News 22 Dic 2015

GameSoul Top 5 – I Game of the Year di Icilio

Posizione n°1: Bloodborne

bloodborne

Tra i protagonisti delle foto profilo estive dell’utente medio Facebook ci sono gli occhiali da sole, le scottature, il mare, i sorrisi, la gioia di vivere. Nel mio caso, il protagonista era lui, Miyazaki-san, che ho avuto l’onore e il piacere di incontrare fuori dalla LA Memorial Sports Arena dopo una conferenza E3 di Sony da capogiro, tra un The Last Guardian e un Final Fantasy VII Remake. Ero già divorato dalla gioia e dall’emozione (oltre che dalla stanchezza), e strappare una foto ad uno dei miei idoli del game design (grazie Giovanni “Dix@n”!) è stata la proverbiale ciliegina sulla torta. Lo so, in realtà non c’entra nulla. Però volevo farvi capire qual è il mio rapporto con le sue opere, quelle targate From Software, che venero sin dai tempi di Demon’s Souls, e dal delizioso (ma tremendamente spietato… sì, pure lui) 3D Dot Game Heroes (il più cazzuto tributo a Zelda della storia), e giustificare la prima posizione della mia Top 5.

Bloodborne è il gioco per il metallaro che non deve chiedere mai. È nero, è gotico, è stracolmo di sangue lupi mannari senza per questo risultare pacchiano. Tributa Lovecraft con tante sottigliezze (alcune in realtà grandi come cattedrali), concettuali e non, mette in movimento alcune delle sue visioni, concretizza quanto di più astratto abbia partorito l’oscuro maestro di Providence, ma anche il nipponico e visionario designer, il Frankenstein dei giorni nostri, in grado di infondere la sua personalità sopra le righe in ogni sua creatura. Ha inoltre rappresentato un punto di svolta per la saga “spirituale” dei Souls, spalancando le porte dell’inferno ad un pubblico impensabile fino a qualche mese va, passato dal vantarsi del proprio ratio kill/death di Call of Duty a discernere di build, statistiche e segreti, di cui il gioco è, come da tradizione, pieno. E no, niente paura: dal poco che ho provato di Dark Souls 3, e dai calci alle rotule ricevuti, no, niente ammorbidimenti, niente casualate, niente zuccherini per i poveri stolti incuriositi da questa serie di cui tanto si parla.

Cosa mia è piaciuto? Una lore più contorta e sopraffina che mai, più leggibile, ma occulta, malsana, distorta, criptica, morbosa, e nera anch’essa come la pece. Matrimoni di sangue, citazioni sublimi, castelli divorati dal gelo, foreste infestate, fogne più sporche del colon di un demone, e persino creature, forse, di un altro pianeta. È il contorno, il non detto, l’imperscrutabile che rende superiori le opere di From Software, e che mi ha fatto innamorare di Bloodborne. Insieme alle bastonate nelle gengive costantemente ricevute, ai Calici, sapiente trovata in grado di allungare il brodo col minimo sforzo e il massimo risultato, al gameplay più rapido e scattante che mi ha costretto a spogliarmi delle tattiche, delle certezze, di tutto ciò che mi permetteva di affrontarlo a testa alta, dando per scontato di trovarmi al cospetto di un Dark Souls con su un vestito più bello e goth. Mi ha tolto il giubotto, i guanti, la sciarpa, e mi ha buttato per strada, al freddo e al gelo, col culo per terra, senza difese, senza scudo, costringendomi ad imparare nuove regole, nuove leggi non scritte. Ed è stato tutto fottutamente bello, intenso, appagante, divertente. Anche dopo l’ennesima morte contro Amygdala, o contro la Figlia del Cosmo, quella maledetta Ebrietas che mi ha fatto sputare sangue. Perché altrimenti che gusto c’è a premere qualche tasto ogni tanto, a cervello spento?


 

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