Sono passati 10 anni dall’ultima volta che ci è stato concesso di esplorare Silent Hill. Dieci, lunghi anni, che hanno portato la serie di Konami ad un elettrocardiogramma piatto, piattissimo. Una morte venuta dall’alto, dopo due capitoli decisamente al di sotto delle aspettative. Downpour e Book of Memories sono riconosciuti come il punto più basso della serie, che già con Silent Hill Homecoming si era avvicinata al fondo.
Un po’ come James Sunderland e i suoi salti nel vuoto in Silent Hill 2, la serie Konami sembrava destinata all’abbandono. Almeno, fino a quando Hideo Kojima, Guillermo del Toro e Junji Ito non tentarono di recuperarla dalle macerie, con il loro Silent Hills. Sappiamo tutti com’è andata, e siamo ancora qui ad aggrapparci a P.T. come dei fedeli davanti ad una reliquia sacra. A chiederci come sarebbe stato, e se arriverà mai qualcosa all’altezza di quelle premesse. Con una Konami profondamente differente dal passato, e sempre più lontana dai videogiochi, nessuno si sarebbe aspettato di rivedere Silent Hill in tempi brevi.
Non con diversi progetti all’attivo, annunciati durante la Silent Hill Transmission di qualche giorno fa. Un evento dove Konami ha deciso di raccontare al suo pubblico tutti i progetti in cantiere, i team e gli autori che se ne occuperanno, con la promessa di ridare a Silent Hill lo splendore che merita. In questo senso la diretta di Konami è stata piuttosto interessante, perché a progetti più scontati come il remake di Silent Hill 2, si sono aggiunti titoli dalla natura e dalle idee piuttosto nuove. Non è mancata l’audacia, almeno in questa fase avvolta dalla coltre di nebbia, con questi progetti che devono ancora effettivamente mostrarsi e sono, al momento, delle idee date in pasto al pubblico. In attesa di scoprire di più su tutti i progetti annunciati, ragioniamo un po’ su quanto visto e sull’operazione di Konami.
Il più concreto è sicuramente il remake di Silent Hill 2, affidato a Bloober Team, che negli anni si è fatto conoscere per diversi titoli horror. La loro opera più famosa è sicuramente Layers of Fear, che ha avuto un discreto seguito e viene spesso riconosciuta, insieme ad Observer, come il loro progetto più riuscito. Il più recente The Medium, che da Silent Hill pesca a piene mani, ha invece avuto un’accoglienza decisamente più tiepida e divisa, sia dalla stampa che dal pubblico.
E’ forse proprio quest’ultimo ad aver minato, in parte, la fiducia verso il team polacco, che all’annuncio del coinvolgimento nel remake di Silent Hill 2 è stato facile bersaglio di perplessità, critiche o ben più spiacevoli prese di posizione. Eppure il team è consapevole del rischio che sta correndo, e degli occhi attenti che aleggiano sulla sua operazione di remake. Silent Hill 2 è il capitolo più amato ed apprezzato della serie, ancora oggi considerato un capolavoro del genere. Rifarlo comporta necessariamente una nuova visione, che passa per una tecnologia che non è più quella dei primi del 2000. Siamo di fronte ad un titolo sviluppato in Unreal Engine 5, con un cambio di prospettiva importante.
La telecamera ora segue James più da vicino, in una terza persona più moderna e cinematografica. Il timore che questo possa tradire il gameplay o il mood dell’originale è valido, ma Capcom e il suo Resident Evil 2 hanno già dimostrato quanto possa essere efficace questa evoluzione. Resta da capire se Bloober Team sarà in grado di fare ciò che Capcom ha fatto con Resident Evil, che è un po’ quello che ci chiederemo tutti, da qui all’uscita. Uscita che pare essere più vicina del previsto, visto che il team ha confermato di lavorare al progetto dal 2019, con un 2023 che non appare così irrealistico come si pensava.
In attesa di rivederlo con del gameplay, fa sicuramente un certo effetto risentire la colonna sonora di Akira Yamaoka, immersi tra la nebbia di questa nuova Silent Hill. Una prospettiva diversa che potrebbe darle vita come mai prima d’ora, con una delle sue storie più mature, spaventose e immortali che ci ha offerto. Se Masahiro Ito, art director e monster designer, e Akira Yamaoka, compositore storico della serie, hanno creduto al progetto di Konami e Bloober Team tanto da metterci la faccia, allora il team merita sicuramente un minimo di fiducia, ma anche un “powodzenia” per usare il polacco, e non citare sempre la famosa balena.
Restando nella serie principale, è stato piuttosto sorprendente vedere Konami annunciare ufficialmente un nuovo capitolo. In un revival di questo genere è lecito aspettarsi titoli minori e spin-off, anche solo per riaccendere l’interesse del pubblico e tastare il terreno con progetti meno rischiosi. E invece, Konami deve aver creduto particolarmente in Silent Hill F, un nuovo capitolo che sembra tagliare i ponti con la tradizione, per offrire qualcosa di diverso, inaspettato.
Il suggestivo trailer ci mostra un’ambientazione giapponese, degli anni ’60, con una studentessa che attraversa un villaggio rurale in rovina, invaso da misteriosi fiori rossi. Un trailer piuttosto evocativo, che denota però un cambio di atmosfere repentino. Silent Hill non c’è, e la sensazione è più di trovarsi dalle parti di Project Zero o Forbidden Siren.
Non nascondo una certa perplessità di fronte a questo annuncio, soprattutto per i nomi coinvolti, perlopiù sconosciuti (o quasi) in Occidente. Allo sviluppo abbiamo Neobards Entertainment, uno studio che ha sostanzialmente aiutato altri team nello sviluppo di tripla A, come Capcom e Square Enix. Il loro progetto più recente è Re:Verse, il gioco multiplayer di Capcom basato su Resident Evil. Se quest’informazione vi lascia un po’ di amaro in bocca, è comprensibile. Eppure, il team ha grande esperienza a livello tecnico, delle basi solide per supportare la visione più personale e autoriale di altri membri del team.
Alla scrittura abbiamo il giapponese Ryukishi07, autore di romanzi horror noto per alcuni progetti piuttosto disturbanti, come Higurashi When They Cry. Un autore così inserito nel genere horror fa ben sperare sulle atmosfere e la narrazione, nonostante il cambio di ambientazione. In suo supporto l’illustratrice giapponese Kera, decisamente poco nota ma dal gusto artistico preciso. Il producer invece è Motoi Okamoto, che ha militato in Nintendo dal 2001 al 2007, in diversi ruoli di supporto. Non è quello che definirei un dream team, ma al di là delle impressioni di pancia, si tratta di un team che potrebbe fare bene e dare a Silent Hill una nuova chiave di lettura, sperando non sia vicina ai tentativo di Vatra Games.
Un discorso analogo per titoli minori come Silent Hill Townfall e Ascension, perché di fatto questo ritorno di Silent Hill dimostra la volontà di Konami di sperimentare, di affidare il brand a team e publisher con diverse specificità. Silent Hill ha bisogno di idee e di autorialità, quella che è mancata negli ultimi respiri del brand negli anni ’10 del duemila. Un po’ come Sam Barlow e il suo Shattered Memories, che aveva tentato di giocare con la mitologia della città per creare un’esperienza diversa rispetto al passato. Annapurna Interactive e No Code in questo senso corrispondono alla descrizione. nonostante Silent Hill Townfall sia ancora avvolto nel mistero (ma con una direzione artistica già gustosa). Dello stesso avviso Silent Hill Ascension, una sorta di esperienza interattiva, collettiva e irripetibile.
Vedere Silent Hill ritornare con molteplici progetti è davvero sorprendente, non tanto per la qualità degli stessi (ancora tutta da vedere), ma per la loro varietà. Si riscopre il classico con Silent Hill 2, ma si approccia alla mitologia della serie con progetti minori e più audaci, magari anche nelle soluzioni di gameplay. Townfall e Ascension incuriosiscono, mentre Silent Hill F stordisce, con la sua atmosfera rinnovata. Sarà sicuramente un 2023 (e oltre) all’insegna dell’orrore, e nonostante la partita sia ancora aperta, sarà bello tornare a Silent Hill con queste premesse.
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