Impact Winter – Recensione

Che la fine del mondo, una sorta di apocalisse laica, sia oramai da più di venti anni un argomento di interesse globale è cosa nota. Con l’avvento dell’anno 2000, tra millenium bug e profezie varie ed eventuali, l’umanità tutta ha iniziato a chiedersi cosa ci si dovesse attendere da un passo epocale come la travalicazione di un intero millennio: già nel lontano 1998 l’industry cinematografica, con prodotti quali Armageddon e Deep Impact inaugurò questo trend di accoglimento della inevitabile catastrofe con film che sbancarono al botteghino autocelebrando la condanna di li a venire contrapposta a sforzi a volte vincenti, altre meno, di eroi contrapposti alle forze della natura o al fato. A distanza di quasi due decadi poco è cambiato: l’anno duemila è passato ma il trend dell’apocalisse è rimasto sempre attuale: tra videogames e lungometraggi l’industry tutta ha accolto a braccia aperte la strenua lotta per la sopravvivenza del genere umano, a volte contrapposto ad orde di zombie ed altre a guerre di respiro globale. Mojo Games, software house di recente creazione, ci da la sua personalissima visione della fine del mondo proponendoci Impact Winter, un survival game che, pur nel segno della tradizione, prova ad innovare un genere tanto di nicchia quanto piacevole da giocare.

Cosa succerebbe se un gigantesco asteroide entrasse in rotta di collisione con la terra? Questa la domanda, oltre che l’incipit narrativo, alla base di Impact Winter, prima opera di grande respiro dei Mojo Bones, studio britannico in attività oramai dal 2011 e già autore del discreto The Curse. La vita come la conosciamo è un mero ricordo, l’impatto dell’asteroide, oltre a spazzar via ogni forma di civiltà nella zona del cratere, geolocalizzata all’incirca al confine tra Canada e Stati Uniti d’America, ha fatto piombare il mondo intero in una glaciazione, un inverno perenne in cui i pochi sopravvissuti cadono come mosche, stremati da condizioni climatiche avverse e dal graduale esaurimento delle risorse necessarie per vivere. Niente elettricità, niente riscaldamento, niente internet: il mondo si è ritrovato, tutto ad un tratto, catapultato nel passato, in balia di se stesso e con i giorni contati. Le grandi metropoli sono state rase al suolo, le zone di campagna seppellite da un manto bianco che non accenna a diminuire: giorno dopo giorno le possibilità di sopravvivenza si riducono sempre di più. A poche settimane dall’impatto, con una civiltà che stentava ancora a riprendersi, con il sole oscurato dai fumi derivanti dall’impatto e le temperature che scendevano diametralmente, un terremoto della nona scala richter ha dato il colpo di grazia, prostrando finanche le ultime speranze rimaste. In questo inferno di ghiaccio, nei panni di Jacob Solomon, leader di un gruppo di sopravvissuti che ha trovato rifugio e base in una chiesa sotterrata dalla coltre bianca, ci troviamo a combattere per la sopravvivenza, nell’ambiente ostile sopra descritto, provando ad allungare al massimo la vita dei nostri quattro compagni di sventura, due anziani e due giovani, in attesa dell’inevitabile; tutto ad un tratto la ricetrasmittente radio impiantata in Ako-Light, un drone-robottino creato da Christophe, l’ingegnere del gruppo, riceve un misterioso segnale, disturbato e parzialmente incomprensibile, del quale si riesce a comprendere solo che “i soccorsi arriveranno in trenta giorni”.

Cosa succerebbe se un gigantesco asteroide entrasse in rotta di collisione con la terra

Rinvigoriti e rinsaldati nell’umore da questa speranza, scatta ora quella fase di lotta contro il tempo, di riconquista del territorio ostile attorno a noi, utile a permettere al gruppo una difficile sopravvivenza, in un mondo che è tutto, fuorché a misura d’uomo. Per l’appunto da quest’ultima premessa prende il via Impact Winter e viene delineata, senza ombra di dubbio alcuno, la caratteristica che ci farà da compagna/nemesi/antitesi e limite per tutto il playthrough: lo scorrere del tempo. Non solo, infatti, per via del limite temporale pre-imposto, quei trenta giorni che ci separano da un tanto agognato quanto improbabile soccorso, il tempo scandirà ogni singolo evento, azione o missione che intraprenderemo e potrà essere tanto nostro alleato quanto acerrimo nemico, determinando il successo o il fallimento della quest in oggetto ed il relativo avanzamento nella storia. Questo perché, per raggiungere la salvezza, dovremo interagire con i nostri compagni di “prigionia forzata” e svolgere missioni che ci verranno assegnate dopo aver parlato con loro: che si tratti di reperire oggetti sperduti in una parte del mondo di gioco, di costruire infrastrutture atte a potenziare il segnale radio ed a migliorare la nostra rintracciabilità o di procacciare, semplicemente, materie prime per permetterci la sopravvivenza, il successo (o l’insuccesso) determineranno quanto tempo ancora dovremo attendere per l’arrivo dei soccorsi, decurtando notevolmente ore e ore in caso di esito positivo della missione in corso d’opera.

Come se non fosse già difficile reperire materiale utile per la sopravvivenza dovendo combattere con temperature improbe, creature ostili che, dopo la caduta dell’uomo, sono tornate a far loro gli spazi vitali del pianeta e gli stessi sopravvissuti che non mancheranno di saccheggiare la chiesa o tendere agguati non appena possibile, gran parte dei nostri sforzi sarà volto, in piena guisa al ruolo di leader a noi assegnato dai nostri compagni, alla gestione delle dinamiche di interazione con i nostri colleghi di isolamento. Già perché, oltre a dover correre in lungo ed in largo per il mondo di gioco alla ricerca di materiali utili per la costruzione di strutture o di marchingegni utili alla sopravvivenza, dovremo prenderci cura anche delle condizioni psicofisiche dei nostri fidi subalterni. Toccherà a noi infatti racimolare vivande, bibite, ingredienti, libri di ricette e quanto utile a mantenere fisicamente attivi e vigili i co-protagonisti che ci affiancheranno per tutto il playthrough. Ad ognuno di loro sarà assegnata una scheda statistica mediante la quale potremo controllare il livello di salute fisica, lo stato di alimentazione, il morale, il livello di idratazione e la temperatura corporea: al graduale calare di uno, o più, di questi valori diminuirà la produttività del personaggio nel party e, in caso di reiterazione o di eccessivo prolungamento del malus in oggetto, potremmo assistere alla eventuale defezione del comprimario in oggetto dal gruppo, diminuendo sempre di più le nostre speranze di sopravvivenza. Si, perché se da un lato la parte gestionale potrebbe sembrare un semplice riempitivo, dall’altro viene a configurarsi come il collante tra le varie peregrinazioni che faremo nel mondo di gioco: tenere alti i sopraccitati valori statistici ci porterà infatti, oltre a garantirci la permanenza dei nostri commilitoni, anche ad avere la possibilità di assegnare l’uno o l’altro compito agli stessi, in modo da facilitare la nostra permanenza nel mondo dei viventi.

Per ogni missione superata, infatti, guadagneremo un determinato numero di punti esperienza che ci permetteranno, alla lunga, di salire di livello e di sbloccare ulteriori specializzazioni da assegnare ai nostri compagni, badando però, contestualmente, alla propensione del singolo individuo alla assegnazione in oggetto: assegnare una specializzazione ad un comprimario non idoneo, infatti, ci darà come valore risultante, un malus nella realizzazione del compito a lui preposto. La permanenza, inoltre, degli stessi comprimari ci permetterà, mediante l’utilizzo dell’apposito menù contestuale, di craftare, previa disponibilità delle materie prime necessarie, oggetti utili alla prosecuzione della nostra missione. Tutto ciò sfocerà, purtroppo, in una ripetitività di sorta che andrà a minare, alle basi, la varieta di un sistema di gioco altrimenti interessante e stimolante: ci ritroveremo infatti, spesso e volentieri, a perdere la maggior parte del nostro tempo in giro per il mondo di gioco, alla ricerca di quel particolare elemento e fortemente limitati dalla mancata sopportazione delle temperature e, spessissimo, alle prese con un inventario che, pur potenziato, risulta essere assolutamente inadeguato al contenimento degli oggetti, costringendoci a ripetere, più e più volte, la medesima strada, che si parli degli attimi iniziali del gioco o delle fasi avanzate non cambia, per poter raccogliere quanto dovuto.

Il fattore tempo, tara distintiva di questo survival game, diviene croce e delizia dello stesso

Ad ulteriore detrimento del fattore divertimento, pur volendo ignorare i difetti palesatisi fino ad ora, va una intelligenza artificiale, inerente i nostri compagni di avventura, mai troppo brillante: pur caricando, ad esempio, il magazzino con materiale utile ad alimentare il fuoco e a tenere, dunque, alta la temperatura della nostra chiesa, nessuno dei presenti si prenderà la briga di caricare il fuoco al centro del rifugio, costringendoci a repentine corse da parte a parte della mappa al fine di evitare l’ipodermia (o la eventuale dipartita) di uno o più dei nostri comprimari. Se a ciò ci aggiungiamo un insieme di bug (compenetrazioni poligonali, blocco del personaggio nel mondo di gioco, lentezza nei caricamenti) che, seppure in parte corretti dalla dayone patch, continuano a frustrare l’esperienza di gioco, si capisce quanto Impact Winter, seppure intrigante e ben realizzato, fatichi a farsi giocare agevolmente. Contando inoltre che anche le attività di ricerca ambientale demandate al drone presentano problemi legati all’imprecisione tanto del sistema di controllo, quanto nell’esecuzione degli stessi comandi, ci troviamo di fronte ad un prodotto si interessante ma, ahinoi, non perfettamente ottimizzato.

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Dal punto di vinta prettamente artistico, invece, Impact Winter, è bene dirlo da subito, ha personalità da vendere. Il fascino delle ambientazioni solitarie coperte dalla imperitura coltre di neve (e delle svariate location “sotterranee) è ben reso mediante una visuale isometrica sia artisticamente appagante che funzionale ai fini del gameplay. Lo scorrere del tempo è ben rappresentato da una alternanza giorno-notte che scandisce, momento dopo momento, l’impossibilità della sopravvivenza, permettendoci di pianificare con cura “visite” più o meno in incognito a location significative ai fini del gameplay. Lo stile dei personaggi e dei menù, improntato al più classico dei retro-futuro, ben si sposa con le asfittiche atmosfere offerte dal gioco. Punto negativo, invece, la disposizione e la realizzazione dei menù di gioco, fuorvianti e di difficile intelligibilità nonostante ore ed ore di gameplay.

Il comparto musicale rappresenta, a tutti gli effetti, il fiore all’occhiello di questa produzione, fornendo un debito e mai scontato accompagnamento alle nostre peripezie nella terra desolata ed innevata, alla ricerca di speranze e di oggetti che potranno tenerci in vita. La stessa ost varia a seconda dei momenti, alternando desolanti melodie a pezzi più ritmati nei pochi casi di ingaggio di animali selvatici o di rischio.

Conclusioni

Impact Winter rappresenta la più classica delle occasioni sprecate.

Un sistema di gioco piacevole, innestato in atmosfere ben curate e scandito da una colonna sonora allo stato dell’arte, si scontra invero con una realizzazione tecnica a tratti imbarazzante, scandita da una sadica alternanza tra perfezione realizzativa ed approssimazione.

Il fattore tempo, tara distintiva di questo survival game, diviene croce e delizia dello stesso rendendo a tratti avvincente, ben più volte frustrante, la prosecuzione in un mondo di gioco minato, invero, da una serie di bug che vanno a svilire la fruibilità dello stesso.

Aggiungendo a ciò la mancata localizzazione in italiano, a cospetto della presenza di lingue minori, la frittata è fatta.

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