I ragazzi inglesi di Dambuster Studios risorgono dalle ceneri di THQ riprendendo un marchio con una storia travagliata come quello di Homefront, che è dovuto passare attraverso un duro percorso prima di giungere sui nostri schermi. Ma partiamo dall’inizio: Homefront è stato uno sparatutto in prima persona sviluppato da Kaos Studios per THQ, prima della chiusura dello stesso publisher per fallimento. Prendendo le redini del marchio dopo il non troppo amato primo capitolo, Crytek e Deep Silver hanno investito nello sviluppo di Homefront: The Revolution, uno sparatutto in prima persona con dinamiche open world, nettamente in contrasto con il precedente episodio della serie. Tuttavia, a causa di problemi finanziari, Crytek dovette vendere i diritti del brand a Koch Media, compagnia che sta a capo di Deep Silver. Dopo le continue ristrutturazioni del personale, fu il neonato Dambuster Studios di Nottingham a portare avanti il progetto di Homefront: The Revolution. Siamo quindi arrivati ai giorni odierni, e gli sviluppatori ci portano a Philadelphia nel 2029, in un futuro distopico dove la Corea del Nord ha invaso e conquistato gli Stati Uniti d’America.
Sin dalle prime battute del gioco capiamo infatti che nella fittizia ambientazione di Homefront: The Revolution, le guerre nel medio oriente hanno dissanguato gli americani, che hanno dovuto indebitarsi sempre di più con la Corea per i rifornimenti di tecnologie, armi e veicoli. Questo comportamento politico ed economico ha condotto il governo USA ad una vera e propria situazione di dipendenza dai prodotti nordcoreani, oramai presenti nelle case di ogni americano grazie alle martellanti campagne mediatiche delle industrie Apex. A causa di una contromisura nascosta nelle tecnologie nordcoreane, al governo di Pyongyang è bastato premere un pulsante per disattivare tutti gli apparecchi “made in Corea” sul suolo americano, disarmando di fatto una potenza internazionale come gli Stati Uniti d’America in un istante.
Da lì in poi la conquista ed il degrado delle metropoli, ridotte ad un guscio annichilito dalla guerra e ricettacolo di povertà e malcontento. Quella che ci viene mostrata è una città devastata dalle cicatrici della guerra, dove la gente comune soffre la fame in un pressante regime di polizia che impiega pattuglie chiamate “pacificatori” (che ricordano quelli di The Hunger Games) e fa un massiccio uso di droni, i quali scansionano ininterrottamente la popolazione alla ricerca di sovversivi e rivoluzionari. Philadelphia è controllata e governata da una società che va ben oltre la visione orwelliana del mondo. Facciamo quindi la conoscenza del nostro protagonista, il silenzioso Ethan “Birdy” Brady, appena arrivato a Philadelphia per incontrare un importante membro della resistenza: Benjamin Walker, la “Voce della Libertà” in persona, che ha guidato con le sue parole la ribellione contro l’invasione nordcoreana.
In termini di gameplay, ci troviamo di fronte ad una mappa suddivisa in distretti: non stiamo parlando di un open-world vasto come quello di Fallout o The Witcher, tuttavia la dimensione del mondo di gioco di Homefront: The Revolution non sfigura in quanto ad attività proposte per il giocatore. Le missioni ci vengono assegnate da diversi personaggi non giocanti, che ci spediranno letteralmente da una parte all’altra di Philadelphia per compiere diversi incarichi. Uno dei fulcri del gioco tuttavia è la liberazione dei distretti dalle forze dell’EPC (KPA in inglese) grazie alla cattura di avamposti nemici come roccaforti, stazioni di polizia, torri dei droni, punti di trasmissione o semplici posizioni strategiche. Homefront: The Revolution si affida ad un gameplay solido ma un po’ datato, che potrebbe facilmente sconfinare nel ripetitivo. Per conquistare una zona nemica dovremo sgomberarla dalle forze nordcoreane e prenderne il possesso per le truppe ribelli, trasformando l’edificio in un rifugio per le nostre attività. Così facendo aumenteremo l’indicatore percentuale “Cuori e menti” che simboleggia il livello di convinzione ed interesse della popolazione alla nostra causa. Inizialmente questo punteggio sarà settato a zero, ma la liberazione dei distretti e determinate azioni, come spegnere una radio di propaganda o aiutare un cittadino in difficoltà, faranno aumentare velocemente la nostra percentuale fino a provocare delle vere e proprie sommosse in strada.
Homefront: The Revolution si affida ad un gameplay solido ma un po’ datato, che potrebbe facilmente sconfinare nel ripetitivo
Dal punto di vista prettamente FPS, Homefront fa affidamento su di un classico sistema basato sulla oramai rodata “ruota delle armi”, che ci permetterà di scegliere fra tre pezzi di equipaggiamento offensivo ed un range di esplosivi ed oggetti utili al sabotaggio ed alla distrazione dei nemici. Parlando delle armi, il feedback delle stesse è sufficientemente realistico, ma cambierà a seconda della quantità di personalizzazioni applicate, perciò non aspettatevi una fedeltà assoluta alla realtà. Punto forte della produzione inglese è la personalizzazione delle armi, che ci permetterà di scegliere fra diverse configurazioni applicabili ai nostri strumenti da battaglia preferiti. Non solamente mirini e silenziatori quindi, ma anche l’intero corpo della nostra arma potrà essere sostituito per trasformare una carabina tattica in fucile da cecchino, o una pistola in una mitragliatrice leggera. Le armi e l’equipaggiamento possono essere modificati acquistando potenziamenti e pagando in dollari nei negozi presenti all’interno dei nostri avamposti. Le livree di fucili e pistole verranno invece pagate con pezzi di tecnologia EPC che troveremo durante le varie missioni. In tutto sono presenti 31 personalizzazioni divise in 6 gruppi di armi differenti. Le nostre fedeli sputafuoco potranno inoltre “salire di livello” pagando un corrispettivo in dollari presso i negozi: così facendo l’arma scelta migliorerà caratteristiche come rinculo, velocità di ricarica e via dicendo.
La caratterizzazione delle armi acquisisce un ruolo importante nel gameplay del gioco, dato che la difficoltà di Homefront: The Revolution è sufficientemente elevata da costringervi a pensare alla tattica più efficace con la quale portare a termine le varie missioni proposte. Servirà quindi un equipaggiamento corretto e ben ponderato, piuttosto che gettarsi ad armi spianate nel caos della battaglia, pena una morte rapida e certa. Anche le munizioni sono decisamente limitate, e nella Zona Rossa (parte della mappa con una maggior presenza di truppe EPC, a differenza di Zona Verde e Zona Gialla) le vostre scorte diminuiranno così drasticamente da costringervi a girare per il campo di battaglia depredando i nemici caduti. Spostarsi nei quartieri della città a piedi è consigliabile per mantenere un approccio stealth, mentre è possibile reperire delle poco silenziose moto praticamente in ogni base ribelle. Le sessioni di guida non sono particolarmente curate, e a nostro avviso sporcano leggermente il gameplay apparendo come elemento inserito un po’ a forza.
Altra nota positiva la meritano gli esplosivi e gli attrezzi da guastatore: durante gli spostamenti di Brady saremo in grado di recuperare materiali con i quali creare diversi oggetti utili come cocktail molotov e pipe-bombs. Anche questi strumenti possono essere potenziati, creando ordigni con detonazioni ritardate o utilizzando addirittura una macchinina radiocomandata come tramite per le nostre bombe. Sotto questo aspetto è chiaro che Homefront: The Revolution soddisfa e diverte il giocatore, lasciandogli moltissime possibilità di approccio per affrontare le più disparate situazioni, riuscendo nel difficile compito di mantenere un’elevata giocabilità in un FPS open world.
A muovere la Philadelphia di Homefront pensa il rinomato CryEngine, che compie un discreto lavoro nel portare alla vita una città dilaniata dalla guerra, anche senza far gridare al miracolo. Ottimo il comparto delle textures, dei filtri e della gestione delle ombre, senza contare il più che notevole sistema di illuminazione che ci ha permesso di godere di un’esperienza ben definita e tutto sommato appagante. Segnaliamo però qualche calo di framerate durante le azioni più concitate e un pesante calo di prestazioni non appena si conclude o si inizia una nuova missione: confidiamo tuttavia che si tratti di un problema risolvibile con una patch al day one. Niente da segnalare per la fluidità di gioco, che si aggira tranquillamente sopra i 60 frames per second sulla versione PC (quella da noi testata).
L’interazione ambientale invece è abbastanza limitata, fatta eccezione per qualche vetro da rompere o assi di legno da frantumare, perciò non aspettatevi muri da demolire a suon di RPG. L’intelligenza artificiale dei nemici non ci ha particolarmente convinto, ed è capitato di passare letteralmente sotto il naso di un soldato avversario senza che questi battesse ciglio o di nasconderci dietro una porta per poi abbattere orde di nemici che correvano a testa bassa verso di noi, fino all’ultimo uomo. Spiccano invece le performance degli attori in motion capture (è servita la consulenza di Metricminds’Mocap Studio) che sono decisamente convincenti nei loro ruoli, rendendo incredibilmente credibili i personaggi di Jack Parrish, leader della resistenza, l’inquietante Dana Moore ed il generoso dottor Sam Burnett. Sono presenti oltre 50,000 linee di dialogo, ed è davvero un peccato non sentire il nostro protagonista in nessuna di queste. Anche i personaggi non giocanti sono una piacevole sorpresa, unendo più di trecento personalità differenti per ogni NPC più una buona fedeltà visiva, dato che Dambuster Studios ha scansionato i volti di oltre 95 persone per mantenere la popolazione di Philadelphia il più variegata possibile.
Homefront: The Revolution soddisfa e diverte il giocatore, lasciandogli moltissime possibilità di approccio per affrontare le più disparate situazioni
L’ambientazione è convincente, e l’angoscia provata dagli abitanti NPC è palpabile. Tutti, dal mendicante all’abitante del quartiere più agiato subiscono l’influenza delle nostre azioni, che altereranno la loro percezione dell’autorità EPC sino a scatenare una vera e propria rivoluzione. Giocando alla campagna principale si ha la sensazione di fare parte di un gruppo di ribelli male equipaggiati e poco organizzati, che ha a che fare con una forza soverchiante e, almeno inizialmente, imbattibile. Questa percezione delle realtà cambierà man mano che proseguirete nella campagna, aumentando sempre più più la vostra influenza sui cittadini di Philadelphia e sulla resistenza stessa. Peccato che il nostro Ethan Brady sia un protagonista muto, scelta abbastanza inspiegabile, dato l’impegno mostrato per animare con ottime interpretazioni tutti i personaggi di rilievo del gioco.
Oltre alla campagna in giocatore singolo, Homefront: The Revolution ci presenta anche la modalità Resistenza, che consiste in una serie di missioni cooperative per un massimo di quattro giocatori PvE (player versus environment). Questa parte del gioco è indipendente rispetto alla campagna principale, ed anche in questo frangente la parola chiave è personalizzazione.
Dovremo infatti creare il nostro personaggio, che sarà dotato di aspetto, abilità ed armi proprie. Dopodiché saremo violentemente gettati con altri tre giocatori in gigantesche mappe controllate dalle forze EPC, con pochissime munizioni e soverchiati dalle truppe del regime. Il gioco di squadra in questa modalità è più che necessario, dato che potremo portare solo due armi alla volta e ci sarà bisogno, ad esempio, di un cecchino per bersagli distanti o di un soldato con RPG per affrontare i droni automatizzati. Una mancanza di team play porterà ad un’inesorabile e rapida fine per tutto il gruppo. Questa modalità è affiancata da un più che buono sistema di crescita del personaggio, che ci consentirà di migliorare le abilità e l’equipaggiamento del nostro soldato della resistenza per permettergli di affrontare minacce sempre maggiori.
Spenderemo quindi esperienza guadagnata sul campo per migliorare le nostre skill, mentre con i dollari acquisiti completando le missioni potremo accedere ai negozi (come nella campagna principale) per acquistare nuove armi, accessori (mirini, sottocanna, caricatori) e potenziamenti. Anche qui è presente un piccolo sistema di crafting per la creazione di esplosivi, sistemi di sabotaggio e dispositivi di distrazione. Al lancio saranno disponibili 12 missioni cooperative, con la promessa di ulteriori add-on gratuiti in arrivo durante l’anno.
L’avventura proposta dai ragazzi di Dambuster Studios è avvincente ed interessante, ed è bello vedere un altro sparatutto incentrato sul giocatore singolo piuttosto che su un altro caotico e generico multiplayer. Tuttavia, lo sviluppo travagliato di Homefront: The Revolution ha penalizzato un gioco che aveva un potenziale davvero notevole, con qualche lacuna tecnica e un comparto grafico interessante ma non spaccamascelle. Ci troviamo di fronte a uno sparatutto dotato di una trama profonda e ben articolata, ma affrontabile solamente con il nostro protagonista muto e totalmente privo di carisma. Le sessioni puramente shooter sono ben curate e divertenti, e le modalità di cattura di avamposti nemici mostrano influenze provenienti da altri open-world molto famosi e sicuramente apprezzati. Un peccato per le sessioni di guida della motocicletta, che sembrano forzate e non realizzate al meglio, e il fattore ripetitività, che andrà ad inficiare la vostra esperienza con Homefront: The Revolution dopo le prime ore che passerete in compagnia di Brady & compagnia. Piacevole inoltre la personalizzazione dell’esperienza di gioco grazie agli accessori da equipaggiare sulle nostre armi, che insieme all’attrezzatura per il personaggio mostrano un lato del titolo quasi ruolistico inserito in un contento FPS. Anche la modalità cooperativa è risultata divertente, anche se poco memorabile, ma forse semplicemente perché il settore dei first person shooter è così inflazionato da averci abituato praticamente a tutto. Homefront: The Revolution rimane un titolo tutto sommato solido, con una storia degna di essere giocata e consigliato a tutti gli appassionati dello sparatutto, che troveranno in Brady il loro personale rivoluzionario in grado di cambiare le sorti dell’ennesima guerra futuristica. |