News 22 Dic 2015

GameSoul Top 5 – I Game of the Year di Icilio

Posizione n°3: The Witcher 3: Wild Hunt

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Da amante degli RPG, non poteva non figurare nella mia personalissima Top 5 di fine anno l’opus magnum dei ragazzotti polacchi della porta accanto, quei good guys dei CD PROJEKT RED che tra indubbia qualità e trovate PR azzeccate, si sono guadagnati la stima incondizionata di tantissimi giocatori. E non solo per i DLC gratuiti, le feature e i miglioramenti inseriti dopo neanche troppo insistenti richieste, o per le espansioni (una già arrivata, una, si spera, presto in arrivo) degne di tale nome: il terzo atto della loro gigantesca saga è un vero capolavoro. Splendido da vedere, profondo da giocare, con l’ostico gameplay del passato rifinito, perfezionato e reso più accessibile, ma non per questo meno appagante, e ricco di cosa da fare, o da fissare imbambolati, siano esse creature ai limiti del mitologico, o scorci da cartolina provenienti da un’epoca che non c’è e che forse non è mai esistita, ma che possiamo esperire grazie alla loro fantasia esplosiva.

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La trama è ancora una volta coinvolgente, e soprattutto matura: non teme di trattare tematiche ben lontane dalle solite, passatemi termine, cazzate che spesso troviamo sempre più spesso nel nostro amato, ma a tratti infantile, medium. Geralt di Rivia preferisce passare il suo tempo libero distribuendo amore e testosterone sui letti e sugli unicorni di mezzo mondo, piuttosto che darsi vicendevolmente pacche sulle spalle con i suoi noiosi e patetici compagni di avventura, e per i suoi tremendi ed orripilanti nemici si è pescato dall’occulta e misconosciuta mitologia est-europea, non dal cestone dei mostri giocattolo di un Autogrill. Ho controllato ogni anfratto, parlato con chiunque, accettato ogni quest ignorando il più delle volte quella principale, con il rischio di perdermi qualche dialogo ben nascosto o qualche compito, e sarebbe stato un delitto, perché anche l’ultimo degli NPC aveva qualcosa da dirmi, qualcosa da darmi, qualcosa da affidarmi. Ogni gesto ha portato a conseguenze imprevedibili, ogni missione, anche la più, apparentemente insulsa, aveva una storia, triste, sofferta, dietro e dentro di sé, microcosmi spenti dalle due affilate lame dello strigo, invasi dal suo ardore, dalla sua strafottenza cronica, dal suo irresistibile carisma. Da grande voglio fare lo strigo anch’io, e sfidare il mondo al Gwent, uno di quei minigiochi in grado di rubare la scena al gioco principale al pari del Blitzball o del Triple Triad (e vi parla un folle che passò uno dei suoi molteplici playthorugh a raccogliere tutte le carte di Final Fantasy VIII, per poi mollare il salvataggio all’inizio del quarto disco, una volta recuperata l’ultima carta), cosa che non accadeva dall’epoca d’oro del genere, dai capolavori di Squaresoft. Senza -Enix.

 

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