Certe esperienze videoludiche sono fatte per stupire, colpire e “affondare” il giocatore. C’è chi gioca da anni ed anni, chi invece ha appena iniziato: eppure, i videogiochi continuano ad evolversi e i team più talentuosi riescono sempre a stupire, esaltare e a proporre qualcosa di nuovo. È questo il caso di Horizon: Zero Dawn? In sviluppo da circa 5 anni presso gli studi di Guerrilla Games, l’esclusiva PS4 ha senza dubbio lasciato il segno da quel lontano E3 in cui venne presentata per la prima volta. Il talentuoso team dietro la saga di Killzone stava provando strade nuove, più ambiziose e decisamente entusiasmanti, sia da un punto di vista creativo che per noi, pubblico pagante e sognante con un pad tra le mani.
Qualche giorno fa siamo quindi andati a Roma, per partecipare ad un evento che ci ha permesso di giocare il titolo nella sua forma finale, per farci una prima idea di cosa possiamo aspettarci dall’avventura di Aloy, la nostra protagonista, e da ciò che la circonda: una natura lussureggiante, reminiscenze di un passato ormai sepolto sotto gli alberi e i passi di imponenti creature metalliche, che battono la terra come i dinosauri dei tempi antichi e incutono timore agli uomini che ancora popolano queste terre.
Una piccola Aloy, quella dell’inizio dell’avventura, che muove i primi passi insieme a noi e a Rost all’interno del pericoloso e bellissimo mondo di Horizon: Zero Dawn. Un vero e proprio tutorial: il primo arco, il primo crafting delle frecce e il primo incontro ravvicinato con un Corsiere, una delle tante creature metalliche che popolano queste terre. Aloy corre, inciampa, impara a curarsi raccogliendo erbe medicinali in giro, crea la sua prima freccia dai rami degli arbusti della pianura. Horizon: Zero Dawn si presenta, fin dalle prime ore di gioco, come un’esperienza estremamente unica nel suo genere. Siamo cacciatori e prede in un mondo sconosciuto, inesplorato, e bisogna prestare attenzione a tutto ciò che ci circonda per poterlo sfruttare a proprio favore.
Una sensazione particolare, in un videogioco, dove spesso il giocatore ha sempre una marcia in più rispetto al resto: Horizon, invece, fa l’opposto. Dà al giocatore tutto ciò di cui ha bisogno, ma chiede allo stesso di stare alle sue regole e di sfruttare ciò che lo circonda con intelligenza e consapevolezza. Giocando per qualche ora a Horizon: Zero Dawn ci siamo resi conto di volerne di più, perché pur presentandosi come un prodotto derivativo dalle tante esperienze open world uscite in questi anni, la potenza della sua idea va oltre e ci fa immaginare le sue incredibili potenzialità. Che non vediamo di esplorare a fondo, e di raccontarvi nella nostra recensione, in arrivo nei prossimi giorni.
Un titolo vasto e complesso come questo, dopotutto, richiede tempo, ma possiamo saziare la vostra fame di curiosità con una breve intervista a Patrick Munnik, Senior Producer di Guerrilla Games, che ha risposto ad alcune nostre domande:
G: Giocando alle prime ore del gioco, ci ho trovato molto di titoli come The Legend of Zelda o Rise of the Tomb Raider. Nonostante questo, Horizon: Zero Dawn ha una sua identità molto forte: come siete arrivati a questo risultato?
P: Be’, nel nostro team ci sono tantissimi grandi designer, che giocano a tanti giochi differenti. È naturale quindi prendere ispirazione da altri titoli, ma ciò in cui loro sono bravissimi è nell’unire le loro idee e quelle degli altri in un gioco unico e nuovo. Spero ci siano riusciti!
G: Horizon: Zero Dawn è stato in sviluppo per tanti anni. È stato difficile per il team affrontare uno sviluppo così intenso e differente dai vostri lavori precedenti?
P: Sì, lo sviluppo è iniziato circa 6 anni fa, in parallelo con Killzone: Shadow Fall. Un piccolo team era al lavoro su Horizon… È stato difficile? Lo è stato sicuramente, ma abbiamo superato come team questi “obiettivi” nel corso degli anni, che ci hanno dato la sicurezza di essere sulla strada giusta. Ci è voluto tanto tempo, ma sono davvero felice di poterlo far giocare al pubblico, e ricevere dei feedback, che è stato qualcosa che è ovviamente mancato in questi anni e ci dà molta energia.
G: Approcciarsi all’open world può essere un lavoro complesso. Tanti titoli, come Dragon Age Inquisition, sono caduti nell’errore di dare al giocatore un vasto e bellissimo mondo, costellato però da attività ripetitive e poco interessanti. È stato importante questo feedback nello sviluppo di Horizon?
P: Per Horizon ci siamo concentrati sull’avere una storia originale e unica, come sono uniche tutte le quest che giocherai. Come noterai giocando il titolo, tutte le quest del mondo di Horizon sono “story driven”, ognuna di esse ha una storia da raccontare al giocatore, che speriamo possa trovarsi costantemente immerso, interessato al mondo di Horizon.