Thronebreaker
19 Feb 2020

Thronebreaker: The Witcher Tales – Recensione (PC & Switch)

Sono passati due anni dall’ultima volta che abbiamo visto Geralt di Rivia sui nostri schermi. Lo strigo ha lasciato un buco difficilmente colmabile nel cuore di tanti appassionati, chi vi scrive compreso. Certo, l’idea di tornare a giocare a Gwent per ingannare l’attesa per il prossimo lavoro di CD Projekt RED era allettante, ma francamente non era abbastanza. I fan volevano nuove storie, nuovi racconti e nuove avventure nella bellissima ambientazione di The Witcher. La campagna single player di Gwent era l’occasione perfetta per riportarci in quell’universo, ma è stato subito chiaro che le le ambizioni del team di sviluppo erano ben più grandi di quanto previsto. Ed è così che siamo arrivati a Thronebreaker, praticamente un gioco stand-alone con una sua campagna principale ben definita, nuovi personaggi e moltissime nuove esperienze da vivere.

Certo, l’impegno più grande per i ragazzi polacchi è sicuramente lo sviluppo di Cyberpunk 2077, ma se pensate che questo titolo sia una sorta di tutorial per imparare a giocare a Gwent vi sbagliate di grosso: Thronebreaker ha tutte le carte in regola (perdonate il gioco di parole) per considerarsi un vero e proprio spin-off di The Witcher. Tornano quindi le ambientazioni aperte, le interazioni con i personaggi non giocanti e ovviamente i dialoghi a scelta multipla che determineranno il destino di un intero regno, quello di Lyria e Rivia.

In questo gioco infatti non prenderemo il controllo di Geralt, il nostro ammazzamostri preferito, ma ci caleremo nei ben più pesanti panni di Meve, fiera e coraggiosa condottiera e regina che dovrà fronteggiare l’arrivo di un nemico formidabile, ovvero l’impero nilfgaardiano di Emhyr var Emreis.

Thronebreaker the witcher tales
La qualità dei paesaggi e delle ambientazioni è ottima.

Anche l’approccio al mondo di gioco è cambiato drasticamente: non ci troviamo più di fronte a un action-RPG in terza persona,  bensì a un più classico e retrò CRPG fatto e finito, per la gioia dei puristi amanti dei giochi di ruolo vecchio stile. L’avventura di Meve è infatti più vicina a un “Pillars of Eternity” che non a The Witcher 3: la visuale è isometrica, i controlli sono semplificati e quando muoveremo Meve avremo poche possibilità di interazione ambientale. La nostra regina potrà raccogliere risorse, parlare con i personaggi non giocanti ed esplorare la mappa di gioco semplicemente con un clic del mouse o con la levetta sinistra del nostro controller. Quello che stupisce quasi immediatamente è però l’incredibile cura che CD Projekt RED ha infuso nella realizzazione del mondo di gioco, che sembra quasi un dipinto animato, ben lontano dalla pixel-art retrò alla quale siamo stati abituati dai più o meno recenti “figli” di Baldur’s Gate. Onestamente questo tipo di approccio, oltre che essere differente dalla concorrenza, caratterizza Thronebreaker dandogli uno stile grafico tutto suo che non può non essere apprezzato da qualunque amante del genere.

Questa scelta di stile viene glorificata ancora di più dai dialoghi e dalle battaglie, particolarmente belli e fluidi da vedere. Mi è sembrato inoltre che il labiale dei personaggi fosse sincronizzato con i dialoghi pronunciati dai personaggi (per la prima volta dal primissimo The Witcher troviamo un gioco localizzato interamente in lingua italiana, doppiaggio incluso). Lasciati i fronzoli grafici alle spalle, terminiamo il “breve” tutorial fino al villaggio di Torrenfalco. Da quel punto in poi, la nostra bella regina Meve avrà tutta la libertà tipica dei giochi di CD Projekt RED: la missione principale sarà sempre evidenziata sulla mappa, ma nulla ci impedirà di muoverci, esplorare, parlare con i locali e imbarcarci in quest secondarie per immergerci ancora di più nel lore del mondo di The Witcher. E non illudetevi, di cosa da fare ce ne sono a bizzeffe: trovare bauli d’oro, cercare tesori sepolti grazie a mappe trovate chissà dove, abbattere drowner, uccidere streghe dei sepolcri e aiutare la brava gente. Insomma, tutto in questa produzione ricorda il DNA di The Witcher, comprese le scelte morali più o meno complesse che dovremo compiere per la nostra personalissima visione di un bene superiore.

Thronebreaker ha tutte le carte in regola per essere un vero e proprio spin-off di The Witcher

Sulla trama di Thronebreaker ci sarebbe molto da dire e parecchio da raccontare, a partire dai personaggi principali, ben caratterizzati e approfonditi. Lo so che tutti fremete per rivedere i vostri personaggi preferiti dalla saga di The Witcher, e in un certo senso Thronebreaker non vi deluderà, offrendovi una pletora di vecchie conoscenze e simpatici cameo anche legati al mondo di Gwent. Non preoccupatevi comunque, perché già dopo poche ore di gioco sarete totalmente immersi nel lore e nella bellissima campagna principale: CD Projekt ci ha abituato a storie intriganti e più in generale a un comparto narrativo ben studiato, specie durante gli ultimi anni, e sono felice di dirvi che Thronebreaker non fa eccezione. L’avventura della regina Meve ha qualcosa di affascinante, magico e differente, pur rimanendo fedele a quello che è ormai l’universo espanso di The Witcher, portandovi in posti mai visti prima nella saga e in altrettanti luoghi familiari e sempre iconici. Non voglio spoilerarvi nulla, ma sappiate che la trama, ancor più delle meccaniche del Gwent, è la vera e propria colonna portante di questa produzione polacca. Seriamente, seguendo la storia vi accorgerete che le battaglie con il mazzo di carte servono solo a dare un contesto all’utilizzo del Gwent, ma ai fini dell’esperienza di gioco sono quasi ininfluenti (tanto da poter essere totalmente eliminate in modalità facile).

Aspettatevi quindi una storia oscura e cruda, condita da mostri, intrighi di palazzo, tradimenti e dipartite più o meno improvvise: insomma, tutto quello che avete imparato ad amare durante la saga di The Witcher. Ma Thronebreaker ha anche un piccolo lato prettamente gestionale, basato sostanziamente su tre risorse: l’oro, il legname e le reclute. Il primo, inutile a dirlo, è quello che reperiremo durante i nostri viaggi, aprendo bauli nascosti e completando missioni. Il legname lo si ricava abbastanza facilmente esplorando semplicemente i dintorni e cliccando in giro su alberi, alberelli e pile di tronchi; i soldati sono un po’ più complessi da ottenere (sono infatti aumentabili abbassando stendardi nei villaggi e in alcune occasioni situazionali), e vanno così “investiti” in maniera oculata per rendere al meglio. Queste tre risorse possono essere spese in diverso modo: nel nostro accampamento, il quale riveste sostanzialmente la funzione di hub di gioco; per strada, per aiutare chi è in difficoltà o punire i malviventi; per mandare esploratori a rivelare posizioni nascoste sulla mappa e molto altro ancora.

[metaslider id=”291848″]

L’accampamento è il vero e propro cuore della nostra esperienza da “card game” di Thronebreaker: nel nostro insediamento è presente un campo di addestramento, quattro tende (tenda reale, tenda della mensa, tenda di comando e officina) ed eventualmente una torre di controllo. Da ogni tenda sarà possible controllare un diverso aspetto del gioco. La tenda della regina è dedicata infatti alle missive, alle pergamene ritrovate e al lore di gioco più in generale, e vi permetterà di esaminare con calma gli aspetti più legati alla trama principale e alla lotta di Meve per riprendersi il trono. La tenda della mensa è invece un luogo dove trovare diversi personaggi non giocanti e parlare per approfondire la conoscenza: un luogo più legato al mondo di The Witcher, che ripropone la classica taverna dove chiacchierare con i nostri alleati. La fucina ci darà accesso a vari potenziamenti per Meve, per l’accampamento e per il nostro mazzo. La tenda di comando è invece dedicata alla creazione, alla modifica e all’evoluzione del nostro mazzo di Gwent: tutte le battaglie, in Thronebreaker, verranno combattute infatti utilizzando il mazzo di carte da gioco a nostra disposizione.

Per chi non conoscesse il Gwent, facciamo un breve riepilogo: si tratta sostanzialmente di un gioco di carte collezionabili nel quale occorre schierare diverse unità dalla propria mano, ognuna delle quali è dotata di uno specifico valore matematico e di un’eventuale abilità speciale. Le “skill” delle carte permettono diverse azioni, come indebolire un’unità avversaria, distruggerla, potenziarsi e via dicendo. Un match è vinto se il totale dei nostri punti sul tavolo è superiore a quello del nostro avversario, e ogni partita si decide al meglio dei tre match. Ovviamente le regole sono molto più approfondite rispetto alla mia veloce introduzione, ma le meccaniche di gioco ruotano tutte intorno a questi pochi concetti che potrete approfondire semplicemente andando avanti nella campagna principale.

L’avventura della regina Meve ha qualcosa di affascinante e magico

Ogni volta che incontrerete un gruppo di ghoul, una strega dei fiumi, una compagnia di briganti o di soldati Nilfgaardiani dovrete tirare fuori le carte e affrontarli sul campo. Spesso il gioco vi metterà delle condizioni speciali di vittoria, limitando le vostre possibilità permettendovi di utilizzare solo determinate carte, alcune abilità specifiche e via discorrendo. Purtroppo ve lo devo dire, la difficoltà di queste sfide è abbastanza elevata. Specialmente all’inizio avrete difficoltà a vincere i match al primo colpo, e diverse sconfitte potrebbero alimentare la frustrazione nei giocatori più impazienti. La situazione peggiora per chiunque non si sia mai avvicinato veramente al mondo del Gwent: costoro non capiranno quasi nulla di quello che accade e potrebbero metterci più tempo del previsto ad acquistare familiarità con le meccaniche di gioco e con le condizioni di vittoria. A tutte le categorie sopracitate consiglio di iniziare il gioco in modalità facile, che permette di saltare completamente tutte le battaglie in caso non vi vada a genio questo singolare sistema di combattimento. I veterani del Gwent troveranno invece pane per i loro denti, con sfide degne di questo nome e persino la possibilità di sbloccare alcune carte trasferibili nel gioco di carte online.

Se tutto quello che ho scritto non vi basta a reputare Thronebreaker: The Witcher Tales un titolo degno del vostro tempo, lasciate che il bellissimo comparto audio vi aiuti con la vostra decisione, con musiche evocative e struggenti, alcune rivisitate dalla bellissima colonna sonora di The Witcher 3. La colonna sonora si sposa alla perfezione con avvenimenti e ambientazioni, migliorando ovviamente la vostra esperienza di gioco. Anche il doppiaggio italiano non è affatto male; certo, mancano alcune voci iconiche che oramai erano rimaste nel cuore di molti giocatori (come quella di Doug Cockle) ma il voice-over nostrato si è difeso piuttosto bene e ha dimostrato di non aver nulla da invidiare alla sua controparte anglosassone. Thronebreaker viene inoltre venduto a un prezzo decisamente interessante: 25,89 €, una price tag che pone il gioco di CD Projekt RED negli acquisti praticamente imprescindibili di quest’autunno. Giocando a Thronebreaker non ho riscontrato particolari bug o difetti di sorta, tranne qualche piccola mancanza di assett dovuta allo stato della build, al momento della recensone priva della patch day one. Nulla che abbia comunque inficiato la mia esperienza di gioco.

Versione Nintendo Switch

Dopo averci pienamente convinto su PC, prima, e successivamente anche su console, lo splendido spin-off targato CD Projekt Red approda finalmente anche in formato portatile, su Nintendo Switch, dove la sua natura mordi e fuggi viene impreziosita dalla possibilità di giocarlo anche in modalità, senza rinunce di alcun genere.

30 fps solidi, e una risoluzione a 1080p docked e 720p in handheld, che poco influisce sulla qualità generale, complice uno stile più artistico e meno incentrato sulla potenza bruta, per un’opera “minore”, ma pur sempre corposa.

Unica nota stonata, che denota un pelo di pigrizia da parte del team, è l’assenza dei comandi tattili: un peccato non sfruttare il touchscreen di Switch, sopratutto per le sezioni di Gwent. Per il resto però, Thronebreaker è godibile e impeccabile anche sulla console ibrida di Nintendo.

Testo della versione Switch a cura di Icilio Bellanima

 

Conclusioni

CD Projekt RED ha di nuovo dimostrato di essere in grado di creare giochi fantastici, a prescindere dal comparto grafico o dal genere stesso del titolo realizzato. I ragazzi polacchi hanno trasformato un gioco di carte in un bellissimo CRPG isometrico con un comparto narrativo davvero fantastico, degno della saga di The Witcher. L’avventura di Meve saprà catturarvi con facilità, tenendovi incollati per una trentina di ore mentre affronterete con lei minacce esterne e interne al regno di Lyria e Rivia, combattendo per il trono e per il vostro popolo.

Certo, le meccaniche del Gwent sono presenti e bisogna tenerne conto: non a tutti andanno a genio le battaglie forzate utilizzando un mazzo di carte invece che il classico set di skill e magia, ma va bene così, in quanto CD Projekt RED ha creato qualcosa di diverso e interessante, che vale la pena di essere giocato fino alla fine. Il prezzo, decisamente economico, dovrebbe spingere ulteriormente all’acquisto anche gli scettici. Insomma, Thronebreaker: The Witcher Tales è un aggiunta perfetta alle librerie di tutti gli appassionati di giochi di ruolo, di carte collezionabili e del mondo creato da Andrzej Sapkowski: un altro centro per i ragazzi di CD Projekt RED.


 

Recensioni in evidenza

Tutte le recensioni