesca, dal partecipare alle prove del coro all’interagire con i mercanti, da cui comprare oggetti curativi e armi (riparabili – hanno un tot numero di utilizzi – e potenziabili presso la forgia), o da aiutare ripulendo le loro rotte da banditi e predoni. “Social” perché il fulcro resta l’interazione con i personaggi: potremo migliorare l’affinità (e in certi casi trasformarla in vero e proprio amore), con benefici fuori e dentro il campo di battaglia (attacchi concatenati più potenti, o la possibilità di accoglierli tra le nostre fila), attraverso vari modi, dal semplice rispondere in maniera corretta nei numerosi dialoghi a risposta multipla che incontreremo all’invitarli a bere un tè o mangiare un boccone nel refettorio, andando anche a restituirgli oggetti random trovati qua e là per il monastero, dalla cui descrizione dovremo individuare, in base a quanto appreso su personalità e origini di ogni personaggio, il rispettivo proprietario.
E poi ci sono le lezioni, con le singole “materie” (l’uso della spada, la corazza, la capacità di andare a cavallo, ecc) da potenziare con appositi seminari, con le lezioni del lunedì o con specifiche attività di gruppo, con tanto di obiettivi legati alle predisposizioni e alla “classe” (o meglio, al “job”) a cui ogni personaggio ambisce di diventare (con tanto di esame da sostenere).
Un sistema organico e coinvolgente che, come detto, può essere saltato a piè pari, non dovesse interessarvi, ma in questo modo andreste a perdervi tutto il ricco contorno con cui Intelligent Systems ha impreziosito la già rodata componente bellica. Per non parlare dell’impatto che ogni scelta e lezione ha sui personaggi, i quali traggono benefici e diventano più potenti, anche trasversalmente, potendone smussare i punti deboli, oltre a rafforzarne quelli di forza. Ovviamente anche qui subentra la necessità di valutare attentamente ogni azione, avendo un rigido programma da seguire (con tanto di calendario e incarichi mensili da rispettare), e potendo scegliere solo un’opzione ogni domenica (tra svolgere un seminario, esplorare il monastero, darsi alle battaglie opzionali, o riposarsi per ricaricare la motivazione – necessaria per apprendere meglio le lezioni – e l’utilizzo delle armi speciali), diventa cruciale organizzarsi al meglio.
Anche esteticamente Fire Emblem: Three Houses è impeccabile
La ciliegina sulla torta è la componente puramente artistica: se, lato tecnico, c’è qualche lieve imperfezione, come del tearing abbastanza evidente sia in alcune battaglie che in alcune, splendide cutscene (sia quelle “anime” che quelle di raccordo tra un capitolo e l’altro, impreziosite da illustrazioni medievaleggianti davvero splendide), o dell’aliasing particolarmente accentuato ed evidente nella modalità docked, almeno nei corpi dei personaggi (i volti, in compenso, sono molto più puliti), esteticamente Fire Emblem: Three Houses è impeccabile, con una caratterizzazione che rende il vasto cast ricco di personaggi irresistibili, per giunta doppiati (in inglese e in giapponese – l’italiano è presente solo nei testi).
Anche in battaglia c’è stato un lieve restyle, con mappe sempre abbastanza povere di poligoni, ma dal design sempre piacevole (peccato solo per una certa ripetitività di alcuni campi di battaglia, a volte brutalmente riciclati per missioni secondarie ma non solo). Apprezzatissime invece le varie modalità di visualizzazione, da quelle più vintage a quelle più moderne, con tanto di zoom che ci mostra un campo di battaglia molto più realistico, il quale con la presenza dei battaglioni (altra novità: possono essere arruolati per ogni unità e portano, oltre a uno “stratagemma”, anche benefici alle statistiche) dona alle battaglie un tono ancor più epico (complice anche la splendida e pomposa colonna sonora).
E sulla durata? Preparatevi ad almeno 40-50 ore per una singola run (meno, automatizzando sia le battaglie che la parte social, ma che gusto c’è?). Inutile dire quanto la possibilità di giocarlo anche in modalità portatile ovunque vogliate sia vera manna dal cielo.
Fire Emblem: Three Houses è il debutto (ufficiale) in grande stile su Nintendo Switch all’altezza della serie di appartenenza. Intelligent Systems non delude nemmeno questa volta, proponendo un titanico GDR di stampo strategico dotato di una trama densa e coinvolgente, un cast vasto ricco di personaggi irresistibili, e un combat system rodato ma sempre molto profondo e in grado di regalare emozioni fortissime. La componente social così preponderante è una gran bella trovata che impreziosisce la già ottima anima bellica, donando sfaccettature e tonnellate di dettagli che permettono di entrare ancor più nel profondo dell’affascinante storia del Fòdlan e delle varie entità che lo compongono, oltre a far salire un monte ore già di per sé vertiginoso (complice anche, ma non solo, la rigiocabilità che la presenza di 3 casate porta con sé). Fire Emblem: Three Houses è l’ennesima esclusiva Switch in grado di lasciare il segno, un altro ottimo motivo per dare fiducia alla console ibrida della grande N. |