Giorni fa, cercando di rendere meno noioso il tragitto tra la mia abitazione e la mia sede lavorativa nella capitale, ho sfogliato come mio solito un quotidiano free press edito in zona, di quelli che si trovano usualmente nelle stazioni metro. Un articolo in particolare ha attirato la mia attenzione, anche se forse definirlo articolo è un po’ un’esagerazione visto la lunghezza del pezzo. Esso consisteva infatti in poche righe spalmate su due colonne, un’immagine del Duca (Duke Nukem) con una didascalia eccessivamente generica ed un titolo decisamente accusatorio, il tutto farcito all’interno da una serie di luoghi comuni sufficiente a riempire un intero quotidiano.
“I videogiochi ‘allenano’ alla violenza”, citava il titolo. Un’affermazione che nel pezzo veniva poi motivata nel primo periodo dicendo che giocare a dei videogiochi del genere sparatutto “rende più propensi ad uccidere”. Sempre nell’articolo, ci viene dato sapere che questa perla di saggezza, a quanto pare, deriva da uno studio fatto dall’Università del Michingan, che ha preso un campione di 151 studenti e ne ha messi alcuni a giocare con “videogames violenti” mentre i restanti si dilettavano con titoli più “pacifici”. Dopo ben venti minuti di gioco, no dico, venti minuti di gioco eh… praticamente “un’eternità”… tutti gli studenti sono stati messi alla prova sparando realmente con una vera pistola contro un “vero” manichino.
Da questo test, i loro eminenti esaminatori, hanno dedotto che gli studenti che avevano giocato ai videogames violenti, hanno colpito il bersaglio il 33% in più delle volte rispetto i colleghi, con un rate di colpi alla testa maggiore del 99% rispetto ai loro pacifici avversari. Da ciò, hanno poi dedotto che chi gioca agli sparatutto è “spinto” a mirare alla testa quando usa un’arma da fuoco vera.
Da qui però, cioé dire che chi ha giocato agli sparatutto può essere più “bravo” nell’uso delle armi, a dire che chi gioca a degli sparatutto è più propenso ad uccidere, direi che c’è una distanza abissale. Dubito infatti che tutti gli studenti coinvolti nel test abbiano mai neanche lontanamente pensato o avuto voglia, fino a quel momento, di usare una vera pistola. E questo senza contare che venti miseri minuti di uno sparatutto non possono trasformare dei semplici ragazzi in spietati killer. Altrimenti, e correggetemi se sbaglio, dovrebbe essere vero anche il contrario, ovvero che se magari gioco a Cooking Mama per 3 giorni di fila posso andare a fare lo chef presso un grosso e famoso ristorante…
Probabilmente però sono io ad essere prevenuto, ed in ogni articolo/servizio televisivo di questo genere, vedo la demonizzazione dei videogames diventare uno di quei classici argomenti cliché che qualche tempo fa se la prendevano invece con i cartoni animati violenti o con la musica metal che si considerava la musica del diavolo. E fino a prova contraria, io e molti della mia generazione, ascoltiamo musica metal, siamo cresciuti con Ken il Guerriero ed i Cavalieri dello Zodiaco, e videogiochiamo fin dalla più tenera età, e per ora non abbiamo ancora ucciso nessuno a pistolettate. Non realmente almeno…
Ad esser pignoli comunque, ci sarebbe da dover dire che altri studi di altre università, hanno invece reso noto che giocare a titoli di questo genere aumenta la reattività visiva dell’occhio umano e tiene allenata l’attenzione ed il cervello, e non la propria propensione a far fuori il prossimo…
Concludendo mi sorgono quindi le classiche domande di rito:
– Possibile che nel 21° secolo ci sia ancora gente così bigotta e mentalmente ristretta?
– Ma siamo sicuri che alcune di queste campagne anti-videogames, di solito sempre rivolte contro uno specifico titolo appena uscito sul mercato, non siano il parto di una mente deviata che ricopre un ruolo di spicco nella software house concorrente?
– Possibile che alla fine siano tutte un complotto?
Del resto il buon vecchio Oscar Wilde diceva, “Non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli”, che in fondo in fondo avesse ragione? In ogni caso, per ora concediamo a tutti il beneficio del dubbio, se ci riusciamo.
I want to believe. Trust no one.
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