Il tesoro di MachineGames
C’è più Indiana Jones nella creatura di MachineGames, che negli ultimi due film della serie cinematografica. Basterebbe questa frase sia per rassicurare persino i più scettici, sia per descrivere a grandi linee cosa ci si possa aspettare dalla produzione Bethesda, titolo che è fiorito in un clima di contenutissimo ottimismo, nonostante l’illustre pedigree di una software house che a ben vedere non ha mai sbagliato un colpo. Almeno per quanto riguarda gli FPS.
Totale inesperienza del team con le avventure, prima persona, i dubbi sempre più fondati di una Microsoft solo parzialmente in grado di dirigere con efficacia ed efficienza il roster di team al suo soldo, la fama del brand compromessa dai tempi de Il Regno del Teschio di Cristallo del 2008. Effettivamente, c’era più di un buon motivo per temere, per dubitare, per sospettare che qualcosa potesse andare irrimediabilmente storto, consegnandoci un’avventura che, nella migliore delle ipotesi, potesse allietare i fan della saga, gli irriducibili nostalgici che non ne vogliono proprio sapere di lasciare andare una saga evidentemente e chiaramente confinata nel suo tempo storico d’origine. Almeno per quanto riguarda i film.
I videogiochi, infatti, hanno questo incredibile potere di eternizzare i personaggi, le situazioni, il taglio artistico. Ed ecco perché in Indiana Jones e l’Antico Cerchio, che potete acquistare da GameStop, Harrison Ford non è invecchiato di un giorno, la sua tagliente ironia è ancora lucidissima, i luoghi che visita vibrano di vita, il mistero in cui è coinvolto l’archeologo più famoso al mondo è emozionante, appassionante, fitto quanto ci si aspetterebbe da un’opera che ruota intorno al personaggio ideato da George Lucas.
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Il dubbio che il gioco potesse appiattirsi agli standard imposti da Nathan Drake dura meno di un secondo. La preoccupazione che il buon Indiana potesse mettersi sulle tracce dell’ultima Lara Croft, quella in salsa survival, svanisce non appena ci si ritrova in uno scenario estremamente, tremendamente, gustosamente familiare.
Indiana Jones e l’Antico Cerchio, difatti, si apre con una diretta citazione a I Predatori dell’Arca Perduta, al momento in cui il nostro si introduce nel tempio, pieno di trappole, che cela e protegge l’Idolo d’Oro. Si tratta, in soldoni, di un biglietto da visita, di una dichiarazione d’intenti con tutti i crismi, un manifesto rivolto ai fan di lungo corso che enuncia quanto questo gioco rispetti, riproponga e adatti i canoni estetici del brand in un gioco in grado di sorprendere continuamente, nonostante qualche minuscolo scivolone.
Subito dopo il prologo, che appunto strizza l’occhiolino ai più navigati, Indiana Jones e l’Antico Cerchio si apre ad un pubblico ben più ampio, palesando la sua struttura di gioco estremamente stratificata e che potremmo accostare ad una scatola cinese. In totale contrasto con il primo scenario, estremamente lineare, il gioco propone scenari per lo più open map, grosse ambientazioni che potrete e dovrete esplorare da cima a fondo, tornando più volte sui vostri passi, ammirando in certi casi come il mondo intorno a voi cambi in base alle azioni compiute, scoprendo cunicoli segreti proprio laddove avreste giurato, fino ad un attimo prima, che non c’era più nulla da scovare.
La regia digitale è perfettamente in grado di riproporre certe inquadrature, di ricalcare alcuni canoni estetici di un certo modo di fare film d’avventura a cavallo tra gli Anni ’80 e gli Anni ’90
Sostanzialmente, il gameplay si divide in tre macro-meccaniche: l’esplorazione, le fasi stealth e di combattimento, la risoluzione degli enigmi. La perfetta armonia con cui queste tre anime convivono, si accostano, si mescolano è uno dei grandi pregi del gioco. Il ritmo con cui si alternano rientra anch’esso tra le qualità riconoscibili alla produzione, creando una progressione quanto mai piacevole, mai banale, puntellata e sorretta da piccole e grandi novità che diversificano l’azione. Indiana Jones e l’Antico Cerchio è a tratti un gioco trasbordante, ricchissimo, quasi esagerato.
Lo è, in primis, nella narrazione. Le cut-scene si sprecano, i personaggi di spessore si alternano di continuo in scena, gli scenari in cui si svolgono le varie sequenze sono tantissimi. Come dicevamo, in questo ambito si riscontra facilmente l’essenza di Indiana Jones. Il modello poligonale di Harrison Ford è praticamente perfetto. Le sue espressioni, le sue movenze, tutto è come ci si aspetterebbe, con una riproduzione fedelissima che non mancherà di far venire i brividi a chi è cresciuto con i film dell’attore americano. Non tutti i modelli poligonali godono della stessa cura. Soprattutto nella gestione delle animazioni facciali si nota un certo dislivello, ma i protagonisti, compreso l’affascinante e terrificante villain, il ricercatore al soldo del Reich Emmerich Voss, sono meravigliosamente modellati e animati.
Anche la regia digitale è perfettamente in grado di riproporre certe inquadrature, di ricalcare alcuni canoni estetici di un certo modo di fare film d’avventura a cavallo tra gli Anni ’80 e gli Anni ’90. La cura è totale e non risparmia nemmeno la sceneggiatura vera e propria. Il mistero che tiene viva l’epopea è intrigante al punto giusto, con un finale pieno di sorprese tra l’altro, e i dialoghi sono in grado di dare spessore ad ogni personaggio, oltre che a far spiccare l’irresistibile ironia del Dottor Jones.
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Proprio per questo, il rammarico è doppio in quei rari momenti in cui, a causa di scelte narrative quasi inspiegabili, la sospensione dell’incredulità viene drammaticamente rotta. Si tratta di brevi ed isolati momenti, per fortuna, per lo più dirette conseguenze di alcune inaspettate manovre del videogiocatore e non tanto di scene mal scritte, che pur ci sono, ma in alcuni casi dovrete essere accondiscendenti e accettare qualche piccolo scivolone.
Nulla di così impattante, anche perché sarete troppo impegnati ad ammirare il comparto artistico sfoderato da MachineGame. Tecnicamente il gioco si difende piuttosto bene. Qualche animazione meno convincente c’è, qualche texture poco definita ogni tanto scappa, si incappa in qualche piccolo rallentamento, almeno su Xbox Series X, ma anche in questo senso il gioco è quasi soverchiante per la quantità di dettagli che mostra ad ogni inquadratura. Al di là degli ottimi effetti luce, dei modelli poligonali ben riprodotti, di effetti particellari realistici, Indiana Jones e l’Antico Cerchio stordisce con ambientazioni in cui lo sguardo si perde tra mille oggetti, mille particolari, mille minuzie. Per darvi un esempio pratico, il viaggio di Indiana lo porterà anche a Città del Vaticano, con una Cappella Sistina perfettamente riprodotta e con palazzi sfarzosi che traboccano di suppellettili, statue, bassorilievi. Se amate la storia, impazzirete letteralmente per la quantità di reperti riprodotti.
Il cuore attorno cui ruota praticamente tutto è il taccuino di Indiana Jones
Naturalmente, parlando dell’aspetto estetico, non si può soprassedere sul sonoro. I temi più famosi della serie tornano, i nuovi arrangiamenti ricalcano perfettamente lo stile imposto dal mitologico John Williams, anche il doppiaggio nella nostra lingua è di strepitosa fattura. Gina Lombardi, del resto, spalla del nostro, è doppiata dalla bravissima Alessandra Mastronardi. Anche Alessandro D’Errico, sebbene non sia la voce di Harrison Ford a cui ci siamo affezionati negli anni, svolge alla grande il suo lavoro nei panni di Indiana Jones.
Artisticamente, insomma, siamo di fronte ad un autentico capolavoro. Nonostante qualche incertezza sul fronte tecnico, Indiana Jone e l’Antico Cerchio è bellissimo da vedere e ascoltare, una perfetta trasposizione in poligoni e texture dello spirito dei primi tre film.
Fortunatamente, l’incantesimo non si spezza non appena si entra nel vivo dell’azione. Come anticipato, avrete a che fare con un’avventura open-map in prima persona, nonostante l’inquadratura scivoli in terza durante le arrampicate. Il cuore attorno cui ruota praticamente tutto è il suo taccuino, da cui si possono consultare mappe, indizi, documenti raccolti, foto scattate, appunti, un compendio che arricchisce il background narrativo, che guiderà i vostri passi verso la successiva location, che vi fornirà i suggerimenti necessari e fondamentali per risolvere i tanti enigmi che dovrete risolvere. Piccola critica che si può muovere al gioco, questo menù interattivo è difficilmente navigabile con il pad. Tra dorsali, analogici e pulsanti da premere, maledirete l’impossibilità di richiamare al volo determinati oggetti e note, soprattutto quando vi farà comodo averli spesso sotto gli occhi durante la risoluzione di un puzzle.
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Ogni area è un vero e proprio parco giochi, ricco di possibilità, quest secondarie, segreti, collezionabili. Il level design, in questo senso, rasenta la perfezione, incastrando con estrema efficacia ampie aree all’aperto, stretti cunicoli in cui intrufolarsi, tempi e strutture oscure, certamente più lineari, ma anche per questo generose di tesori e ulteriori misteri. Come nei migliori open-world degli ultimi anni, è facilissimo distrarsi, trovare qualcos’altro che attiri la vostra attenzione, scoprire un segreto inaspettatamente, origliare per caso un dialogo e decidere di cambiare obiettivo sfruttando gli indizi recuperati dalla conversazione rubata.
Il mondo di gioco, in questo senso, è sufficientemente interattivo da adeguarsi alla vivacità esplorativa che esso stesso innesca. Come anticipavamo, una porta apparentemente chiusa, poi viene aperta da un personaggio secondario quando aiutato; completando una missione si entra in possesso di una chiave imprescindibile per completare una quest secondaria; un oggetto visto per caso, mentre si era impegnati in altro, assume improvvisamente un nuovo utilizzo.
Scatole cinesi, dicevamo. C’è una continua scoperta, una ricompensa per tutto, un mistero dietro l’altro che stimola il videogiocatore, perché consapevole che il suo successo, la risoluzione del grande enigma rappresentato dall’Antico Cerchio, persino la gratificazione data da una citazione ai film della saga, passano sicuramente anche dalla risoluzione dell’ultimo enigma in lista.
L’avventura funziona proprio per la fluidità con cui le varie parti di gameplay si legano tra loro
In tutto questo, non bisogna neanche dimenticarsi delle fasi puramente platform. Sono certamente secondarie nell’economia del tutto, ma anche arrampicarsi, usare la frusta per lanciarsi da una piattaforma all’altra, nuotare, effettuare salti millimetrici è qualcosa in cui il gioco riesce bene e che avvicina ulteriormente la produzione al feeling classico di Indiana Jones.
Anche i combattimenti hanno il loro spessore. In questi frangenti si palesa un control scheme inutilmente complesso, almeno con il pad, ma è estremamente godurioso prendere a cazzotti i maledetti fascisti e nazisti, stando bene attenti a proteggersi dai pugni dei nemici. In pesante inferiorità numerica avrete sempre la peggio, ma per quanto il combat system non offra chissà quali combo e tecnicismi, è divertente prendere a cazzotti tre avversari e magari sfoderare la rivoltella per farne fuori uno molto più velocemente. Avrebbe giovato un combat system più complesso? Forse sì, ma nell’economia dell’avventura non si sente mai il bisogno di altro, perché già così le baruffe infondono il giusto livello di varietà al tutto.
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Discorso assolutamente identico per le fasi stealth. Qui viene fuori un’I.A. limitata e poco reattiva, ma sgattaiolare alle spalle delle guardie per coglierle di sorpresa, sfruttando anche la complessità degli scenari, regala soddisfazioni. Si è visto di meglio in giro anche in questo senso? Certo. Eppure, funziona proprio grazie all’estrema varietà e alternanza di situazioni offerte da Indiana Jones e l’Antico Cerchio.
Come dicevamo, l’avventura funziona proprio per la fluidità con cui le varie parti di gameplay si legano tra loro, senza compartimenti stagni, senza che nessuna di esse prenda eccessivamente il sopravvento sulle restanti, sostituendole tra loro un attimo prima che ognuna palesi i suoi limiti.
Conclusioni
Indiana Jones e l’Antico Cerchio è un titolo assolutamente imperdibile per gli amanti del brand. I delusi dagli ultimi film, i nostalgici, chi chiedeva a gran voce il ritorno in poligoni e texture dell’archeologo più famoso del mondo sono avvertiti. Non si tratta solo di un ottimo adattamento che riprende estetica e feeling dei film. Abbiamo a che fare con un grande gioco, che allieterà e divertirà anche chi conosce solo sommariamente le gesta del Dottor Jones.
La sua trasversalità è garantita da un gameplay sfaccettato, vario, capace di soddisfare il giocatore continuamente. Per quanto la longevità non superi le trenta ore di gioco, la quantità di segreti, collezionabili, potenziamenti ottenibili vi incentiverà a perlustrare ogni centimetro quadrato delle mappe messe a disposizione.
Le fasi platform, quelle di combattimento, stealth e di risoluzione di enigmi si alternano con tempismo perfetto. E anche se il combat system è davvero basilare, i momenti stealth non si inventano nulla e le arrampicate non stupiscono è nell’amalgama complessiva che si palesa la magia di questo titolo.
Un titolo divertente da giocare, splendido da vedere e da ascoltare, quanto più si colgono i rimandi ai film classici della serie.
Imprescindibile per fan. Ugualmente consigliato anche a chi cerca un’avventura coinvolgente e appassionante. MachineGames non ha deluso le aspettative. Un’altra grande produzione firmata Bethesda e Microsoft.
Puoi acquistare Indiana Jones e l’Antico Cerchio sullo shop online di GameStop!
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Good
+Artisticamente strepitoso+Level design intricato al punto giusto+100% Indiana JonesBad
-Alcuni menù sono difficili da consultare-Qualche leggerezza narrativa-Altalenante tecnicamente in certi frangenti
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