Lisergico, acido, fuori controllo. Non è facile descrivere in poche parole Hotline Miami, opera d’esordio di Jonatan Söderström e Dennis Wedin – al secolo Dennaton Games – apparsa su PC e console Sony nel finire del 2012. Un titolo entrato come un pugno nello stomaco nella cerchia dei videogames di culto, una rookie di Steam (prima) e del PSN (poi) capace di attrarre magneticamente a sé orde di curiosi più o meno hardcore. Perchè ammettiamolo,in Hotline Miami c’era molta più sostanza di quanta quella sensazionale pixel art lasciasse intendere, primo su tutti un gameplay sensazionale, studiato a tavolino per levare il fiato al giocatore con azioni fulminee obbligandolo allo stesso tempo a ponderare un minimo approccio tattico. Il tutto accompagnato da una colonna sonora strepitosa, nevrotica, a tratti quasi ipnotica, amalgamata a tal punto nell’efferatezza delle vicende narrate da rendere l’esperienza sonora un tutt’uno inscindibile da quella visiva. E infine, inutile nasconderlo, il piatto forte: la violenza, gratuita, brutale, così spietata e lucida da esorcizzare la propria natura malata in un mare di pixel rossi e resti umani aggrovigliati.
A distanza di tre anni, Dennaton Games (nuovamente sotto l’egida di Devolver Digital) torna in questa Miami malata dallo stomaco d’acciaio con Hotline Miami 2: Wrong Number. Un seguito che, per certi versi, pare incarnare quello spirito tanto noto del “bigger & longer” – strategia che tutti conosciamo e che, salvo rare occasioni, non ha sempre fatto centro. Ma se da un lato l’evoluzione “quantitativa” di questo secondo capitolo è evidente, dall’altro etichettarlo come semplice (e generoso) more of the same sarebbe l’errore più grave che potremmo fare. Quello che si nasconde sotto la maschera, infatti, riesce ancora a stupire.
Hotline Miami 2: Wrong Number
Piattaforma: PC, Mac, PS4, PS3, PS Vita
Genere: Action
Sviluppatore: Dennaton Games
Publisher: Devolver Digital
Giocatori: 1
Online: Assente
Lingua: Completamente in inglese
Da un punto di vista narrativo, Hotline Miami 2 sigla un sensibile passo avanti rispetto al proprio illustre predecessore. Spezzoni criptici, allucinazioni e situazioni deliranti rimangono all’ordine del giorno, ma quella che tre anni fa era poco più di una cornice in cui inquadrare un gameplay pressoché incontenibile guadagna oggi profondità e spessore, si arricchisce di numerose sfaccettature che vanno a tangere differenti archi temporali e, cosa più importante, un set enorme di personaggi giocabili. Difficile dunque anche solo attendersi una maggior leggibilità del plot, che finisce invece per arricchirsi di twist, passaggi indecifrabili e contesti che danzano pericolosamente sull’illogico, rimandando più in là per una spiegazione plausibile. Spiegazione che, a tratti, sembra quasi voler affiorare prepotentemente tra gli spaccati dei vari protagonisti, legati da un fil rouge invisibileche, quando fa capolino, sconforta il giocatore con rivelazioni solo parziali o truci dubbi. Si parla per indovinelli, ciascuno conta ermeticamente le proprie parole badando a non farne uscire anche una sola in più.
Non c’è elemento in scena che non sia esasperato, malato o acido. E violento, incredibilmente violento
Nei 25 capitoli di cui si compone Hotline Miami 2, il concetto di weird viene elevato alla potenza più alta: non c’è elemento in scena che non sia esasperato, malato o acido. E violento, incredibilmente violento. I sei atti di Wrong Number incarnano un crescendo inarrestabile di depravazione che spazia dalle Hawaii del 1985 alle coste della Florida del 1991, in cui “volti” noti come quelli di Jake il Cobra, di Martin Brown (the Pig Butcher) o dei Fans (i vigilanti mascherati del primo capitolo, emuli delle imprese di Jacket), si alternano a nuove facce, ugualmente poco raccomandabili: lo sbirro deluso dal sistema e dal colpo facile, il mercenario in stile Rambo, il giornalista incapace di commettere omicidi o l’amante delle Katane – solo per citare alcuni dei loschi individui collegati, in un modo o nell’altro, all’organizzazione dei 50 Blessings.
Difficile – se non impossibile – trovare novità evidenti nelle meccaniche su cui si poggia l’action a visuale aerea di casa Dennaton. Lo schema di gioco rimane immutato nel paragone con quello di Hotline Miami, accessibile (il che, badate, non significa affatto facile), vorace e assuefante. Lo stick sinistro per muoversi, quello destro per prendere la mira, uno swipe sullo schermo di PS Vita per osservare l’area circostante e il dorsale destro per far fuoco esauriscono il “quello che dovete sapere” di un control schema tanto essenziale quanto funzionale. Peccato – o forse è il caso di dire per fortuna – che superare ciascun livello richieda a chi gioca uno sforzo tutto tranne che indifferente, un mix di riflessi, tatticismo, velocità e fortuna che rendono ogni partita quasi memorabile. Ciascuno scenario di Hotline Miami 2 è genio e sregolatezza, l’alternanza di sezioni frenetiche dove è necessario muoversi (e uccidere) alla velocità del vento ad altre, dove il fiato inizia a mancare, in cui è consigliato trovare un riparo adeguato, annusare l’ambiente che ci circonda e valutare la mossa migliore.
Superare ciascun livello richiede a chi gioca uno sforzo tutto tranne che indifferente, un mix di riflessi, tatticismo, velocità e fortuna che rendono ogni partita quasi memorabile
Inutile dirlo, siamo di fronte ad un titolo punitivo come pochi, che non fa complimenti nello spedirci sanguinanti al tappeto per un colpo andato a vuoto o, come scoprirete voi stessi, per non aver notato un nemico appostato a pochi passi. La curva di difficoltà, già sensibilmente sopra la norma nel primo episodio, viene alzata ulteriormente in questo nuovo excursus. Un rumore sbagliato, un colpo sferrato troppo in anticipo, una porta aperta al momento meno opportuno sono condanne automatiche a morte certa: e via a ricaricare lo scenario corrente, disponibile per una nuova run nemmeno una frazione di secondo dopo aver premuto per l’ennesima volta il tasto X. Una situazione che si verificherà decine e decine di volte, vista l’esagerata frequenza di trapassi di cui cadremo vittime, ma che raramente induce in frustrazione. Il meccanismo di reload di Dennaton funziona alla perfezione: ancora un tentativo e poi smetto, che vinca o che perda, parola mia.
L’aumento del coefficiente di difficoltà, dicevamo, non esaurisce le novità di questo Wrong Number. Parte del lavoro del team di sviluppo è stato dedicato alla diversificazione delle aree di gioco, rese per l’occasione non solo più varie rispetto al capitolo originale, ma nettamente più ampie. Identificare la posizione delle forze nemiche diventa ora estremamente più complesso e rischioso, laddove sarà necessario guadagnare qualche metro – spesso alla cieca – per avere una maggior visibilità. Sotto questa luce, giunge particolarmente gradita la possibilità di taggare un avversario previa la pressione di un apposito pulsante (quadrato, per le console Sony): sarà dunque possibile trasformare in carne morta anche nemici al di fuori dello schermo (purché vi sia una linea di tiro pulita e si equipaggi un’arma sufficientemente potente), oltre che minimizzare quello “spiacevolissimo” e frequente rischio di essere ridotti a brandelli dall’ultimo, fottutissimo dobermann rimasto.
Nettamente più interessante è il twist al gameplay dato dall’introduzione di più personaggi giocabili, il cui compito non è esclusivamente relegato alla sceneggiatura. Nei panni di Evan Wright, ad esempio, dovremo usare esclusivamente armi bianche non letali – visto che, qualora imbracciassimo una qualsiasi arma da fuoco, questi ne estrarrebbe il caricatore e la abbandonerebbe al suolo. Tony (il Leopardo dei Fan), combatte esclusivamente corpo a corpo mentre la Zebra Corey può effettuare una capriola per evitare i proiettili nemici ed è più difficile da rilevare. Più interessante è il comportamento dei due rimanenti Fan: Mark, l’orso, usa due mitragliatori in dual whielding per sparare a ventaglio a 180 gradi, mentre con l’accoppiata Alex & Ash il giocatore si troverà a controllare due personaggi armati di motosega e pistola. Tutto questo, senza contare livelli in cui sarà necessario scegliere preventivamente l’arma da utilizzare, raccogliendone le munizioni strada facendo, o altri in cui pistole e fucili sono banditi.
L’aumento del coefficiente di difficoltà non esaurisce le novità di questo Wrong Number
Chiudiamo con l’immancabile analisi tecnica del titolo, questa volta riservata quasi esclusivamente al comparto sonoro. Questo perchè, se da un lato l’impianto grafico di Wrong Number trasmette dall’inizio alla finequell’insalubre senso di lucida follia che caratterizza ogni suo personaggio, colorando lo schermo con uno stile dannatamente (e meravigliosamente) sui generis, dall’altro gli 8 bit della pixel art di questo sequel non si discostano poi molto (pulizia visiva a parte) da quanto visto tre anni or sono. Lo stesso discorso non vale per ilcomparto audio, chiamato a compiere un’impresa al limite del titanico: eguagliare la colonna sonora del primo capitolo. Ancora una volta ci si ritrova spiazzati dall’indiscutibile qualità delle tracce selezionate da Dennaton. Firmato da artisti del calibro di Jasper Byrme, Perturbator, Magic Sword o M|O|O|N, l’arrangiamento di questo Wrong Number è oro colato, un mix di sonorità sintetiche ed incalzanti che alternano incontrollabili note elettroniche a pezzi trance e Hip Hop. Un’OST ipnotica, compulsiva, a tratti persino disturbante: Hotline Miami, anche questa volta, non delude le aspettative.
Un video di gameplay per Hotline Miami 2: Wrong Number.
In conclusione…
C’è qualcosa di deliziosamente malato in Hotline Miami 2: Wrong Number. Qualcosa di abietto, marcio, e proprio per questo dannatamente affascinante. L’ultima creatura di Dennaton Games riparte dalle ceneri del proprio predecessore, limando e perfezionando quegli aspetti di gioco (narrazione e varietà di situazioni in primis) apparsi un po’ acerbi tre anni or sono. E il risultato finale parla chiaro: Wrong Number è gameplay allo stato puro, un cocktail esasperato di dinamismo e frenesia che imprigiona il giocatore in una spirale di violenza e abiezione da cui è difficile uscire indenni.
La seconda parabola di dannazione di Hotline Miami, pur mancando parzialmente di originalità, evolve e migliora il capitolo originale sotto quasi tutti i punti di vista: la pixel art grandguignolesca che va a braccetto con una colonna sonora convulsa, un plot morboso che tiene col fiato sospeso per oltre quindici ore di playthrough, un gameplay al fulmicotone che costringe di volta in volta a premere sull’acceleratore e a rallentare bruscamente. Senza dimenticare l’introduzione di un ventaglio significativo di personaggi giocabili, variabili impreviste che vanno a minare la giocabilità di quello che, a primo acchito, potrebbe sembrare uno sterile more of the same.
Hotline Miami 2: Wrong Number non è un titolo adatto ai deboli di cuore. Non verrà ricordato per una particolare morale, forse piuttosto per la soddisfazione che regala ogniqualvolta vi sia un cranio da mandare in frantumi con una mazza da baseball. E di crani da fracassare, in questa danza sanguinaria composta da Jonatan Söderström e Dennis Wedin, ce ne sono parecchi, compreso il nostro: meno male che la musica è all’altezza.
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