News 22 Dic 2015

GameSoul Top 5 – I Game of the Year di Icilio

Posizione n°2: Her Story

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È brutto da dire, ma ho il pallino per i giochi da hipster. Quei giochi strani, particolari, che nessuno vuole giocare, ma che per sentito dire, prima o poi, vanno provati, volente o nolente. Her Story, però, è diverso. È un qualcosa di unico, ed è un traguardo per il gaming tutto proiettili e morali da filmetti di serie Z, un curioso esperimento premiato un po’ ovunque, e per motivi più che giusti. Posso dirlo? Un David Cage a caso, un’opera simile, se la sogna. Questa è la narrativa alternativa che tanti game designer cercano a lungo di ottenere, salvo poi rifugiarsi nelle solite stronzate trite e ritrite, nelle cinematiche che per carità, son belle da vedere eh, ma invadono un altro medium, e passano l’idea che i videogiochi hanno bisogno di prestiti, anche importanti, per poter dire qualcosa. Poi arriva Sam Barlow, e ci mette davanti ad un vecchio PC della polizia, all’interno del quale sono presenti 7 interrogatori (inventati) risalenti al 94 fatti ad una donna, splendidamente interpretata da Viva Seifert, coinvolta nella sparizione del marito. Si inseriscono delle parole nel database, composto da brevi frammenti di questi interrogatori, e si scava nel passato della donna, nel profondo della sua psiche, provando a srotolare il bando della matassa, ad unire i punti, a trovare una coerenza, un senso a questa storia, alla Sua Storia.

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Lo ammetto: mai come prima d’ora mi sono sentito un vero investigatore… altro che gli interrogatori di L.A. Noire. Non c’è una vera e propria interazione, si possono solo cercare e vedere, studiare, scrutare i video, ma ho passato circa due pomeriggi ad annotare dettagli, a pensare a delle parole chiave in grado di ampliare la ricerca, e di far saltare fuori dei nuovi video, la chiave di volta con la quale risolvere il caso. Ho conservato i miei appunti perché ho ancora uno splendido ricordo di quell’esperienza, unica, originale ed irripetibile, vissuta tra colpi di fortuna per un termine cercato per puro scrupolo, ma in grado di far salire a galla dei dettagli inquietanti o particolarmente utili. Perché la storia del personaggio interpretato dalla Seifert, merito anche della sua eccezionale prestazione, ti entra nella pelle, ti instilla uno, dieci, cento dubbi, e te lo porti addosso per qualche giorno, meditabondo, dubbioso, incerto su cosa sia vero o no, su cosa sia reale oppure no. Cage e “riformatori” delle esperienze cross-mediali-vattelappesca: prendeteli pure voi un po’ di appunti.

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