A volte è bello uscire dai propri schemi e prendere strade diverse, oppure semplicemente abbandonarsi a ricordare come erano i giochi di una volta. Poi arriva forma.8, sviluppato dagli italiani di MixedBag e in grado di regalare contemporaneamente entrambe le cose, lasciando da parte i generi del gaming ormai onnipresenti sul mercato.
Un titolo nuovo, semplice e ben costruito, con uno stile che rimanda al passato per offrire tuttavia un gameplay fresco e variegato, grazie all’intreccio di abilità del protagonista e al differente approccio da scegliere contro i vari nemici. MixedBag comincia benissimo, con uno slate introduttivo per lo studio che riporta la mente (almeno nel sottoscritto) a quello scelto da Hasbro Interactive per il lancio di Glover nel 1998.
Come se non fosse abbastanza per convincere della bontà di forma.8, il suo prezzo è davvero irrisorio. Circa 15€ per un gioco che ne vale sicuramente di più, viste le ore passate davanti allo schermo per decifrare gli enigmi. A volte i giochi metroidvania risultano frustranti dopo qualche fallimento o dopo aver perso la bussola, ma forma.8 è in grado di lasciarsi alle spalle anche questo aspetto del genere.
Probabilmente, la prima cosa che colpisce di forma.8 è il silenzio con cui tutto ha inizio. Una nave spaziale, nella totale assenza di rumori, rilascia dalla propria struttura una serie di droni sferici, diretti verso un pianeta ignoto. La discesa sulla superficie non è delle più tranquille, visto che il nostro protagonista è l’unico ad arrivare tutto d’un pezzo sul suolo.
Questo è tutto ciò che ci è dato sapere all’inizio dell’avventura: il mondo è totalmente sconosciuto e non si ha la minima idea di come e del perché si sia finiti su un pianeta così strano e inospitale.
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Solo una cosa si palesa velocemente non appena preso il controllo del nostro drone: fin da subito il nostro percorso è senza indicazioni, una ricerca di qualcosa di cui non si conoscono fattezze, un’avventura stile metroidvania che richiede esplorazione, pazienza e risoluzione di enigmi. Insomma, l’unica certezza è l’incertezza.
Proprio in questo alone di mistero si cominciano a muovere i primi passi nell’ambiente del pianeta, scoprendo qualche area vicina al luogo dello schianto e imparando a manovrare il drone. Tutto, ovviamente, nel completo silenzio del panorama davanti ai nostri occhi, rotto solamente dalla meccanica e a volte inquietante colonna sonora di fondo. Non ci sono testi o note audio da ascoltare, come nemmeno un tutorial. Siamo solo noi, il nostro drone e i rumori rilasciati dalle nostre abilità.
Nel momento in cui il gioco deve insegnarci come usare nuove abilità, tutto ciò che si vede è il tasto da premere, senza alcuna spiegazione su quale sia l’effetto e su quando utilizzarlo. Sta al giocatore capire, provando ad interagire con i nemici e gli elementi ambientali, quali siano i poteri del drone. Poco dopo l’inizio si può già utilizzare un attacco ravvicinato ad area per colpire debolmente i nemici e allontanarli. Più avanti sarà possibile sganciare anche piccole bombe per arrecare maggiori danni. Questo, unito all’inerzia di molti elementi di gioco, permette al giocatore di spingere via le bombe con l’attacco ad area, colpendo dunque i nemici dalla distanza o frantumando alcune rocce per liberare il passaggio. Sono la sinergia e la combinazione delle abilità, unite allo spostamento del drone, a far sì che si possa sopravvivere nella giungla crescente di nemici, sempre più agguerriti, nascosti e con caratteristiche imprevedibili.
La mappa è sempre richiamabile tenendo premuto il tasto L1, ma non viene visualizzata in un menu di pausa, bensì sovrapposta all’azione. In questo modo è facile muoversi tra le diverse aree tenendo sotto controllo la propria posizione. Tuttavia, è anche consigliabile controllare tutte le insenature della roccia e dei muri, oltre ad esplorare per intero le sezioni: in giro per la mappa ci sono infatti collezionabili e strumenti di gioco, necessari per aumentare le proprie abilità, sbloccare porte e ottenere alcuni potenziamenti. Da bravo gioco basato sulla continua esplorazione, forma.8 presenta infatti passaggi segreti mascherati da finti muri, quindi è buona norma controllare se ci sono insenature o spazi che altrimenti sarebbe impossibile raggiungere.
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A livello stilistico è facile notare somiglianze con i toni scuri di Limbo, tanto da sorridere ogni volta che si vede un ragno, ma anche Badland, grazie ai piccoli nemici e agli ingranaggi. Volendo inoltre guardare anche gli sfondi, in alcune scene particolari sembra di essere dentro Guacamelee.
Nelle varie aree che compongono la mappa ci sono altrettanti ambienti diversi, con sezioni sommerse dall’acqua o dalla lava, oltre a parti di una probabile struttura metallica adibita a funzioni tecnologiche. Tutto questo è ovviamente popolato da individui del posto, pronti a saltarci addosso per esaurire la nostra barra vitale. I nemici sparsi per la mappa vanno di pari passo con la difficoltà crescente, quindi presentando una sorta di evoluzione procedendo nell’esplorazione: all’inizio si tratta di piccole sfere votate al body slam, ma il passaggio ai proiettili è molto veloce. In relazione all’ambiente in cui ci si trova, essi prendono la conformazione del posto, diventando più difficili da battere e presentando abilità uniche per metterci i bastoni tra le ruote, quindi esplodendo, lasciando detriti dannosi o diventando autentici stalker.
Il perfetto punto di incontro tra un titolo contemporaneo e uno vecchia scuola.
La forza di forma.8 sta nella semplicità del suo concept, formato da relativamente pochi elementi d’azione legati ai tasti, ma combinabili in modo tale da sfruttare ogni abilità in sinergia per superare un ostacolo, sconfiggere un boss o raggiungere un collezionabile. È incredibile anche il fatto che il gioco non insegni praticamente nulla al giocatore, invitando semplicemente a premere un tasto per scoprire il suo funzionamento. Dopo aver ritrovato le “anime” dei propri compagni, il giocatore ha infatti a disposizione un set di abilità da affinare e mettere alla prova istantaneamente, ritornando anche sui propri passi per accedere ad aree prima irraggiungibili e recuperare così collezionabili utili per aggiornarsi o aprire porte.
È il perfetto punto di incontro tra un titolo contemporaneo, sviluppato sulla base di Unity e con chiare contaminazioni dagli altri giochi arrivati in questi anni, e uno vecchia scuola, essendo fissato su un apprendimento personale da parte del giocatore, sempre stimolato a cercare nuove vie per abbattere i nemici. La sensazione è di avere in mano un gioco nuovo e fresco, ma con un’anima retro che nemmeno un remaster può dare.
Spesso i giochi odierni sono soliti aiutare il giocatore proponendo aiuti, consigli e modi per superare un’avversità, specialmente dopo qualche tentativo finito male. forma.8 non fa nulla di tutto questo, è come un fratello maggiore che si diverte a guardarvi mentre vi scervellate su come battere un boss o entrare nella stanza successiva, senza darvi la minima indicazione. Forse a volte sale un po’ di sconsolazione, ma nulla è impossibile: occorrerà sicuramente fermarsi per qualche istante a controllare l’ambiente circostante, specialmente se ci sono rocce o nemici in grado di essere coinvolti nel puzzle. Una volta compresa la via d’azione, non resta altro da fare che continuare a lottare per mettere finalmente K.O. un boss o sfruttare la combinazione delle proprie abilità per superare qualche manciata di nemici. Si ritrova dunque quel bilanciato senso di difficoltà capace di tenere il giocatore incollato allo schermo, in attesa del lampo di genio.
Avere forma.8 nella propria libreria è un atto di gentilezza verso se stessi e l’industria italiana, perché ci si regala una godibile e tranquilla esperienza, capace di fondere lo stile del passato con l’innovazione delle nuove tecniche di sviluppo. Messo in mani sapienti e consce del proprio potenziale, Unity sa dare vita a titoli davvero interessanti e ben costruiti. Dal punto di vista tecnico, infatti, forma.8 non ha alcun difetto e vede tutte le sue meccaniche funzionare alla perfezione, senza bug o errori a rovinare l’azione. Lo stile grafico minimale, ma vivace al punto giusto e nel momento giusto, fa da contorno ad una moltitudine di puzzle per sconfiggere i boss e passare le sezioni più intricate della mappa. Colpire a destra e a manca, del resto, non ha alcuna utilità dopo i primi minuti di gioco, perché occorre studiare bene le peculiarità di ogni nemico. Il fatto di doversi fermare un attimo a pensare le eventuali soluzioni a un dilemma, è un forte rimando nostalgico ai vecchi giochi che ci hanno fatto innamorare negli anni 90, quelli in cui era necessario riflettere prima di agire e dove la fortuna giocava un ruolo quasi marginale. Giocato su PS4, forma.8 sembra adatto praticamente a qualsiasi console, ma probabilmente sarebbe sotto la luce più ampia se inserito nel contesto mobile. Essendoci una versione PSVita in cross-buy, il modo migliore per coronare il successo potrebbe essere quello di sfondare anche su Nintendo Switch. |
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