La saga di Hitman ci accompagna oramai da due decadi, ed è considerata dai più come una delle serie stealth più apprezzate di sempre. Non che questa affermazione possa essere contraddetta; il calvo e silenzioso protagonista della saga è diventato sostanzialmente l’incarnazione dello stealth game, forse ancora di più, che ci piaccia o no, di personaggi considerai dei mostri sacri del videoludo come Solid Snake. Dopotutto le potenzialità di 47 hanno portato al brand ben due titoli al cinema, anche se entrambi (purtroppo) di spessore trascurabile.
Ma torniamo a noi: IO Interactive è pronta a intrattenerci con l’ultimo, nuovo capitolo della saga di Hitman, che va a concludere la trilogia del “World of Assassination” iniziata quattro anni fa con il reboot della saga. Anche questa volta seguiremo le vicende di 47, un killer su commissione creato in vitro per essere il più letale sicario del mondo. Il nostro protagonista dagli occhi glaciali è alle calcagna di Providence, una organizzazione segreta simil-illuminati che detiene il vero potere nel mondo; assieme a lui ci sono diverse figure chiave del mondo di Hitman, come il suo vecchio amico (nonché numero 6) Lucas Grey, Olivia Hall e la onnipresente Diana Burnwood, la voce dell’elusiva Agenzia.
Prima di partire con la recensione però è bene sapere che questo titolo si integra perfettamente nell’ecosistema del World of Assassination, lasciando al giocatore la liberà di rigiocare a tutti i titoli della serie Hitman, a patto che siano presenti nella vostra libreria, con tutte le migliorie e le novità introdotte da Hitman III.
Iniziamo a parlare dell’ultimo lavoro di IO Interactive dalle basi: la trama, che ora più che mai acquista un posto più preponderante nel sandbox dedicato all’omicidio. Dopo essersi riunito a suo “fratello” Lucas Grey, altro sopravvissuto agli esperimenti del dottor Ort-Meyer, 47 è più determinato che mai nel voler abbattere i pilastri di Providence. Questo ultimo capitolo pone infatti più attenzione al legante narrativo che c’è fra un omicidio e l’altro, lasciando che una trama più coinvolgente che in passato coadiuvi il ricco gameplay, mentre passiamo da una location all’altra. Certo, non si tratta di una scrittura da capogiro, ma qualche colpo di scena c’è e aggiunge corposità a un titolo famoso più per le molteplici possibilità di assassinio che per comprimari memorabili. Purtroppo, a volte la scrittura pare essere stata un po’ frettolosa e non ci permette di provare abbastanza empatia con alcuni personaggi che avrebbero potuto essere oggetto di un po’ più di screentime. Lucas Grey stesso, un personaggio forse fondamentale nel reboot di IO Interactive, cresciuto e diventato tritagonista nei capitoli precedenti, non ha tutto lo spazio che si meriterebbe (senza contare il disorientamento che potrebbe causare nei giocatori che non abbiano mai toccato la nuova serie di Hitman).
Una trama più coinvolgente che in passato coadiuva il ricco gameplay
Il gioco fa comunque un lavoro migliore dei precedenti capitoli nell’integrare la narrazione attiva con il gameplay, grazie all’introduzione delle “storie” all’interno nelle missioni. I giocatori alle prime armi rischiavano in passato di rimanere spaesati di fronte alle innumerevoli possibilità che ogni ambientazione sandbox di Hitman andava ad offrire, disincentivando i novizi ad avvicinarsi alla saga. Con l’introduzione delle “storie”, in ognuna delle sei ambientazioni presenti nel gioco troveremo diversi agganci narrativi che permetteranno a 47 di seguire una determinata pista per avvicinarsi al suo bersaglio. Un esempio? In determinate ambientazioni potete travestirvi da fotografo per aver accesso alla casa del bersaglio, avvicinarvi a lui e avere un istante da soli insieme… E un istante è tutto ciò che serve a 47. Diventare un tecnico per sabotare un MIG Sovietico in modo che espella il vostro obiettivo. O risolvere un omicidio nei panni di un famoso detective di Londra per avvicinarvi al bersaglio. Insomma, ognuna di queste piste riduce leggermente la libertà di 47, ma in cambio otterremo nuovi piccoli obiettivi da seguire (come fossero quest secondarie), nuovi dialoghi e maggiore profondità narrativa, oltre che una piacevole immersione nella lore di Hitman. Mi soffermo particolarmente su questo punto perché, più che le innovazioni al gameplay, trovo che le storie siano il vero nuovo incentivo per avvicinarsi al World of Assassination. D’altronde non siamo tutti maghi dello stealth e avere dei binari da seguire spesso aiuta, oltre che aumentare di un pochetto la sensazione che il mondo di gioco sia vivo. L’esperienza di gioco ne giova, chiaramente, arricchendosi di nuove possibilità e opzioni.
Passiamo adesso al gameplay, che si basa sui pilastri già visti e conosciuti delle due precedenti iterazioni del brand. Protagonista assoluto di Hitman III è il silenzioso 47, una sorta di superuomo addestrato per essere il sicario perfetto. Nei suoi panni dovremo pianificare le missioni, scegliere l’equipaggiamento e la location di partenza e poi infiltrarci in sei diverse ambientazioni sandbox per uccidere uno o più bersagli nel modo che crediamo più consono. 47 è un maestro dell’inganno e dell’improvvisazione, ed è dotato di molteplici abilità: può scassinare una serratura, arrampicarsi su un edificio, sabotare veicoli, percepire il suo bersaglio a decine di metri e via dicendo. Tutto questo in aggiunta alla sua innata capacità di rendere un’arma letale praticamente qualsiasi cosa, da un piatto di sushi a una chiave inglese passando per un cacciavite e una zappa da giardino. L’unico limite che abbiamo per uccidere un bersaglio è, sostanzialmente, la nostra immaginazione. Lo sa bene IO Interactive, che ha confezionato la conclusione della trilogia del World of Assassination in modo da rendere ancora più divertente l’esplorazione, il travestimento e l’infiltrazione.
47 è un maestro dell’inganno e dell’improvvisazione
Non aspettatevi una rivoluzione però: Hitman III segue più o meno fedelmente la strada tracciata dai suoi due predecessori, andando a introdurre alcune novità e modificando qualcosina, ma il succo rimane quello. Forse si può rimproverare a IO Interactive di non avere avuto abbastanza fiducia in 47 per osare qualcosa di nuovo, ma nel complesso trovo questo terzo capitolo corposo e soddisfacente, al pari degli altri due. Dopotutto con la prima e la seconda iterazione del reboot c’è un’integrazione praticamente totale, e tutte le novità introdotte da Hitman III possono essere utilizzate anche nei primi due titoli firmati da IO Interactive direttamente dal menù di gioco di questo terzo capitolo, a patto che siano presenti nella vostra libreria di gioco. Volendo, potete cominciare dal primo Hitman e ripercorrere la storia di 47 attraverso i tre episodi come un unico, grande gioco.
Le novità di gameplay introdotte in questo terzo capitolo riguardano principalmente all’esplorazione. Innanzitutto, in ogni ambientazione sandbox sono presenti alcune scorciatoie a senso unico che si attivano permanentemente. Mi spiego meglio; un po’ come in Bloodborne (lo so, il paragone è un po’ strano) aprendo una scorciatoia questa sarà disponibile permanentemente, anche nel caso in cui decidessimo di rigiocare lo stesso livello per provare approcci diversi. Aprire una porta segreta, sganciare una scaletta e via dicendo acquistano così tutt’altro significato nell’ottica della rigiocabilità del nostro titolo; in una seconda run potremo così entrare da un’altra parte, prendere un travestimento diverso e via dicendo.
In Hitman III è poi presente una fotocamera che no, non serve a entrare nella Photo Mode onnipresente in molti titoli, bensì ha una funzione molto più connessa alla natura della serie. La fotocamera è un’oggetto predefinito, il che significa che entrerà nell’equipaggiamento di 47 sin dall’inizio di ogni missione. Dopodiché potremo usarla sul campo in diversi modi: puntandola su alcune chiusure elettroniche, la fotocamera permetterà al nostro aiuto in remoto di “hackerarle” e sbloccarle, garantendoci un nuovo ingresso. La fotocamera è poi in grado di analizzare alcuni documenti, computer o tablet. Insomma, è un nuovo strumento davvero utile alle nostre infiltrazioni stealth; certo, non guasta che possa essere anche usata per… Scattare semplici foto ricordo, da tenere da parte. Niente filtri o pose strane però.
Un prodotto completo, in grado di soddisfare la nostra voglia di stealth
Dal punto di vista tecnico, Hitman III non si discosta particolarmente dai suoi predecessori, ma posso dire che il Glacier Engine, motore di gioco creato da IO Interactive, fa la sua figura regalando alcuni scorci davvero mozzafiato, come i grattacieli inarrivabili di Dubai, le atmosfere cyberpunk di Chongqing o le lugubri ambientazioni dei Carpazi. Peccato per i modelli degli NPC, che sono spesso ripetuti e un po’ legnosi. Inoltre, è presente qualche piccolo bug, ma nulla che possa davvero inficiare la vostra esperienza o rovinarvi l’immersività in gioco. L’IA di gioco è bilanciata ma ha qualche piccola pecca; mi spiego meglio: mi è capitato di uscire fuori da un balcone con un bersaglio, chiudere la porta e accopparlo senza che le guardie dicessero nulla, pur avendo i vetri trasparenti. Strano, davvero. Avrei pensato fosse un bug, non fosse che è capitato più volte; un vero peccato.
Per quanto riguarda 47 stesso, risulta ben animato e “visivamente privo di emozioni”, come al solito. Hitman III più in generale sembra più un’estensione di tutto quello che il World of Assassination è stato finora più che un vero e proprio sequel con un’anima a sé stante. In un certo senso, l’intera trilogia andrebbe giocata tutto d’un fiato per comprendere appieno la bontà del prodotto di IO Interactive.
Il comparto audio è altrettanto interessante, con il ritorno della voce profonda e dura del 47 di David Bateson, che torna anche per questo terzo capitolo assieme a Jane Elizabeth Perry, voce storica di Diana Burnwood. Tutto il doppiaggio in realtà è ottimamente realizzato e aiuta a portare il giocatore nel “World of Assassination” immaginato da IO Interactive. La colonna sonora è cupa quanto basta, con i toni composti da Jesper Kyd, ultra veterano del settore. Per farvi capire, Kyd è il compositore dietro a Assassin’s Creed II, Forza Motorsport 4 e anche il più recente Assassin’s Creed Valhalla.
Hitman III è la conclusione di una trilogia che ha saputo reinventare con modernità la storia dell’Agente 47: non prendetelo come un sequel che vuole rivoluzionare la saga, bensì, se posso fare un’analogia azzardata, come l’ultimo capitolo di un libro che vi ha preso molto e con il quale avete passato innumerevoli e piacevoli serate. Un prodotto completo, in grado di soddisfare la nostra voglia di stealth come pochi altri giochi al momento: potrete divertirvi ad abbattere bersagli nel modo più creativo possibile, prendendovi tutto il tempo necessario a pianificare l’omicidio perfetto o entrare mitra in mano e scatenare un pandemonio di terrore e pallottole. La scelta è vostra, ma ovviamente questo titolo spinge affinché usiate la creatività e non l’arsenale. E quando lo farete, scoprirete quanto Hitman III sia divertente e perché è uno degli stealth game migliore del suo genere. |