La classe non è acqua e dar man forte alla saggezza popolare così scontata ci pensa il curriculum di Santa Ragione che ad ogni loro uscita dimostrano uno stile senza eguali. Il loro penultimo lavoro del resto, MirrorMoon EP, ha stregato le testate di mezzo mondo, ponendosi come un’esperienza più unica che rara. Quando ci siamo approcciati a Fotonica quindi, sapevamo già di avere tra le mani qualcosa di particolare, difficilmente catalogabile in un genere preciso.
Certo, Fotonica è endless run, ma sarà come tutti gli altri mini-giochi che affollano gli store dei nostri smartphone?
Decisamente no.
Prima di addentrarci nella metafisica di Fotonica è però il caso di spezzare una lancia a favore di questo genere, perché a fronte di giochi in formato copia/incolla come i vari tie-in per smartphone che all’uscita di ogni film applicano l’eroe di turno ad una corsa folle ed infinita, ci sono degli esempi di design ispirato come Canabalt, che con la suo stile particolarissimo e il setting urbano aveva anche un bel significato, come una sorta di riflessione sulla frenesia delle nostre città.
In questa “tradizione” si inserisce Fotonica, che a differenza dello scorrimento laterale di Canabalt, preferisce una visuale in prima persona su un corridoio in 3D. Gli ambienti sono ridotti all’osso: poche linee per delineare i contorni di un mondo essenziale, una pallida (o per meglio dire, oscura) immagine di quel che potrebbe essere la banale ambientazione di un gioco qualsiasi. La classe dei Santa Ragione citata in apertura si mostra quindi inizialmente da un punto di vista estetico, che colpisce l’occhio come pochi altri giochi disponibili al momento, ma il quadro si completa con le musiche elettroniche che si sposano alla perfezione con gli ambienti di Fotonica.
Oltre a tutto questo contorno estetico, c’è anche un gameplay che (come richiede il genere) è semplice sulla carta, ma difficile da padroneggiare. Fotonica infatti ci richiede di tenere premuto un tasto (uno qualsiasi) per far avanzare il personaggio. Al rilascio del tasto il personaggio salta e per controllare la caduta è possibile ripremere il tasto per farlo scendere. Sostanzialmente con un solo tasto correte, saltate e controllare la caduta, il che è abbastanza geniale. All’atto pratico tutto questo si rivela più di difficile di quanto possiate immaginare, sia per il design degli ambienti (strutturati in verticale) che per la crescente velocità del personaggio.
La possibilità di saltare fa di Fotonica uno dei pochi endless-run in cui risulta centrale l’esplorazione: grazie ad un frequente trial & error potrete scoprire che saltando in alcuni precisi momenti e controllando adeguatamente le cadute si sveleranno dei percorsi preferenziali, dove poter aumentare più facilmente la velocità e ottenere un punteggio più alto alla fine del livello. Non necessariamente la via più in alto si rivela la migliore o la più sicura, ma certamente rappresenta spesso la sfida più interessante da raggiungere.
Non vi resta quindi che addentrarvi dentro ai livelli di Fotonica, esplorando i binari deserti di Brenta (il primo stage), le composizioni geometriche di Affori che si costruiscono intorno a voi, i moli in mezzo alle montagne di Inganni, gli ambienti urbani (e sub-urbani) di Cadorna o gli interni di una casa di Palestro. Ogni livello saprà sorprendervi, stupirvi e, raggiunta una certa velocità, darvi un senso di velocità con pochi eguali.
In conclusione…
Fotonica riesce a catturare il giocatore sotto moltissimi punti di vista. Durante la GamesWeek, ad esempio, lo spazio dedicato a questo endless run catturava l’attenzione per la grafica vettoriale, ma poi si restava per il resto dell’esperienza che non fatichiamo a consigliare a tutti, appassionati e detrattori del genere.
Una modalità per quattro giocatori con split screen, la possibilità di affrontare i livelli in successione e il miglioramento delle classifiche allungano la longevità di un gioco che comunque vive più delle emozioni che dà ogni momento, piuttosto che del completamento dei singoli livelli. Fotonica è quindi un’esperienza dall’alto valore artistico e dal gameplay immediato (ma tosto!) che saprà trasportarvi per qualche minuto in un’altra dimensione.
E certe volte un’evasione del genere è necessaria.
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