Ikai – Anteprima

Ad avermi colpito anzitutto di Ikai, l’horror in prima persona che sancisce l’esordio dello studio di sviluppo Endflame, non è stata tanto l’idea di metterci nei panni di una sacerdotessa in lotta contro entità demoniache con il fine di esorcizzarle; già Kuon, in tempi non sospetti di una From Software ben lontana dal concetto di soulslike, sfruttava l’idea di esorcisti come protagonisti di un horror ambientato nel Giappone feudale.

Piuttosto, sono stata piacevolmente sorpresa nel vedere che la mano a guidare il pennello della sfortunata sacerdotessa sarebbe stata la mia, in una corsa contro il tempo per disegnare correttamente il talismano prima di essere aggredita e uccisa dalla mostruosità di turno.

Questo è il concept attorno al quale ruota Ikai: la strenua difesa del tempio presso il quale studia la giovane protagonista, che si troverà da sola a dover affrontare entità per cui non è ancora abbastanza preparata. Per riuscirci, avrà bisogno di carta su cui scrivere, pennello, inchiostro e, possibilmente, un luogo sicuro dove eseguire il rituale.

A darle la caccia ci saranno uno o più demoni, ai quali basta un colpo soltanto per avere la meglio su di noi: si tratta del classico gioco del gatto con il topo, del nascondino, in cui la priorità è non farsi trovare mentre si raccolgono i materiali necessari a scacciare il male.

Niente di nuovo sotto il sole, a voler essere onesta, eppure quella piccola particolarità del dover tracciare personalmente i simboli mi ha suscitato la curiosità necessaria a voler provare il prodotto finito. Vuoi perché mi ha sbloccato bellissimi ricordi di Okami (che su Wii ho fatto molta fatica a padroneggiare, lo ammetto), con la necessità di disegnare i talismani, vuoi per il fatto che il folklore giapponese ha sempre il suo giusto – e terrificante – fascino su di me.

Divoro horror con una discreta costanza ma niente riesce a mettermi ansia come il folklore giapponese. Volendo anche quello coreano ma ho più familiarità con il Giappone, con buona pace delle mie notti insonni.

Ikai è un gioco semplice, che riesce a creare un’atmosfera convincente

Tornando sui binari, Ikai è un gioco che riflette la passione degli sviluppatori e, avendolo seguito fin dal principio, posso testimoniare l’impegno: siamo passati da un’alpha con un doppiaggio altamente discutibile alla completa disponibilità della lingua giapponese – nonché a qualche miglioria qua e là dal punto di vista tecnico e grafico.

Premesso questo, Ikai resta un gioco molto semplice per ora, che sfrutta il più possibile l’atmosfera e il comparto sonoro per sopperire a una grafica un po’ sottotono. Di cosiddetti jump scare ne ho sperimentati due soltanto, ben piazzati devo ammetterlo, mentre il resto è tutto costruito sull’instillare il dubbio che qualcosa ci stia inseguendo quando magari non è così.

Un approccio che apprezzo molto, perché trovo l’uso e soprattutto l’abuso di jump scare una soluzione di comodo che perde efficacia in tempi brevi; senza contare il fatto che rispecchia la volontà di costruire un horror con il minimo sforzo, dando l’errata percezione che questo genere viva di spaventi improvvisi.

Ikai sembra offrire una potenziale varietà di situazioni e approcci

Pollice alto, dunque, per la scelta di costruire la tensione attraverso altri mezzi, impegnandosi nel creare un’atmosfera che permane nel corso dell’esperienza. Nel breve, almeno in questo specifico caso, ma sentito compito di trovare l’oggetto maledetto e, successivamente, tutto il materiale necessario per purificarlo, scacciando quindi l’entità maligna, ho anche affrontato qualche semplice ma piacevole enigma ambientale che concorre ad aggiungere più pepe alla situazione.

L’intelligenza artificiale dei demoni sembra piuttosto semplice da ingannare ma va detto che ho provato la fase iniziale del gioco, quella dunque più guidata e semplice (ciò non toglie che sia morta una volta). Non ho idea della varietà di creature che gli sviluppatori intendono inserire nel gioco completo, le loro peculiarità e persino un’eventuale differenza nel comportamento, perciò mi riservo in merito. La prima impressione è stata discreta ma non ottimale, staremo a vedere come si evolverà la questione: il potenziale per una discreta varietà di situazioni c’è, considerato il nutrito bestiario che il folklore offre.


Non posso dire che Ikai abbia tutte le carte in regola per distinguersi o diventare un gioco da avere assolutamente nella propria collezione, tuttavia è innegabile l’impegno profuso dal team nel portare avanti il progetto; così come sono contenta di vedere riutilizzato il folklore giapponese, del quale sento la mancanza dai tempi dei primi tre Project Zero (mitigata un po’ da Maiden of Black Water ma si tratta pur sempre di un porting). In definitiva, pur nella sua semplicità, se siete interessati al genere il mio suggerimento è quello di seguire lo sviluppo e dare al gioco una possibilità. Su Steam c’è la demo disponibile, sapete cosa fare.