Lungi dal volerlo considerare un’occasione sprecata, è innegabile come Horizon: Zero Dawn, debutto in ambito open world dei talentuosi Guerrilla Games, tradisse una certa inesperienza dello studio olandese in un genere, o meglio, in un “contenitore”, complesso da gestire. Idea e ambientazione alla base del progetto, che ci vedeva interpretare la guerriera Aloy impegnata in una missione più grande di lei in una sorta di preistoria post-apocalittica, erano più che sufficienti e convincenti a meritare menzioni d’onore.
Il pur valido titolo peccava però di problemi comuni a un po’ tutti gli esponenti del genere: difficoltà nel mantenere compatta e coesa la trama, tra missioni secondarie (peraltro un po’ ripetitive) e principali dilatate nel tempo e soprattutto nello spazio; ma anche difficoltà nel riempire quelle immense vallate di contenuti interessanti, e non solo di possibili minacce con cui intrattenersi tra una passeggiata verso il prossimo obiettivo e l’altro.
Erano quindi non pochi i dubbi e le speranze sull’attesissimo Horizon: Forbidden West, nuovo capitolo che porta la saga sui lidi PS5 (ma restando compatibile anche con la vecchia console, in attesa di una maggior disponibilità di quella next-gen): avrebbe corretto i (fisiologici) problemi di gioventù del predecessore? Guerrilla avrebbe confermato le sue qualità di team top tier non solo in ambito first-party di Sony ma al livello globale?
La risposta a entrambe le domande è un sonoro sì, anche se con qualche riserva che a nostro parere gli impedisce di raggiungere la perfezione. Scopriamo insieme quali.
Horizon: Forbidden West riparte esattamente da dove tutto si è concluso, con il tradimento di Sylens e una nuova, ancor più grande minaccia situata ad Ovest di Meridiana e del mondo più monocromatico esplorato fino a quel momento. Aloy parte quindi per il “Proibito Ovest” dei Tenakth contrapposto al Selvaggio Est dei Nora: una sorta di “Far West” dove però invece di oro e fortuna, la nostra eroina dovrà cercare un modo per impedire alla Terra di morire. Tra tempeste, disastri ambientali e una piaga di colore rosso che affligge un ecosistema già di per sé martoriato, i giorni a disposizione per il pianeta sembrano ormai contati.
Le premesse sembrano abbastanza classiche, ma il team di autori di Guerrilla è in realtà riuscito a realizzare una storia a respiro ancor più ampio, decisamente più corale, con una Aloy sempre scavezzacollo ma più matura e meno istintiva, un coinvolgimento sempre maggiore di nuovi e vecchi comprimari, e una escalation di eventi e vicende che aumenta in maniera convincente e coinvolgente le proporzioni della minaccia inizialmente preventivata.
Horizon: Forbidden West riparte esattamente da dove tutto si è concluso nel primo Horizon
A spiccare sono indubbiamente le tribù del Proibito Ovest, ognuna dotata di usi e costumi, ma anche vesti, colori identitari, tradizioni sapientemente costruiti e disegnati. Le dinamiche che ne regolano i rapporti, gli atteggiamenti nei momenti cruciali, gli incarichi e le richieste che affidano alla protagonista sono coerenti, ma soprattutto denotano una profonda cura nella caratterizzazione di figure apparentemente secondarie, ma in realtà cruciali nell’economia generale. Ogni avamposto è unico a modo suo, ed esplorarlo arricchisce e non poco l’esperienza di gioco.
Indipendentemente che siano vecchi o nuovi elementi, tutto pensato e al posto giusto non solo con l’obiettivo di chiudere o espandere le linee lasciate aperte con il primo capitolo, ma anche di offrire costanti riassunti e spiegoni, un po’ per rinfrescare la memoria dopo tutti quegli anni passati, un po’ perché soprattutto nel finale, la storia tendeva a diventare un po’ confusa, un po’ per aggiornare chi non ha proprio giocato o concluso Zero Dawn, così da partire con il piede giusto in questa nuova avventura.
Il risultato finale è di altissimo livello, non privo di qualche lieve forzatura e un po’ verboso in alcune parti in cui il gioco si prende tutti i tempi del caso per spiegare il complesso intreccio narrativo, ma è forse un atto un po’ dovuto e sensato se tra una quest principale e l’altra ci si prende una pausa dedicandosi alla miriade di attività secondarie.
Già, perché l’Ovest è sì strapieno di pericoli, ma anche di compiti più o meno grandi, più o meno nuovi. È un mondo decisamente più denso e più verticale, e non solo in senso stretto. Come già anticipato dai trailer diffusi finora, Aloy può infatti esplorare anche le profondità marine del mondo, con tesori, segreti e creature esclusivi a quello che a tutti gli effetti è un bioma a se stante, nonostante sia presente un po’ ovunque. Laghetti, porzioni di mare, ogni specchio d’acqua ha qualcosa di buono per tenere impegnato il giocatore, o per unirsi al tratteggio dell’affascinante lore, oltre che rivelarsi come utile diversivo per quando la situazione si fa complessa.
Ma la verticalità traspare anche dal level design più stratificato e complesso, incentrato su una Aloy più agile, e una concezione di traversal molto più fluida e meglio congegnata rispetto al passato. Oltre a falò più frequenti (per salvare o per impostare il viaggio rapido), la protagonista può ora planare sfruttando la tecnologia sottratta alle tribù incontrate sul suo cammino, e sfruttare un prezioso rampino utile sia nella risoluzione di puzzle ambientali che per velocizzare momenti di pura arrampicata à la Uncharted/Assassin’s Creed, con cui rendere un po’ più variegato il ritmo delle missioni e la complessità di quest minori (come scalare una struttura alla ricerca di un certo oggetto).
La varietà nel complesso è molto buona, meno se paragonata a quanto visto in passato, ma di sicuro, oltre a essere meglio distribuite, queste attività risultano più convincenti in termini di struttura, meglio scritte, e soprattutto offrono ricompense più tangibili: il tasso di difficoltà della main quest, tarato verso l’alto (in particolare nelle battute finali), richiede infatti di migliorare e potenziare costantemente l’equipaggiamento, raccogliendo materiali, salendo di livello accumulando esperienza, e di mantenere sempre pieno l’arsenale.
Un arsenale anch’esso tra il vecchio e il nuovo, dove trappole e archi, normali ed elementali, si arricchiscono di nuovi status con cui alterare le macchine e gli umani, ma anche di nuove armi, come i guanti che lanciano letali dischi, o le aste da lancio. La vera novità riguarda però, in primis, la possibilità di potenziare ogni arma ed armatura per più gradi, sbloccando nuovi spazi per le bobine (che donano potenziamenti extra), ma soprattutto le Cariche Valorose, speciali abilità da sbloccare grazie a un rinvigorito sistema di crescita.
Pad alla mano l’esperienza generale con Horizon: Forbidden West risulta molto più godibile rispetto al passato
Completare missioni e salire di livello sblocca punti da investire in 6 differenti “rami”, dedicati al combattimento ravvicinato, a distanza, alla gestione delle macchine, allo stealth, alle pozioni e alle trappole, in un sistema molto più libero e ricco rispetto a quello del primo Horizon. Se preferite l’approccio stealth, potrete investire i vostri punti per migliorare valori e abilità speciali dedicate a tale approccio; idem con le frecce e armi a distanza: se le preferite alla lancia di Aloy, potrete decidere di potenziare la Concentrazione, che rallenta il tempo durante la scoccata, oppure l’accumulo del Valore, necessario per ricaricare la Carica e sprigionare, in base alla tipologia di arma equipaggiata e alla skill sbloccata, un attacco o una facoltà speciale. Ce ne sono anche di difensive (come un Sovrascudo), curative (come Rinforzo, che aumenta la salute ripristinata e la resistenza elementale), e si adattano allo stile di gioco che più si preferisce. Indipendentemente da quello prescelto, comunque, sappiate che pad alla mano l’esperienza generale risulta molto più godibile rispetto al passato: il melee è più fluido e divertente, i combattimenti sono più dinamici (grazie a trovate come dei pali a cui aggrapparsi con il rampino che permettono di tirare il fiato o di provare nuove tattiche), anche lo stealth è meglio pensato, e la meccanica di rimozione delle parti è più chiara che mai, con la possibilità di mettere in risalto la singola parte interessata grazie al sempre fedele Focus, magari una che ci siamo prefissati di trovare per sbloccare l’Override dedicato o per craftare un nuovo abito.
Chi ha giocato Horizon Zero Dawn avrà notato termini e meccaniche molto simili, ed è forse questo l’unico, vero problema di Forbidden West: la pesante eredità del predecessore. Un po’ inevitabile, verrebbe da dire, vista la particolarità del gameplay e del contesto in cui è collocato, con la difficoltà di inserire novità realmente rilevanti senza snaturare l’essenza. Guerrilla prova a introdurre nuove creature, meccaniche e trovate, ma è innegabile come la sensazione di nuovo non sia in realtà così preponderante. Questo però non significa che il gioco non sia degno o meritevole, anzi: partendo dalla già ottima base di partenza, corregge, potenzia e migliora sostanzialmente ogni aspetto, mescolando soluzioni e intuizioni provenienti da altri capolavori del gaming (innegabili le influenze di Monster Hunter e di Breath of the Wild). Un approccio più “conservativo”, tipico di una serie o un brand che punta a crescere ma senza troppi stravolgimenti, che però quando si traduce in un prodotto di livello così alto, diventa davvero difficile lamentarsi.
Tanto più quando il tutto viene impreziosito da un comparto tecnico e quello artistico davvero sontuosi. Visivamente, Horizon Forbidden West è uno dei titoli più impressionanti in circolazione, e non solo in ambito console. L’illuminazione, la qualità delle texture, ma anche l’ispirazione che ha guidato la creazione delle armature di Aloy, gli avamposti, la già citata ed eccellente caratterizzazione delle tribù, è tutto davvero incredibile. Il mondo è davvero imponente, estremamente variegato nei suoi cambi di mood, dal deserto alle montagne innevate, passando per aree tropicali e marittime, e raramente troverete aree o zone eccessivamente riciclate o noiose. Il reparto art di Guerrilla ha davvero sfoderato ogni freccia dalla propria faretra, realizzando comprimari belli e iconici quanto Aloy stessa, grazie anche a mo-cap terribilmente preciso e realistico, animazioni da manuale e un doppiaggio di qualità stellare (almeno in inglese, meno efficace quello italiano, a nostro parere). Ogni cutscene o dialogo viene reso più credibile dalla capacità attoriale di avatar sempre più vivi e pulsanti, da una cura maniacale nella realizzazione degli abiti, da una qualità sopra la media di elementi ambientali, macchine, anche il più infimo dei sassi.
Visivamente, Horizon Forbidden West è uno dei titoli più impressionanti in circolazione, e non solo in ambito console
Tutto è cesellato con cura, e sono tanti, troppi, gli scorci, interni ed esterni, che lasciano di sasso. Tutto, peraltro, a 60 fps rocciosissimi, almeno nella modalità Prestazioni (alternata ai meno entusiasmanti 30 fps – ma a 4K nativi – della modalità Risoluzione). Non abbiamo riscontrato cali, ma ci duole segnalare un numero abbastanza nutrito di problematiche tecniche, anche dopo aver installato la patch D1 (che già di per sé ne ha risolte molte altre): problemi con le collisioni nelle molto più frequenti sezioni di arrampicata (fortunatamente sistemati nella maggior parte dei casi), glitch più o meno esilaranti (come alcune armature che danno problemi nelle cutscene e nell’immancabile modalità Foto), ma anche bug più gravi, come una scala invisibile che ci ha fatto perdere 15 minuti buoni durante una delle missioni principali. Si percepisce insomma un processo di polish meno efficace della media delle grosse produzione Sony, comprensibile in quest’epoca in cui le sfide, soprattutto in ambito game development, si sono moltiplicate, che però smorza solo in parte l’entusiasmo, vista la magnitudo e la qualità stellare del comparto grafico, ma in realtà complessiva, di Horizon: Forbidden West.
Se cercate la rivoluzione, guardate altrove. Se cercate una splendida avventura, di quelle che restano impresse nella mente per anni, un comparto grafico e artistico sovrumani, un gameplay più fluido e godibile che mai, Horizon: Forbidden West è il gioco che fa per voi. Guerrilla ha preso quanto di buono fatto con Horizon: Zero Dawn e lo ha iper-vitaminizzato, contaminandolo ancora di più con Monster Hunter (in termini di vibes e visivi) e dandogli un tocco di Zelda: Breath of the Wild (in termini ludici) creando il sequel sostanzialmente perfetto. Più vario, più bello, più divertente, non apporta novità mastodontiche, ma fa egregiamente il suo, tenendo incollato il giocatore per decine e decine di ore, lasciandolo a bocca spalancata in più momenti sia per ragioni di trama, che per qualche incredibile scorcio che gli para davanti. Peccato però per una certa sporcizia del codice, anche dopo la patch D1, e per una certa verbosità nelle cutscene, problemi comunque non insormontabili: per il primo sono già in programma aggiornamenti correttivi, mentre il secondo lo noterete dedicandovi esclusivamente alla main quest, senza perdervi tra i cento e passa punti di interessi sparsi per l’immenso, fantastico Ovest Proibito. |