News 05 Dic 2011

Ico: Una copertina, mille segreti

Sfogliando le pagine virtuali di Kotaku, mi è capitato sott’occhio un ottimo articolo riguardante la copertina di uno dei giochi che per primo ha assottigliato il confine tra arte e videogames: mi riferisco al primo capolavoro del team capitanato da Fumito Ueda, quell’Ico, recentemente attualizzato tramite una riedizione in HD insieme a Shadow of the Colossus che tantissimi gamers vecchia scuola ricorderanno con fare nostalgico.

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La Nostalgia dell'Infinito

Il primo elemento a colpire l’attenzione era certamente la copertina:
Cosa dovremmo mai fare in un gioco simile?” era il primo pensiero di chiunque, compreso del ragazzino che vi parla ora, 10 anni dopo l’incontro del primo tipo avuto con la splendida confezione cartonata.

Nel 2002 non avevo neanche idea di chi fosse De Chirico, non credo fosse nel programma di Storia dell’Arte della terza media, forse non era abbastanza mainstream (purtroppo o per fortuna). Quindi non avrei mai potuto cogliere tutte le sfumature della copertina di quel gioco che così prepotentemente si era insediato in me contornato da dubbi e misteri tutt’ora irrisolti, preferendo piuttosto abbandonare una qualsiasi spiegazione a quando sarei cresciuto. Una promessa mai mantenuta ma tornata a galla grazie al succitato articolo.

Con Ico, ci fu uno dei primi esempi di equità tra i gamers orientali e quelli occidentali (ma non tutti): la copertina europea e quella nipponica erano praticamente identiche, trascurando solo i giocatori americani, i quali hanno dovuto attendere la recente riedizione per poter assaporare a pieno la cover ispirata da “La Nostalgia dell’Infinito” di Giorgio De Chirico, capostipite del movimento Metafisico, il quale ha avuto una profonda influenza anche sull’intero gioco.

Nell’opera in questione notiamo due minuscole, oscure e solitarie, figure, rese ancora più infime dall’immensa torre alle loro spalle. Titaniche costruzioni che sviliscono la presunta grandezza dell’uomo presenti anche ne “L’angoscia della partenza“,”La Torre Rossa” e in “Mistero e Malinconia di una Strada” (a destra della copertina ufficiale), altri capolavori dell’italo-greco.

Ueda è riuscito nuovamente a catturare, forte anche dell’ispirazione di De Chirico e di Another World, capolavoro del ’91 di Eric Chahi (ancora attivissimo nell’industria come dimostra l’innovativo From Dust), quel senso di oppressione, scaturito dalla solitudine nel ritrovarsi fagocitati da immense strutture, vuoti, con la perenne sensazione di essere in trappola, un sentimento angosciante che ci portiamo addosso lungo tutto lo scorrere del gioco.

Quale miglior cover se non una fortemente ispirata dalle opere piu alienanti di De Chirico, per un capolavoro totalmente impregnato di tale, morboso sentimento?

Quando l’arte supera qualsiasi appariscente copertina frutto del marketing, ecco che il Genio entra in scena.

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