Dovessimo semplificare ai minimi termini cosa e come sia Godfall, nuova opera di Counterplay Games, lo descriveremmo come un Destiny a base di sole armi bianche. L’intento non è di sminuirlo, nonostante lo spettro di Bungie aleggi tanto nella struttura ludica quanto nel design dell’interfaccia, tutt’altro: l’idea alla base del progetto, non emersa in maniera così chiara dai confusi trailer pubblicati in fase di annuncio, è interessante, e perlopiù funziona, perché se di looter/shooter ne sbucano fuori uno al mese, non è altrettanto frequente mettere le mani su un looter/slasher.
Il team californiano è composto da veterani dell’industry (tra le sue fila c’è gente che ha lavorato a God of War, Horizon: Zero Dawn, Diablo III e Bioshock Infinite, per citarne solo alcuni), il supporto di un grosso publisher come Gearbox non passa di certo inosservato, e il risultato è un titolo che trasuda classe e mestiere da tutti i pori, a partire dal suo ottimo combat system, vero e proprio fiore all’occhiello della produzione. Peccato solo per tante piccole, grandi storture che lo depotenziano, lasciando l’amaro in bocca nel ritrovarsi tra le mani un titolo di lancio di PlayStation 5 (ricordiamo però che è disponibile anche su PC e arriverà su Xbox) divertente, ma molto grezzo e lontano dai livelli qualitativi che ci si aspetterebbe da uno studio con un simile pedigree.
Uno dei primi elementi che confondono il giocatore è la trama, contorta sin dall’inizio, che ci vede impedire l’ascesa del folle Macros nei panni del fratello Orin, misteriosamente tradito, e ultima speranza, insieme al Settimo Sanctum, di salvare Aperion. Il team, senza però troppo successo o riuscendo realmente a coinvolgere, prova ad offrire dettagli sparsi qua e là in collezionabili nascosti nei tre vasti mondi in cui hanno luogo le missioni. Le informazioni vengono ordinatamente riportate in un codex da leggere con calma nell’hub principale del gioco, dove potenziare armi ed equipaggiamenti tramite la Forgia, allenarsi in una futuristica versione della Sala dello Spirito e del Tempo di dragonballiana memoria, e scegliere la prossima mossa, optando per varie tipologie di quest. Ognuna di esse suggerisce un livello consigliato (od obbligatorio), tra principali, missioni di caccia (che culminano con l’eliminazione di più o meno i medesimi boss e mid-boss), e sezioni più libere in cui si può andare a caccia di segreti, forzieri nascosti o protetti da misteriosi sigilli, o dedicarsi al puro farming di equip e di punti esperienza per livellare un po’ quando ci si sente troppo deboli.
Ecco però che iniziano i primi problemi, con strutture delle missioni già di per sé molto basilari, e il gioco stesso che impone di ripeterle più e più volte per poter guadagnare l’accesso alla main quest successiva, una soluzione pigra che chi è abituato ai looter/shooter non ha problemi a concepire e accettare, ma che con uno sforzo in più sarebbe risultata meno palese e noiosa. E tra una certa stanchezza che si inizia a respirare già a metà avventura e una trama sempre più sconclusionata e delirante, a spronare il giocatore ad avanzare è principalmente la fame di loot (che è ricco, abbondante, e non prevede limiti nel trasporto quindi non baderete troppo alla gestione del peso dell’inventario), sebbene alla causa contribuisca, e non poco, anche l’appagante sistema di combattimento, come detto il vero fiore all’occhiello di Godfall.
Nella nostra esperienza di gioco, è stato più il secondo a intrattenerci, coinvolgerci, farci apprezzare nel complesso il titolo di Counterplay Games, al netto dei suoi innegabili difetti: un attacco leggero e uno pesante, da combinare con combo, numerose tecniche, alterazioni e non poche meccaniche, ma tutte ampiamente digeribili, tra parate, scudo utilizzabile a sua volta come arma (anche a distanza), o lo Sgretolanima, che permette di accumulare danno parziale per poi toglierlo tutto d’un fiato con un ultimo colpo ben assestato con il grilletto destro (con tanto di trigger adattivo che entra in funzione e richiede uno sforzo extra per essere realizzato). Il tutto da scatenare sui poveri malcapitati impugnando una marea di armi, suddivise in 5 categorie differenti e 5 gradi (dal Comune al Leggendario), ognuna con bonus, tecniche e feeling propri (quest’ultimo enfatizzato dall’ottimo supporto al feedback aptico), e dal design irresistibile.
Il risultato è un sistema combattimento molto fisico, appagante, semplice da approcciare ma arduo da padroneggiare, soprattutto nelle boss fight principali, dove sono fondamentali anche il tempismo nelle schivate e nei parry, oltre che lo studio dei pattern di attacco. Le combinazioni attuabili sono tante, sufficienti a spronare il giocatore a sperimentare di continuo (grazie anche a una IA cattiva il giusto), e a sfruttare l’ennesima missione ripetuta per testare una delle numerose abilità sbloccate (tra attive e passive e bonus), o qualche bonus aggiunto via le restanti componenti dell’equipaggiamento (ciondoli, amuleti, anelli, o lo stendardo da piazzare sul campo di battaglia).
Il bilanciamento della difficoltà è indubbiamente il problema principale del gioco
Avremmo gradito qualche ulteriore variabile garantita dal cambio di Valorpiastre, le armature dei cavalieri valoriani che il buon Orin potrà sbloccare e indossare in azione. L’unica vera differenza sarà estetica, e da quel punto di vista non deludono, almeno per quanto ci riguarda. L’intero art style ha un gusto tutto suo: a prima vista ci era parso esagerato, ai limiti del kitsch, complice anche un reparto di effettistica studiato per spingere al massimo l’hardware della console, anche con dettagli fini a se stessi (particellari over 9000 e superfici riflettenti a rotta di collo), ma alla lunga siamo ben felici di affermare che non ci ha saturato più di tanto, un’impresa vista la mole abbacinante di dettagli a schermo. Tanto le ambientazioni quanto le armi e le armature, non spiccano per originalità, e non provano nemmeno a nascondere le molteplici influenze, ma in generale ci sono piaciute, con alcuni scorci suggestivi, e pezzi di artiglieria da cui difficilmente vorrete separarvi, preferendo magari qualche nuovo gingillo con un utile bonus elementale.
Duole però far notare che la lista delle cose che non vanno in Godfall sia non meno ricca: compenetrazioni anti-estetiche, cali di frame-rate non così sporadici (in particolare quando si apre una cassa a fine missione), telecamera mal gestita in alcune situazioni (certe tecniche, o quando si sale di livello, con un antiestetico e spaesante “reset”), l’assenza di salto che costringe a spostarsi solamente usando inutili e farraginosi ganci/teletrasporti, oggetti (soprattutto sfere di ripristino della salute) che non vengono recuperati correttamente, ma i problemi principali riguardano indubbiamente il bilanciamento della difficoltà.
Morire a Facile e Normale vi riporterà nei pressi dello scontro, con nemici con la stessa salute a cui li avete lasciati prima di soccombere, rendendo così inutile la necessità di impegnarsi a non morire; a Difficile i respawn sono solo 3, ma avremmo preferito una via di mezzo tra i due estremi. Inoltre, nonostante richieda la connessione perenne, Godfall, paradossalmente, dà il meglio di sé in solitaria: al netto di qualche brusca impennata con boss e missioni che diventano improvvisamente insormontabili (ma nulla che qualche mezz’ora di farming non risolva), è da soli che ve lo godrete come si deve, in quanto in coop (senza matchmaking, solo su invito fino a un massimo di 3 giocatori), non c’è un livellamento dell’IA o un aumento dei nemici su schermo, il che si traduce in scontri super-semplici e banali.
La comunicazione che ha accompagnato l’annuncio e e l’arrivo nei negozi di Godfall non ha di certo brillato per chiarezza o impatto, focalizzandosi perlopiù sulla forma, tralasciando il pur buon contenuto. Una corsa all’eccesso evidente anche in ogni minimo dettaglio messo su schermo da Counterplay Games, che in alcuni elementi del suo ambizioso progetto ha davvero calcato troppo la mando, andando, forse, a finire tempo e risorse su altro che avrebbe invece richiesto qualche attenzione in più. Il risultato è un buon gioco ma che sa di occasione sprecata, in cui valido combat system riesce a sorreggere l’intera impalcatura, ma non senza scricchiolare. È però il bilanciamento della difficoltà, tolti alcuni problemi tecnici e una mancanza cronica di originalità, il vero problema di questo peculiare looter/slasher, che vive in un controsenso perenne: la ripetitività delle missioni e l’assenza di una trama realmente avvincente potrebbe tranquillamente passare in secondo piano giocando in compagnia di altri 2 amici, ma la mancanza di equilibrio rende di fatto le sessioni in co-op una passeggiata di salute, sminuendo il valido combat system. Un cane che si morte la coda, e che non permette a Godfall di brillare. |