Personalmente, da quando ho preso a guardare ai videogiochi come qualcosa più del semplice divertimento, mi sono resa conto di trovare molta soddisfazione nel confrontarmi con titoli unici nel loro genere. Ci sono naturalmente esempi di tripla A che mi rapiscono per il loro taglio artistico, registico e/o per un gameplay inattaccabile, ma cercando nell’ombra proiettata da certi capolavori si scopre molto più di quanto si pensa. Con questo non voglio dire che apprezzo a prescindere il risultato finale, però uno sviluppatore attirerà senza dubbio la mia attenzione se il suo prodotto sarà diverso da quanto visto fino a quel momento. Haimrik è uno di questi titoli: alla Gamescom del 2016 ne ho parlato molto bene perché trovarmi di fronte a un action adventure che fa dell’uso delle parole la sua meccanica principale, spingendo il giocatore letteralmente a estrarle dal testo sullo schermo, e arricchendo tutto con quel tocco cruento cartoonish che non guasta, be’, era qualcosa di nuovo per me.
Ah, non scordiamo poi l’essere in 2D e ambientato in un bizzarro mondo medievale, fra cavalieri, draghi, leonesse che una volta ci proteggono e l’altra tentano di sbranarci, procaci taverniere dalla lingua tagliente… insomma, c’è tutto quello che potrei volere da un’esperienza particolare, e trovarsi nei panni del povero scriba Haimrik mi ha per certi versi ricordato le avventure di Guybrush Trepwood il-temibile-pirata. Solo, purtroppo, meno affascinanti e coinvolgenti. Below the Game, lo studio di sviluppo dietro al gioco, non è estraneo a questo stile né alle meccaniche proposte: il loro primo gioco, Cinderella, si basava proprio sul far prendere vita alle parole in un avventuroso viaggio attraverso alcuni mondi delle fiabe. Proprio per questo, nonostante l’ambientazione del tutto diversa, mi aspettavo qualcosa che non fosse una copia carbone del precedente. Migliorato dal punto di vista artistico, caratterizzato dai toni seppia che ricordano una pergamena o le pagine di un antico libro, Haimrik si dimostra creativo ma viene penalizzato da alcuni aspetti che andrò ad analizzare a breve. Prima diamo un’occhiata veloce alla storia, che brucia un po’ le tappe ma offre il tipico viaggio dell’eroe.
Haimrik è uno scriba nel piccolo villaggio di Sinisa. Cerca di sbarcare il lunario, come gli ricorda implacabile la taverniera Jelena – di cui ovviamente è innamorato perso –, cercando successo in un posto di analfabeti. Insomma, non la migliore delle decisioni ma supportato dalla benevola madre, il giovane non si arrende e insiste nel suo lavoro. Nel regno si sta festeggiando il Giorno dell’Unità, a commemorare quando re Ulrich sconfisse il male che affliggeva le terre e le unificò sotto un unico dominio. A causa di una serie di sfortunati eventi, Haimrik si vede affibbiare l’onere (più che l’onore) di “eroe di Sinisa”, colui che guiderà la rivoluzione e porterà giustizia agli oppressi abitanti del regno; questo lo porterà a ricevere attenzioni sgradite ma un eroe non si tira mai indietro e il giovane scriba inizia così l’avventura che lo porterà ad affrontare i temibili Guerrieri della Parola, l’élite del sovrano in grado di fare delle parole l’arma più efficace e letale, e scoprire cosa si nasconde nel suo misterioso passato. Forse Haimrik è molto più di quel che sembra ma la verità si nasconde dietro le robuste mura del castello reale, prima delle quali si stagliano numerosi altri pericoli. Come può uno scriba qualunque riuscire da solo in un’impresa così titanica? Attraverso il potere delle parole, naturalmente! La trama purtroppo non è molto interessante, trascinandosi per tutta la prima metà ed esplodendo poi in una serie di rivelazioni una in fila all’altra e nemmeno troppo sorprendenti, una colpa che in parte giustifica l’opinione non troppo positiva verso questo titolo. Il resto si rifà a un gameplay che rappresenta le fondamenta del gioco, è molto distintivo ma non osa più di quanto avrebbe potuto: di nuovo, un peccato perché con qualche accorgimento in più l’esperienza ne avrebbe giovato.
Haimrik ha degli spunti interessanti ma non li sfrutta come potrebbe
L’approccio di Haimrik è molto interattivo. Le parole che raccontano le diverse sezioni rappresentano il percorso lungo il quale il personaggio si muove e con cui, all’occorrenza, interagisce sia per risolvere enigmi sia per sbarazzarsi dei nemici. Per esempio, durante il tutorial sono incappata in una porta chiusa, ma nel testo era suggerita la presenza di una chiave: fermandomi sulla parola e tenendo premuto triangolo sono riuscita a estrarre proprio la chiave che mi serviva. Questo concetto verrà sfruttato per tutto il corso del gioco, evolvendosi e adattandosi alla situazione a mano a mano che si procede; non abbastanza, purtroppo, per offrire un vero senso di sfida nonostante una progressiva curva dell’apprendimento. Dal semplice spegnere il fuoco con un secchio d’acqua ci troveremo a dover scappare dai briganti mentre cerchiamo di raffinare una pietra preziosa seppellita nelle profondità di buie miniere prossime a crollare, ma nonostante la perseveranza e concentrazione richieste, un ritmo bene o male sostenuto e piacevole, Haimrik non riesce davvero ad alzare la testa – complice anche un cambio di meccaniche che se da un lato è apprezzabile, spesso potrebbe creare qualche impiccio. Mi riferisco al passaggio da una visuale 2D a una 2.5D, che se da un lato è un’opzione interessante in grado di offrire al gioco una certa diversità visiva, i controlli possono risultare scomodi in questi momenti; estendo la critica anche al combattimento in 2D, poiché raccogliere una spada o una qualsiasi arma volta a infliggere danno per poi sferrare fendenti contro l’avversario si trasforma in un button mashing per infliggere più danni rispetto all’avversario anziché in una prova di abilità. Oppure, una volta capito il trucco, in un continuo menar fendenti (massimo un paio) e poi scattare indietro, e così via fino a quando il nemico non muore. Di per sé non rappresenta un grande ostacolo ma interrompe più volte l’immersione del giocatore.
Dalla sua, Haimrik offre degli incontri validi fra nemici standard e boss. Sempre riferendomi al tutorial, per esempio, ci si trova di fronte a un drago da sconfiggere passando dal 2D al 2.5D quando si tratta di puntare la balestra al cuore e scoccare frecce. È un combattimento che tiene sempre sulle spine, grazie alla presenza di due scudi con cui difendersi dalle fiammate della creatura, tuttavia è sempre presente l’impressione che il gioco – pur non essendo mal progettato – sia invece mal strutturato, ovvero avrebbe potuto essere messo insieme meglio quando si tratta di implementare meccaniche che dovrebbero alimentarsi le une con le altre. L’estetica è probabilmente l’aspetto che brilla di più in Haimrik, con i suoi disegni su uno sfondo color seppia che valorizza di più i frequenti schizzi di sangue che tingeranno lo schermo, siano essi vostri o dei nemici. Peccano invece la colonna sonora, molto medievale e nel complesso discreta ma troppo ripetitiva, nonostante il ritmo cambi a seconda di cosa Haimrik stia facendo, e la localizzazione italiana: dovendo adattarsi allo stile di gioco e allo spazio a disposizione, spesso alcune frasi risultano troppo contratte o macchinose, mentre in altri sporadici casi ci sono delle nette differenze di senso, ad esempio, dalla versione inglese, lasciando incerti su come proseguire. È un peccato dunque che un lavoro di base valido e avvincente sia stato penalizzato da una storia priva di mordente, alcuni elementi di gameplay poveri e la mancanza di evoluzione nelle funzionalità. Detto ciò, rimangono i complimenti verso gli sviluppatori per aver provato a proporre qualcosa di nuovo: se dovesse essere previsto un seguito, mi auguro facciano tesoro delle recensioni e migliorino un gioco che ha potenzialità di base. Soprattutto, spero espandano meglio l’interazione con il mondo al di fuori del libro, evitando di inserire personaggi che non apportano nulla alla trama ma la trascinano molto lentamente in avanti.
L’interessante concept di Haimrik è frenato da una storia molto debole e alcune pecche nel gameplay. Il gioco si distingue per il suo particolare stile grafico e una meccanica di base intrigante, questo non lo si può negare, ma zoppica ancora nel fondere al meglio tutti i suoi elementi. Non posso parlare di un brutto gioco, anzi, di fatto è divertente e piuttosto competente quando propone alcuni puzzle, tuttavia non si possono trascurare problemi manifestati con tanta evidenza. |
Commenti