Fin dalla prima volta che abbiamo sentito parlare di Impact Winter, le sue premesse sembravano oltremodo interessanti: un asteroide è entrato in collissione con la Terra, riducendola a niente più che una distesa di neve – un pianeta vittima di un freddo eterno. Molti sono morti ma non noi, leader di un piccolo gruppo di sopravvissuti che dovrà dimostrare tutta la propria caparbietà per i trenta interminabili giorni necessari all’arrivo dei soccorsi. Il gelo non perdona e le nostre capacità gestionali, nonché decisionali, saranno fondamentali per evitare che la fiducia di chi ci segue sia malriposta. Il titolo di Mojo Bones ha già fatto il suo debutto lo scorso anno su PC e Xbox One, qui recensito dal buon Giovanni Tomaselli, perciò vi rimandiamo al suo dettagliato articolo se volete approfondire aspetti del gioco che nel porting PS4 non sono cambiati. Questa recensione si concentrerà sui possibili cambiamenti e le migliorie delle quali potrebbe aver goduto la versione attuale rispetto al 2017 ma vediamo comunque il contesto.
Vestiremo i panni di Jacob, un uomo sulla quarantina a capo del suddetto gruppo di sopravvissuti. Rifugiatisi in una chiesa che sfruttano come loro base operativa, vanno avanti giorno dopo giorno nella speranza che ci sia qualcuno, là fuori, pronto a prestare soccorso ed è proprio questo messaggio che un giorno il loro robot Aki-Light capta: di lì a trenta giorni sarebbero stati tratti in salvo. L’obiettivo è dunque raccogliere le risorse necessarie a sopravvivere lungo quest’arco di tempo ma non solo, perché con i materiali si può aggiornare Aki-Light riducendo il tempo di attesa per l’arrivo dei soccorsi. Nonostante la premessa semplice e immediata da seguire, manca quel feeling con i personaggi, quella parte di storia utile a renderci partecipi davvero della loro lotta – senza ridurla alla sola necessità di completare il gioco. Il gruppo si compone di uno chef, un medico, un veterano vietnamita, un genio del computer e un meccanico: assieme dovranno collaborare per uscirne vivi.
Impact Winter è un gioco di sopravvivenza e come tale vi chiederà di fare l’impossibile per mantenere in vita voi stessi assieme ai vostri compagni. Esplorerete in cerca di risorse, gestirete l’inventario e migliorerete la base per tenere al sicuro ciò che già possedete. Un gruppo in quanto tale è composto da più persone, ciò significa opinioni diverse e spesso divergenti su cosa serva per sopravvivere: a noi il compito di prendere in carico le loro richieste e accontentarle sotto forma di missioni secondarie, che rappresentano poi la parte più corposa del gioco. Ciascun sopravvissuto, Jacob incluso, ha alcuni parametri che devono essere mantenuti entro un certo limite per evitarne la morte o l’allontanamento dal gruppo. Questi includono la salute in generale, l’energia, la fame, la sete, la temperatura e il morale: mantenere la chiesa al caldo e assicurarsi che tutti siano nutriti è importante quanto esplorare il mondo che ci circonda e completare le missioni principali, utili ad accelerare il tempo di attesa per i soccorsi. La sovrapposizione di tutti questi elementi non solo ci tiene impegnati ma aggiunge il giusto tocco d’ansia che una situazione post-apocalittica come questa comporta, poiché ogni nostro pensiero sarà occupato dalla migliore gestione possibile di una situazione che non sembra avere all’apparenza alcuna speranza. Ogni passo nella neve potrebbe essere l’ultimo e dovremo imparare a scendere a patti con le pianificazioni a breve termine.
Ogni persona al campo base ha una propria specializzazione di cui Jacob può servirsi per alleviare il peso dei suoi compiti. Wendy ad esempio è un’abile cuoca e se dotata degli ingredienti giusti sarà in grado di cucinare piatti ad alta sazietà, mentre Maggie è l’esperta di meccanica e aggiornamenti in generale. Ciascun personaggio può, come detto poco sopra, affidarci incarichi che se portati a termine non solo ridurranno il tempo di attesa per i soccorsi ma amplieranno le possibilità creative di quel dato personaggio. Non siamo di fronte a missioni narrativamente di spessore, anzi, tuttavia sono il motore principale dietro alla nostra volontà di esplorare il mondo e superare i limiti per vedere fin dove siamo capaci di spingerci restando in relativa sicurezza. Ed è proprio il penetrare all’interno di una terra desolata e innevata, un tempo florido paesaggio, a rappresentare il punto di forza di Impact Winter. È ciò che faremo per la maggior parte del tempo, vero, ma un leader ha anche altre questioni di cui occuparsi – come i comprensibili dissapori all’interno del gruppo, che potrebbero sfociare in discussioni e costringerci, se saremo fuori in perlustrazione, a tornare indietro per alleggerire gli animi. Oppure possono ammalarsi per mancanza di medicine e in quel caso la loro guarigione diventa priorità perché un sopravvissuto non in forza significa un’importante risorsa in meno. Non bisogna mai sottovalutare nessun aspetto, neppure il più innocuo.
L’esplorazione è il maggior punto di forza di Impact Winter
Anche prendersi cura di voi stessi è importante, naturalmente: viaggiare in modo sconsiderato potrebbe portarvi a una situazione dove cercherete disperati di contenere la fame di Jacob per evitare che perda salute. Oppure l’uso eccessivo della torcia e delle funzioni di scansione di Aki-Light potrebbero esaurirne la batteria prima del tempo, lasciandovi senza radar e con solo il vostro senso dell’orientamento a guidarvi di nuovo verso la chiesa, assieme a una vecchia mappa di com’era il luogo prima della caduta dell’asteroide. Questo leggero e continuo stato d’ansia funziona e rende l’esperienza interessante, poiché nulla di quanto potrebbe accadere è da escludere a priori. Tutto è possibile in Impact Winter. Ciononostante il gioco ha le sue mancanze e ci sono degli aspetti che possono davvero esasperare fino a rovinare la buona esperienza costruita fino a un certo punto: se lasciati a loro stessi, i sopravvissuti non sono in grado di gestirsi nemmeno con a disposizione una base curata fin nel minimo dettaglio. Mentre noi siamo fuori in esplorazione, loro potrebbero non mangiare e finire affamati, oppure non andare a letto pur avendo noi dato l’input (badate bene, un comando di gioco e non un dialogo fittizio con Jacob) di andare a coricarsi, e molto altro ancora. In sostanza si tratta di sopravvissuti incapaci di sopravvivere e non sarà raro dover rientrare forzatamente da una missione perché è successo qualcosa al campo base in grado ci compromettere quanto di buono fatto fino a quel momento. Impact Winter è dotato di elementi molto interessanti ma di altrettanti capaci di mettere a dura la prova la nostra pazienza e che, se non altro su PS4, avrebbero potuto essere passabili di qualche miglioria. Invece la situazione non è minimamente cambiata, purtroppo.
Lo stile grafico di Impact Winter è molto particolare, perché combina una grafica da cartone animato alle ambientazioni cupe dove sono inseriti i personaggi. Muoversi all’esterno può sembrare molto noioso e ripetitivo poiché d’altronde stiamo fronteggiando una glaciazione che il paesaggio sta inevitabilmente subendo: al di là di macerie e profonde distese bianche, non possiamo aspettarci molto altro. La musica cambia quando si entra in uno dei tanti edifici sparsi sul nostro cammino perché la parte interessante è tutta qui, sia per quanto riguarda il gameplay, come abbiamo scritto poco sopra, sia per la grafica stessa. Ci troveremo di fronte a situazioni orribili, poiché le tracce di ciò che ha comportato la caduta dell’asteroide sono ancora visibili, ma è proprio ciò che serve per creare la giusta atmosfera e raccontare un evento spesso senza l’ausilio del dialogo o del testo, soltanto con la potenza delle immagini. Sfortunatamente Impact Winter soffre di cali di framerate piuttosto frequenti persino su PlayStation 4 Pro, ai quali si accompagnano alcuni piccoli difetti grafici e texture che sembrano un po’ troppo obsolete.
Per quanto riguarda invece i controlli, la semplicità delle interfacce e i menu facilmente gestibili dopo un primo approccio forse un po’ minaccioso sono stati implementati bene in questa versione, non facendo sentire il peso che un titolo PC generalmente porta con sé quando si tratta di porting nudo e crudo. L’impossibilità di fare proprio tutto in una sola run potrebbe aprire la strada a un valido replay value, favorito anche dal Nuovo Gioco + che permette di saltare tutta l’intro e il tutorial per finire direttamente nel vivo dell’azione ma sfortunatamente, dopo trenta giorni non c’è sufficiente voglia da imbarcarsi in un’altra impresa simile solo per provare qualche missione che potrebbe esserci sfuggita la prima volta. Anche se si dovesse trattare di entrare in competizione con noi stessi.
Impact Winter è un gioco piacevole con il quale mettersi alla prova, dalle premesse interessanti per uno sviluppo che purtroppo non ha saputo tenersi alla pari con gli standard. Accanto ad aspetti molto validi si affiancano mancanze tecniche che minano l’esperienza complessiva rendendo l’avvento del trentesimo giorno più un sollievo che un rammarico per una partita finita troppo presto. Se dal punto di vista ludico questa versione rimane giustamente invariata rispetto alle precedenti, il fatto che lo sia anche da quello tecnico e si porti dietro le medesime imprecisioni fa storcere il naso perché a distanza di un anno e tenendo conto delle precedenti recensioni si poteva fare in modo di intervenire almeno su questo. Siamo dunque di fronte a un’occasione di base mancata e incapace di valorizzarsi persino dopo il tempo trascorso. |
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