Il tesoro c’è, ma bisogna scavare a fondo
Se c’è un’opera che ha saputo definire il nostro immaginario sui pirati, quella è senza dubbio L’Isola del Tesoro di Robert Louis Stevenson. Pubblicato nel 1883, il romanzo non solo ha codificato l’archetipo del pirata – con le mappe del tesoro, i pappagalli sulla spalla e i misteriosi bauli nascosti – ma ha ispirato generazioni di creativi, diventando il modello per decine di storie ambientate tra mari sconfinati e galeoni carichi d’oro. Senza il contributo di Stevenson, capolavori come The Secret of Monkey Island non avrebbero mai visto la luce, così come non esisterebbero saghe come Pirati dei Caraibi, film d’animazione come Il Pianeta del Tesoro, o serie televisive come Black Sails. Questo romanzo ha plasmato la cultura popolare ben oltre i suoi tempi, trasformando i pirati in figure mitiche e avventurose che continuano a popolare libri, film e giochi.
Oggi, quell’eredità torna a vivere grazie a Flint: Treasure of Oblivion (che potete acquistare da GameStop qui), un progetto molto particolare che tenta di combinare il fascino senza tempo della narrativa pirata con l’esperienza offerta dai moderni GDR. Sviluppato da Savage Level, uno studio indipendente francese, e pubblicato da Microids, il titolo si presenta come un gioco di ruolo a visuale isometrica, interamente dedicato alla figura del capitano J. Flint e della sua famigerata ciurma. La storia si propone di esplorare non solo i miti che circondano il leggendario pirata, ma anche il cuore umano dietro la maschera da fuorilegge.
Ambientato in un mondo che combina fedeltà storica e fantasia, Flint: Treasure of Oblivion promette un comparto narrativo denso e coinvolgente, accompagnato da una grafica un po’ retrò che strizza l’occhio ai vecchi (e nuovi) CRPG.
Ma dietro alla promessa di questa esperienza epica, si nasconde una domanda cruciale: Flint: Treasure of Oblivion sarà in grado di mantenere vivo lo spirito del romanzo di Stevenson e, al tempo stesso, stupire in un panorama videoludico sempre più competitivo? Sarà in grado di conquistare i cuori degli appassionati o rischierà di naufragare sotto il peso delle sue stesse ambizioni?
Il comparto narrativo di Flint: Treasure of Oblivion è senza dubbio il cuore pulsante dell’intera esperienza, e non potrebbe essere altrimenti in un gioco di ruolo che aspira a reinterpretare l’epica pirata di Stevenson. L’avventura si apre con un prologo tanto prevedibile quanto intrigante: il leggendario capitano Flint, in catene ma tutt’altro che sconfitto, dimostra fin da subito il suo carisma indomabile. La trama prende slancio con una rocambolesca fuga orchestrata insieme a Billy Bones, figura che i fan del romanzo riconosceranno immediatamente. Per chi non lo sapesse, il gioco è un prequel de L’Isola del Tesoro, e si concentra su quella che probabilmente è stata l’impresa più grande della vita di Flint, l’inizio della sua ossessione per l’Isola del Tesoro stessa.
Flint: Treasure of Oblivion promette un comparto narrativo denso e coinvolgente
Il viaggio di Flint e della sua ciurma parte da un vecchio cimitero, dove una mappa ritrovata nella tomba di un bucaniere diventa il catalizzatore di un’avventura epica, tra mari inesplorati, tradimenti e scoperte che vanno ben oltre il semplice accumulo di ricchezze. Nonostante i giocatori e le giocatrici conoscano (o dovrebbero conoscere) già il destino finale di Flint, il gioco si sforza di raccontare una storia originale, esplorando il viaggio interiore del capitano e le motivazioni che lo hanno portato a diventare una leggenda. La narrazione è veicolata attraverso cutscene in stile fumetto, con tavole illustrate che si sovrappongono al gameplay in modo elegante e coinvolgente. Questo approccio non solo rende omaggio alla tradizione letteraria di Stevenson, ma esprime anche la dedizione di Savage Level nel restituire ai giocatori l’atmosfera e il fascino dell’epoca.
L’aspetto più sorprendente della narrazione, tuttavia, è il suo sottotesto: dietro le battute taglienti di Flint e il desiderio di accumulare oro, si cela un messaggio più profondo. Il tesoro non è solo un accumulo di monete e gioielli, ma un simbolo della libertà e del potere di cambiare il mondo. La scrittura, davvero curata, riesce a intrecciare questi temi universali con momenti di puro intrattenimento, rendendo ogni dialogo e ogni scena un tassello importante di una storia che celebra il viaggio più che la meta. Un lavoro di grande qualità, che merita un plauso per la sua capacità di emozionare e sorprendere.
Il gioco si sforza di raccontare una storia originale
Il gameplay di Flint: Treasure of Oblivion rappresenta, purtroppo, uno degli aspetti meno riusciti della produzione. Si tratta di un gioco di ruolo tattico a turni che, per quanto attinga a meccaniche consolidate e ispirate a capisaldi come Baldur’s Gate III, non riesce a raggiungere la stessa profondità né complessità. L’esplorazione del mondo di gioco è affidata esclusivamente al personaggio di Flint, il quale, nonostante il suo carisma, non riesce a sostenere da solo il peso dell’intera avventura. Durante le fasi esplorative, il giocatore può interagire con NPC, raccogliere oggetti e persino reclutare nuovi membri per la ciurma, ma le mappe, spesso lineari e poco ispirate, offrono ben poche motivazioni per un’esplorazione più approfondita. Mancano negozi, missioni secondarie o attività collaterali, lasciando la narrazione come unico fulcro dell’esperienza. E per quanto la storia sia coinvolgente, questo approccio limita sensibilmente il senso di avventura che ci si aspetterebbe in un contesto piratesco.
Sul fronte dei combattimenti, la struttura a turni, pur funzionando a livello basilare, è piuttosto semplificata e si limita a un utilizzo ridotto di armi da fuoco, armi bianche e pochi elementi ambientali. A differenza di molti RPG tattici, qui non troverete incantesimi o strategie elaborate, e l’intero sistema di gioco invece risulta più un ostacolo che un punto di forza.
Dove la struttura a turni è quasi semplicistica, l’interfaccia e quello che ne consegue è estremamente complessa e macchinosa, rendendo il tutto piuttosto frustrante per giocatori e giocatrici: confusa e poco intuitiva, questa parte del gioco obbliga spesso il giocatore a passare da controller a mouse per adattarsi alle diverse situazioni, spezzando il ritmo e rendendo l’esperienza più frustrante che appagante. È un peccato, perché la base per un gameplay più raffinato c’è, ma Savage Level non è riuscito a darle sufficiente profondità per stare al passo con le aspettative del genere.
L’interfaccia è estremamente complessa e macchinosa
Tecnicamente, Flint: Treasure of Oblivion mostra il fianco a numerose imperfezioni, evidenziando un livello di polish che avrebbe richiesto un ulteriore affinamento. Durante le nostre sessioni di gioco, abbiamo riscontrato compenetrazioni poligonali frequenti, che riducono l’immersione in un mondo che, visivamente, avrebbe il potenziale per catturare lo spirito delle avventure piratesche. A ciò si aggiungono crash occasionali e una generale instabilità del software, fattori che spezzano il ritmo dell’avventura proprio nei momenti in cui dovrebbe essere più avvincente. Questi problemi, sebbene non del tutto insoliti in produzioni di questo tipo, danno l’impressione che Savage Level avrebbe beneficiato di un ulteriore periodo di sviluppo per rifinire i dettagli tecnici.
Queste pecche, pur non compromettono del tutto l’esperienza di gioco, finiscono per pesare soprattutto considerando le aspettative legate a un titolo con un concept così intrigante. La storia di Flint e della sua ciurma avrebbe meritato un contesto tecnico più solido e un’esecuzione più curata, per rendere giustizia al potenziale narrativo e alla carismatica atmosfera piratesca che il gioco cerca di evocare. È un peccato vedere un gioco con tali premesse cadere in fallo per dettagli che avrebbero potuto essere evitati con una maggiore attenzione e tempo di sviluppo.
Conclusioni
Flint: Treasure of Oblivion è un titolo che, nonostante le sue ambizioni narrative e il fascino intrinseco dell’ambientazione, non riesce a emergere completamente a causa di alcuni difetti strutturali e tecnici. La trama, che dovrebbe essere il cuore pulsante di un gioco di ruolo, è intrigante ma limitata da una direzione eccessivamente lineare, che riduce il senso di scoperta e avventura che una storia di pirati richiederebbe. Il gameplay, pur presentando alcune idee interessanti come il reclutamento della ciurma e i combattimenti tattici, non è all’altezza delle aspettative, con un sistema poco rifinito e una ripetitività che rischia di scoraggiare i giocatori più esigenti.
Eppure, dietro queste difficoltà, si intravede una sincera passione per il romanzo di Stevenson e un potenziale che avrebbe potuto trasformarsi in un piccolo gioiello nel panorama dei giochi di ruolo. Savage Level ha sicuramente dimostrato di avere idee e un grande rispetto per il materiale d’origine, ma forse la ciurma avrebbe avuto bisogno di più tempo in cantiere per lucidare questo veliero.
Potete acquistare Flint: Treasure of Oblivion da GameStop qui.
Good
+C'è molto amore per la fonte originale+La storia è intrigante+Flint è un bellissimo personaggioBad
-Necessita di più polish-Il combattimento è poco intuitivo e complesso
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