News 19 Mar 2014

Il Professor Layton VS. Phoenix Wright: Ace Attorney – Recensione

cross-over sono ormai da moltissimi anni parte del nostro medium preferito, con i picchiaduro, in particolare, che hanno visto tra le loro fila personaggi provenienti dagli universi più disparati. Prendete ad esempio Street Fighter, con Ryu e soci che nel corso della loro carriera se la sono vista con Spiderman, Galactus e perfino Yattaman. E se nei picchiaduro tutto questo fa ormai parte del reame dell’ordinario, lo stesso non lo si può dire per le avventure grafiche, soprattutto quando ad unirsi sono due scuole di pensiero estremamente differenti. La folle idea di far incontrare il Professor Layton e Phoenix Wright in un’unica avventura è venuta nientemeno che al boss di Level-5, Akihira Hino, che diede i natali al buffo gentiluomo proprio per controbattere l’eccentrico e sopra le righe avvocato di casa Capcom. L’ironia della sorte ha voluto che quest’oggi, dopo le scorribande a base di Aslant di Layton e gli omicidi generazionali di Phoenix Wright, ci trovassimo qui a parlare proprio di questa stravagante “joint (ad)venture” che prende il nome di “Il Professor Layton VS. Phoenix Wright: Ace Attorney”Un buco nell’acqua o un cross-over che passerà alla storia? Scopritelo con noi!

La prima domanda che ognuno di noi si è posto quando il titolo è stato annunciato è sicuramente stata: in che modo Layton e Phoenix si incontrano, e soprattutto perché? Non ci vorrà molto prima di scoprirlo, visto che la trama messa in piedi da Shu Takumi, creatore della serie Ace Attorney, ha il grande pregio di non perdersi in chiacchiere, ma di immergere fin dall’inizio il giocatore in una moltitudine di misteri e di personaggi dal design grottesco. Non è questa la sede per lasciarsi andare a spoiler di varia natura, ma la trama prende il via nella città di Londra, per poi catapultare i nostri due protagonisti, accompagnati rispettivamente dagli assistenti Luke e Maya, verso il misterioso mondo di Labirintia: una città di stampo medievale governata dal Narratore e protetta dall’Inquisizione, che si occupa di estirpare dalla città la minaccia delle streghe (già, proprio come nel 14° secolo! ndr), odiate e mal viste da tutti a causa di un evento avvenuto nel passato. Ciò che seguirà vedrà coinvolti i nostri protagonisti in situazioni pericolose e sconosciute, tutte scaturite dall’enigmatica figura di Luna Minstrel. Un incipit criptico ed inusuale, che già dalle prime battute prende le distanze da quanto visto finora nei titoli di Layton, avvicinandosi ai toni più cruenti e se vogliamo “ambigui” della serie Ace Attorney. Sia chiaro, parliamo comunque di una sceneggiatura che non fatica a prendersi poco sul serio con gag e situazioni al limite del ridicolo, anche nei momenti meno opportuni, scongiurando di fatto il fattore “eccessiva serietà” che non è mai stato l’elemento portante di nessuna delle due serie.

Ciò che risulta senza dubbio più interessante sono le prime sessioni di tribunale con Phoenix, suo malgrado partecipe di un modo di concepire la giustizia “medievale”: non sono presenti tecnologie come l’esame delle impronte per stabilire la veridicità o meno di determinate insinuazioni, il che rende tutto più stravagante, originale e sorprendente, soprattutto di fronte a specifiche situazioni. Anche un po’ angosciante, se si pensa che nel passato le cose andavano esattamente in questo modo: inquisizione e accuse senza fondamento. Il titolo in questo senso sa quali tasti toccare per instillare nel giocatore curiosità ed empatia per gli avvenimenti che coinvolgono i nostri protagonisti. Un’atmosfera dai toni cupi e sinistri, con un argomento portante che, concedetemi il beneficio del dubbio, non viene spesso considerato e trattato nel mondo dei videogiochi. Al netto delle ottime premesse, l’avventura di Layton e Phoenix si rivela però a lungo andare fin troppo consona ai canoni della serie Level-5, con forzature e colpi di scena un po’ telefonati che smorzano l’entusiasmo raccolto durante le prime ore di gioco (non lasciatevi confondere da questa affermazione, qui si parla di decine di ore!). E se l’incontro tra i due beniamini della giustizia è frutto più di un caso fortuito che di altro, lo stesso non lo si può dire per l’impianto di gioco, minuziosamente studiato per permettere ai fedelissimi di entrambe le serie di trovarsi a proprio agio in ambo le parti.

Al di là dell’ottima longevità infatti, l’esperienza di gioco è semplificata da entrambe le parti, proprio per costruire un equilibrio su cui chiunque, dall’appassionato di Layton a quello di Phoenix Wright, può divertirsi. Le monete aiuto, ben note a chi ha accompagnato il gentiluomo londinese anche solo per un’avventura, vengono fornite al giocatore fin dalle prime battute, che si ritrova quindi con ben 30 aiuti gratuiti. Non è tutto, le monete sopracitate sono state inserite anche nelle sessioni di tribunale di Phoenix e Maya, andando a scongiurare tediosi trial-and-error notoriamente presenti durante le precedenti avventure dell’avvocato in blu. Le novità più interessanti in questa stravagante “doppia avventura” si trovano proprio nelle sessioni con Phoenix, con i processi che sono stati arricchiti da meccaniche che potrebbero stupire anche i più navigati avvocati difensori in circolazione. Il succo è lo stesso: analizzare le testimonianze fornite dai testimoni per trovare contraddizioni e quindi favorire il proprio cliente. Ciò che cambia è infatti l’esecuzione: nel mondo di Labirintia, le sessioni in tribunale vengono gestite in maniera differente, attraverso “deposizioni” che vengono rilasciate, tutte insieme, da più testimoni. Ciò ha permesso agli sviluppatori di inserire di tanto in tanto sezioni in cui sarà necessario, attraverso un comodo selettore posto sul touch screen, guardare la reazione di ogni singolo personaggio alla testimonianza di un proprio “collega”. Questo permetterà a Phoenix e compagnia di poter incalzare anche il più tosto dei testimoni, che viene quindi colto di sorpresa e si ritrova costretto a “sputare il rospo”.

Una meccanica semplice ma efficace a rendere queste (lunghe) sessioni meno traumatiche per i neofiti, supportate inoltre da un cast di testimoni spesso e volentieri composto da personaggi ridicoli, grotteschi e a tratti idioti. Non solo: di tanto in tanto si renderà necessario l’utilizzo del “Grande Grimorio”, un tomo misterioso ricolmo di istruzioni su come utilizzare la magia che può essere sfruttato come prova insieme al registro processuale. Basterà mostrare l’incantesimo scelto, come uno qualsiasi dei reperti posseduti. Novità basilari che in qualche modo non stravolgono la già consolidata base costruita nei precedenti episodi di Ace Attorney, ma che impreziosiscono al punto giusto un’avventura che è per sua stessa natura inusuale. E Layton? Be’, senza troppi giri di parole l’avventura di Layton non presenta sostanziali differenze nel gameplay e negli enigmi rispetto al passato, e si limita a fare il compitino al meglio delle sue possibilità. Un’ulteriore dimostrazione di come il nostro gentiluomo con la tuba abbia ormai ben poco da dire in termini di gameplay già da un paio d’anni. L’assenza di “punti d’arrivo” dove al giocatore viene richiesto di aver risolto un numero minimo di enigmi è del tutto esplicativa,  e va a sommarsi alla limitata presenza degli stessi durante tutta la durata dell’avventura, rendendo di fatto una delle colonne portanti della serie quasi priva di significato. Gli enigmi vengono proposti senza soluzione di continuità e senza tediare il giocatore più del necessario, che potrebbe preferire l’utilizzo delle moltissime (soprattutto dopo molte ore di gioco) monete aiuto raccolte per continuare la sua avventura. Una scelta di design discutibile, soprattutto di fronte ad un’esperienza che mai è stata considerata difficile e punitiva. Le sezioni con Layton sono in tal senso blande e prive di mordente, poiché non riescono a trovare lo stesso equilibrio su cui, fin dalle prime battute, poggiano quelle con Phoenix Wright.

Artisticamente parlando, il titolo segue lo stile della serie de Il Professor Layton, sia per quanto riguarda il character design dei personaggi secondari che per le ambientazioni, le quali spaziano dal gotico al medievale, con alcuni dettagli che sembrano usciti dal più affascinante dei romanzi fantasy. Una poltiglia dal gusto prettamente giapponese, ma senza esagerazioni. Peccato non trovarsi di fronte all’estrema fluidità delle animazioni di Dual Destinies, nonostante il lavoro di Level 5 riesca comunque a rimanere impresso nella mente del giocatore, con personaggi originali e unici nella loro caratterizzazione. I modelli poligonali sono puliti, ma mi è capitato di notare (alle volte) piccoli cali di frame rate in alcune scene con più personaggi su schermo. Lungi dall’essere un problema, vista la natura statica del gioco, ma risulta sempre fastidioso alla vista. E qui non possiamo che agganciarci al solito grande quesito: vale la pena giocare con l’effetto 3D attivato? No, perché nonostante la buona (buona, non ottima) profondità dei fondali, la mole di testi è così alta che sarete costretti a chiudere per un momento la console per scongiurare malesseri di varia natura. Per fortuna il titolo ci offre delle cutscene animate nientemeno che dallo studio Bones, che oltre a far gridare al miracolo scandiscono i passaggi chiave dell’avventura nel miglior modo possibile.

Per quanto riguarda il comparto audio la situazione è analoga. È possibile infatti accorgersi già dopo le prime ore di gioco come, sia per gli effetti che per l’accompagnamento sonoro, il titolo abbia mutuato parte dello stile della serie de Il Professor Layton. Un accompagnamento magistrale, ma che poteva essere arricchito da quel qualcosa in più che spesso si fa fatica a rappresentare a parole, soprattutto per un’arte astratta come la musica. Su una cosa non c’è però da discutere: il  doppiaggio italiano è quanto di meglio ci sia sulla piazza, con voci perfettamente sincronizzate e adatte ad ogni singolo personaggio. Vedrete, alzare il volume della vostra console sarà davvero un piacere.

In conclusione… 

C’è voluto del tempo, ma finalmente anche l’Europa avrà modo di mettere le mani su questa stravagante avventura, che al di là delle forse eccessive semplificazioni riesce a restare carica dello spirito e del carisma propri del Professor Layton e di Phoenix Wright. A supporto un impianto di gioco che vede il suo meglio nelle sezioni dell’avvocato in blu, con trovate tanto bizzarre quanto divertenti ed entusiasmanti; a differenza di un Layton non proprio in ottima forma, che svolge il suo ruolo senza osare, restando fin troppo fedele a se stesso. A completare il cerchio c’è una componente tecnica di pregevole fattura, che ci ricorda ancora una volta la cura maniacale un tempo propria delle produzioni giapponesi. Ciò che resta da fare è dare il giusto peso ai singoli personaggi rispetto ai vostri gusti, senza pregiudizi di sorta. Nel migliore dei casi, uno dei due beniamini potrebbe finire dritto nella vostra lista dei personaggi preferiti.  E se così non fosse avrete comunque tra le mani una delle migliori avventure testuali degli ultimi anni. Il mezzo punto nel voto finale è dovuto al coraggio dimostrato da entrambe le compagnie nel proporre un cross-over dai risultati per nulla scontati.

Voto: 8.5/10

 

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