Dopo più di vent’anni tornano gli incubi Voodoo per tutti gli avventurieri con Gabriel Knight: Sins Of The Fathers 20th Anniversary Edition, dove da scrittore semifallito si può divenire Cacciatore d’Ombre per volere del destino cinico e baro o forse solo per un’operazione di mercato poco rispettosa di quella che fu una delle migliori avventure grafiche degli anni ’90, perla della Sierra Entertainment, con meccanismi narrativi di forte influenza cinematografica degna di capolavori come Angel Hearth di Alan Parker o Il Serpente e L’Arcobaleno di Wes Kraven.
A tutti è senza dubbio piaciuto impersonale Gabriel Knight nelle sue avventure, ma resta da vedere se questo remake (o sarebbe meglio dire restyling?) possa convincere chi con il coraggioso Schattenjäger ha condiviso molte ore di indagini nel mondo di tenebra che ci circonda.
Procediamo con ordine: stiamo parlando di avventure grafiche sullo stile di Secret Of The Monkey Island o Day Of The Tentacle, con la differenza che nelle vicende di Gabriel Knight vi è un alto contenuto thriller, horror e in alcuni casi splatter. Nel lontano 1993, Jane Jensen crea il personaggio di Gabriel Knight, uno scrittore mezzo fallito vanesio e donnaiolo che presto dovrà affrontare i sanguinosi fantasmi del suo passato in un’evoluzione che si arresterà solo nel 1999 con il terzo e ultimo capitolo di quella che sarà battezzata la Trilogia dello Schattenjäger, il Cacciatore d’Ombre, una sorta di indagatore dell’incubo molto simile al nostrano Dylan Dog.
Gabriel Knight: Sins Of The Fathers 20th Anniversary Edition si apre su di un incubo: in un altro tempo, in un altro mondo, una folla eccitata si stringe intorno ad un rogo, una donna brucia fra le fiamme, un uomo guarda attonito la scena e una lacrima scivola sul viso, mentre la donna in un ultimo grido d’agonia si trasforma in una fiera che ruggisce tutto il suo odio in un preludio di vendetta. La maledizione è lanciata, i serpenti liberati, presto colui che ha ucciso penzolerà da un albero strangolato dal rimorso.
New Orleans 18 giugno 1993. Gabriel Knight si sveglia in un bagno di sudore. È uno scrittore da strapazzo che gestisce un negozio di libri rari, perennemente squattrinato e con una segretaria, Grace, piacevole quanto un cespuglio di ortiche. Sul giornale è in bella vista la notizia che un nuovo efferato delitto è stato compiuto, un delitto rituale, un delitto voodoo. Il Voodoo, ecco quale è la nuova fonte di ispirazione di Gabriel per il suo nuovo romanzo. Meglio passare dall’ amico detective per avere notizie di prima mano. È così che iniziano per Gabriel (e per noi) 10 giorni vissuti pericolosamente, fra delitti sanguinosi, misteriosi rituali, morti che camminano, dark ladys sfuggenti, enigmi inquietanti, e rivelazioni inaspettate fino ad una completa trasformazione da mediocre personaggio da sit-com ad esperto camminatore nel mondo delle ombre degno dei racconti di Lovecraft.
Agli inizi del 1990, quando i videogiochi di ogni genere cominciavano ad evolversi sempre più velocemente e a divenire qualcosa di più che un semplice passatempo, migliorando la grafica e il coinvolgimento emotivo, e dando spessore agli antichi sprite trasformandoli in sembianti del giocatore stesso, Gabriel Knight Sins Of The Fathers divenne immediatamente un punto di riferimento per tutti gli appassionati del genere Adventures tanto da generare ben altri due capitoli (Gabriel Knight 2: The Beast Within e Gabriel Knight 3: Il mistero di Rennes-le-Château).
Siamo nel 2014 e Jane Jenson, con la sua Pinkerton Road, ci ripropone questa splendida avventura in forma di Anniversary donando al giocatore di ieri e di oggi scenari ben disegnati su cui non si muovono più silhouette pixellate a 8bit, ma shape definite e renderizzate, cercando di mantenere un giusto equilibrio fra “antico” e “moderno”, non variandone la trama, se non in piccolissimi particolari, mutando l’interfaccia utente rendendola meno invadente per poter dare spazio migliore al respiro grafico e, dulcis in fundo, all’interno del diario che segna i progressi di Gabriel viene inserita la possibilità di avere suggerimenti in caso ci si ritrovi in un vicolo cieco e non si riesca a proseguire l’investigazione.
Il sistema di richiesta indizi è strutturato in livelli: livello 1 c’è una semplice constatazione, livello 2 c’è un suggerimento, livello 3 c’è l’intera soluzione. Tutto questo rende l’esperienza di gioco piuttosto mediocre sia per chi è stato un veterano delle avventure di Gabriel, sia per chi si affaccia ora su questo genere, facendo decadere la longevità del titolo a non più di 4 ore con conseguente rimpianto del capolavoro edito nel 1993, dove si avevano caratteri grafici poco definiti, ma proprio per questo in grado di far volare l’immaginazione del giocatore fino a far suo il volto del protagonista, oppure nell’incaponirsi su un enigma evitando che qualcuno venisse a passarti il compito, visto che chi decide di lanciarsi in questo genere di giochi non ha alcuna fretta di terminarne l’esperienza, ma ingaggia una sottile battaglia mentale fra se stesso e il creatore di quell’ambiente.
Le ore (poche) che dedicherete a questo titolo scorreranno molto veloci, poiché l’avventura non si discosta minimamente nella trama e sopratutto nel livello di difficoltà da quello che era nel 1993. Utilizzando lo stesso formato non-lineare del tempo che suppliva alle carenze delle macchine d’epoca, la narrazione e l’indagine ci costringe in capitoli, dividendoli in giorni, nei quali devono essere compiute una serie di azioni per passare al giorno successivo, e fintanto esse non siano compiute non si potrà accedere al continuum della storia. La griglia dell’esplorazione, così, risulta estremamente datata per chi oggi è abituato a muoversi liberamente nelle proprie scelte (anche etiche e morali) e seppure rispettando quello che è stato un punto di distinzione dell’intera serie, da questa operazione ci si sarebbe aspettato quantomeno un aumento della difficoltà e la possibilità di muoversi in tutte le locazioni disponibili, senza dover attendere il momento prestabilito per accedervi.
La nuova interfaccia ci fornisce comunque un’esperienza scorrevole, il nostro Gabriel scivola fluido sugli sfondi definiti senza troppi intoppi e premendo la barra spaziatrice si visualizzano immediatamente i punti su cui cliccare per aprire le azioni da compiere (parlare,osservare,utilizzare). Inoltre, accedendo all’inventario, si possono unire singoli elementi per formare l’oggetto giusto da utilizzare. Durante i dialoghi, il menù degli argomenti recherà una colorazione dorata laddove una rivelazione importante dovrà essere recepita (altro aiuto…sob!) e pian piano che si procederà nella storia, nello stesso diario, si potrà accedere a degli Extra che illustreranno le fasi di creazione di questo Anniversary, con immagini inedite, filmati, bozzetti e interviste audio alla stessa creatrice. Nel menù principale è presente anche una bellissima Graphic Novel che racconta avvenimenti oscuri del passato che sconvolgeranno il destino del nostro protagonista. Come suggerito (è una mania!) dal gioco stesso è meglio leggere questa novella a partire dal “Giorno 5“, per evitare di rovinarsi la sorpresa.
Gabriel Knight: Sins of the Fathers nel 1993 era altamente innovativo anche dal punto di vista della colonna sonora. Le musiche di Robert Holmes andavano a sostenere l’atmosfera e i momenti dove la grafica non era in grado di fare, mentre il doppiaggio dei vari personaggi era affidato ad attori del calibro di Tim Curry ( “IT“, “The Rocky Horror Picture Show“) o Mark Hamill (il Luke Skywalker di Star Wars) che riuscivano a dare carattere e spessore alle figurine colorate che si muovevano sul monitor.
In Gabriel Knight: Sins Of The Fathers 20th Anniversary, le musiche dello stesso Holmes sono riproposte in maniera fedele, con l’aggiunta di qualche altra melodia poco azzeccata che alle volte si distacca completamente dall’azione che si svolge sullo schermo. Il doppiaggio dei personaggi ovviamente non è più appannaggio degli attori di un tempo, ma riesce ugualmente a rendere convincente il tutto, tranne forse per la voce femminile narrante, piuttosto fastidiosa nel suo pomposo tono da maestrina.
In conclusione…
Gabriel Knight: Sins Of The Fathers 20th Anniversary è una bella sorpresa, poiché basa il suo ritorno esclusivamente sull’elemento grafico, riuscendo a lasciare intatto l’aspetto narrativo che ha contribuito a fare del capitolo originale un mito per gli antichi “avventurieri”.
La scelta di Pinkerton Road di presentarsi agli appassionati del genere non con un remake, ma solo con un restyling in HD è da apprezzare, poiché questo sicuramente attrarrà i veterani e incuriosirà le nuove generazioni un po’ indifferenti verso questo bellissimo genere dove potranno muoversi in affascinanti ed esotici scenari, facendo tuttavia lavorare anche il cervello, il tutto senza sparare un colpo! Tuttavia l’eccessiva preoccupazione di ridurre il livello di difficoltà accompagnando il giocatore per mano passo passo potrebbe risultare irritante agli occhi dei puristi, ma Pinkerton Road, lo stai facendo bene, e stai dando una gioia a tutti quelli che un tempo hanno apprezzato e vissuto le splendide gesta dello Schattenjäger. Aspettiamo con ansia le conversioni degli altri capitoli, magari non nascondendo la speranza di poter scegliere di giocare sia la versione HD che quella OLD, come in passato è accaduto per “rivisitazioni” eccellenti!
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