In Sound Mind è un gioco bizzarro. Un horror psicologico che non si prende troppo sul serio ma al contempo cerca, soprattutto all’inizio, di fare leva sull’ansia con qualche situazione ben congegnata: mai abbastanza, purtroppo, per convincere fino in fondo. Nondimeno è un’esperienza piacevole, con un finale aperto che lascia spazio per un probabile seguito e una riproposizione del concetto junghiano di “Ombra” che avrebbe meritato un approccio un po’ più crudo e cupo.
Nei panni dello psicologo Desmond Wales, ci risvegliamo nel locale spazzatura del nostro condominio senza avere idea di come siamo finiti lì o di cosa stia succedendo. È però chiaro fin dai primi passi che qualcosa non va: l’edificio sembra abbandonato, in diversi punti notiamo una strana sostanza tossica e, cosa da non sottovalutare, qualcuno ci segue, osservando le nostre mosse, prendendosi gioco di noi nell’inscenare il classico gioco del gatto con il topo. Dalle chiamate frequenti che fa, sfruttando i telefoni sparsi nel condominio, sembra incolparci del tragico destino cui sono andati incontro alcuni dei nostri pazienti. Per andare in fondo alla vicenda, dunque, non ci resta che ripercorrere le sessioni avute con queste persone e trovare la radice del problema: per loro ma soprattutto per noi. Un compito tutt’altro che semplice, poiché l’Ombra dei nostri pazienti ha preso una forma corporea e particolarmente ostile nei nostri confronti: una manifestazione che dovremo affrontare e sconfiggere per dare loro pace, imparando al contempo dalle loro esperienze.
Da queste premesse narrative si dipana un’avventura di circa dieci ore che parte con una marcata impronta horror psicologica per poi diluirsi in un’esperienza fin troppo action sparatutto. Intendiamoci, avere la possibilità di difenderci in un horror non è affatto male, a fronte soprattutto dei mille casi in cui attorno al protagonista ci sono tantissime papabili armi ma nessuna viene considerata tale.
In Sound Mind ha da un lato il pregio di non imboccarci, mettendo sì le armi a disposizione e al tempo stesso esortando noi giocatori a guadagnarcele; dall’altro, basta trovarne anche una sola (ad esempio la pistola) perché l’atmosfera cambi e si sposti sempre più verso un’esperienza rumorosa e al cardiopalma, non per le ragioni che ci saremmo aspettati. Certo, bisogna sempre fare il conto con i proiettili e il fatto che anche quando pensiamo di averne a sufficienza si esauriscono molto in fretta, tuttavia passato soprattutto il primo e il secondo livello il cambio di passo è evidente.
Per ogni paziente dovremo visitare un luogo a egli, o ella, legato e dove presumibilmente si è consumata la loro tragedia. Inseguiti con una certa frequenza dall’Ombra generatasi da queste persone, dovremo dar loro pace mentre colleghiamo assieme i singoli pezzi di una storia che ha radici molto più concrete di quanto si possa credere. Gli eventi paranormali che stiamo vivendo sembrano avere un fondamento, rispondono a un nome preciso (che non vi riveleremo) e noi per primi ne siamo vittime.
In Sound Mind ha il pregio di non imboccare il giocatore
Non mancano puzzle ed enigmi, nel gioco, ben orchestrati e spesso legati all’oggetto unico presente in ciascun livello, nonché nemici comuni dei quali ci si può sbarazzare con le armi a disposizione – a patto di averle trovate. L’inventario non prevede molti oggetti ma tutti quelli che otteniamo sono fissi, ovvero non ne verremo mai privati né sono a consumo: salute e batterie per la torcia si utilizzano nel momento stesso in cui vengono trovati, mentre per quanto riguarda i proiettili arriva un momento in cui, semplicemente, non possiamo portarne più, ma non esiste un’icona dedicata nell’inventario.
Per quanto riguarda gli oggetti unici, sono in buona sostanza quelli che ci permettono di fronteggiare l’Ombra relativa al livello che stiamo giocando: abbiamo molto apprezzato il fatto che il loro utilizzo non è però limitato a una specifica porzione di gioco ma può tornare utile anche nel resto dell’avventura. Prendiamo il frammento di specchio, ottenibile nel primo livello: serve a respingere l’Ombra quando ci attacca ma anche a tagliare i cordoni della Polizia e a evidenziare gli oggetti nei paraggi, quando non mostrare vere e proprie scritte nascoste alla vista. In alcuni casi è persino possibile essere già in possesso di un oggetto che ci aiuta contro le Ombre, in misura minore di quanto farebbe quello dedicato ma rimane comunque un vantaggio da sfruttare.
In questo, In Sound Mind costruisce un’esperienza piacevolmente progressiva, dove ciascun oggetto ha un suo ruolo ma non per questo viene dimenticato, una volta che vi ha adempiuto. È un peccato che piano piano sia scivolato verso un’esperienza action, eliminando del tutto la componente horror, a fronte soprattutto di alcune soluzioni che si sposano bene con il genere – tra cui l’assenza di una mappa tascabile e la necessità di affidarsi a quelle sparse in giro, arrivando a memorizzare i percorsi per evitare di perdersi.
A piacerci meno, invece, è stata la possibilità di rigiocare ogni livello in qualunque momento ma di doverlo rifare da capo. Ci spieghiamo meglio: l’unica ragione per cui si vorrebbe rifarlo è raccogliere i collezionabili, nella forma di pillole che potenziano alcune caratteristiche di Desmond se accumulate in una certa quantità. L’idea di doversi rigiocare tutto il livello da capo, avendolo già completato una volta, per cercare magari un solo collezionabile è fastidiosa: pur capendo il concetto alla base, ovvero il riavvolgimento del nastro sul quale è registrata la sessione psicologica e, di fatto, il riavvolgimento stesso degli eventi, risulta inutilmente prolisso e frustrante. Da sottolineare che tutti gli oggetti raccolti fino allora, a eccezione di quello chiave, rimarranno in nostro possesso andando dunque a velocizzare un secondo giro. Resta comunque il fatto di doversi rifare, pedissequamente, qualcosa che si è già vissuto e in un horror questo non aiuta a tenere alta la tensione.
È un peccato che piano piano In Sound Mind scivoli verso un’esperienza action
Al di là di questo, In Sound Mind è un gioco piacevole, che vi invitiamo a provare se siete appassionati del genere ma consapevoli di quello cui andate incontro: la costruzione della trama è buona, come abbiamo scritto c’è margine per un seguito (anche se non sappiamo come potrebbe essere gestito), la gestione dell’inventario è intuitiva e agevola la progressione senza contrastarla (a differenza di Visage dove un inventario pensato male inficia l’intera esperienza) e le singole storie dei pazienti sono interessanti a modo loro. Il lento scivolare verso un gioco più action che horror, dove la componente psicologica è dettata da queste apparizioni e non da una gestione della tensione di per sé, unito al fatto di dover rigiocare da capo un livello qualora lo si volesse rifare, non ci ha convinto.
Graficamente, In Sound Mind è nella media. Non spicca ma nemmeno risulta un pugno in un occhio, anzi, offre qualche scenario ispirato. Dove invece brilla è nel sound design e nella colonna sonora, con alcune canzoni scritte apposta attorno ai singoli personaggi che riassumono bene o male la loro condizione, la loro vita, e ne riflettono lo stato d’animo dimostrandosi anche molto orecchiabili.
In Sound Mind è un’esperienza piacevole nel complesso, che tuttavia non è priva di difetti. Abbiamo apprezzato la scelta degli sviluppatori di non accompagnarci per mano per quanto concerne l’inventario, mettendoci a disposizione oggetti utili alla progressione ma lasciando a noi il compito di guadagnarceli. Dall’altro lato, però, la decisione di scivolare sempre più in un action sparatutto fa perdere al gioco la tensione che ci si aspetterebbe da un horror psicologico. La decina di ore che richiede per essere finito non si sente però mai artificiosamente allungata, a meno che non si decida di farlo mettendosi alla ricerca dei collezionabili: la diversità nei singoli livelli è più che sufficiente per distinguerli l’uno dall’altro, così come i puzzle e gli approcci per superare determinati ostacoli. Essendo aperto a un seguito, restiamo curiosi di sapere se e come verrà sviluppato. |
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