Per Journey to the Savage Planet i termini di paragone da considerare sono principalmente due: Futurama e Metroid. Dalla serie animata partorita da Matt Groening, lo stesso dei Simpson, il gioco ha ereditato il riuscitissimo mix tra sci-fi, ironia e demenzialità. La famosissima saga di Nintendo, invece, rappresenta la base ludica della spassosissima creatura di Typhoon Studios, un debito che gli sviluppatori hanno voluto estinguere con citazioni più o meno dirette alla lore dell’epopea che ha come protagonista la bella e misteriosa Samus Aran.
Un po’ platform, un po’ adventure in prima persona, la produzione 505 Games ha il grande pregio di essere tremendamente onesto con il suo pubblico, dichiarando sin dalla prima schermata intenti, ambizioni, potenzialità. Non parliamo di un titolo che ha le capacità di settare nuovi standard nel genere di riferimento, né tantomeno di un capolavoro esente da qualsiasi difetto. Journey to the Savage Planet, nonostante alcune défaillance, riesce a divertire, intrattenere, appassionare.
Il compito che vi troverete a svolgere è presto detto: come impiegati di una società specializzata in viaggi spaziali, dovrete esplorare la superficie di un bizzarro mondo alieno, catalogandone flora e fauna, venendo a capo di un mistero che si nasconde tra le viscere del pianeta stesso. Non ci saranno cut-scene a sviluppare quella che resta una trama elementare ed ampiamente prevedibile. La narrazione si regge sui monologhi del computer di bordo, un’I.A. senza peli sulla lingua, e sui video-messaggi in live action del vostro capo, uno scienziato eccentrico che non perderà occasione per lasciarsi andare a commenti fuori luogo, rendendosi protagonista di siparietti comici davvero ben confezionati.
La dose di demenzialità che avvolge ogni aspetto del gioco, ben espresso persino dalle buffe creature che popolano le quattro ambientazioni che dovrete esplorare, rappresenta a tutti gli effetti il quid, l’elemento più caratteristico e riuscito.
L’ambito più rappresentativo, fortunatamente, non coincide anche con l’unico riuscito, visto che Journey to the Savage Planet si fregia di molte altre qualità.
Il level design, tanto per cominciare, è certamente tra queste. Pur senza strafare, pur non raggiungendo la complessità di un Metroid qualsiasi, gli sviluppatori sono riusciti a confezionare scenari tutti da scalare grazie al proprio jetpack, ricchi di segreti e sentieri nascosti da scovare aiutandosi con il visore.
Journey to the Savage Planet non propone in alcun caso sezioni noiose o ripetitive, rendendo stimolante persino il backtracking
Serve intuito e colpo d’occhio per individuare gli anfratti in cui si nascondono preziosi collezionabili. Una certa abilità con il pad, inoltre, è fondamentale per districarsi tra le molte piattaforme che vi condurranno attraverso l’arcipelago di isolette fluttuanti che compongono ogni bioma del pianeta.
Grazie al rampino in dotazione e ai frutti che potrete raccogliere in giro per le ambientazioni, veri e propri power-up che vi permetteranno di aprire porte e creare ulteriori appigli sulle pareti più ripide, in molti casi dovrete risolvere piccoli puzzle ambientali per liberarvi il percorso da seguire.
Sia quando si tratterà di mettere le mani su nuove risorse con cui potenziare l’equipaggiamento, sia nel caso in cui dobbiate raggiungere una determinata location per completare una missione principale o secondaria, Journey to the Savage Planet non propone in alcun caso sezioni noiose o ripetitive, rendendo stimolante persino il backtracking. Grazie ad una progressione semplicemente perfetta, anche con brevi partite tra una pausa e l’altra saprete trarre grandi soddisfazioni dal gioco, venendo a capo di misteri grandi e piccoli disseminati sulla mappa.
Anche per merito del già lodato level design, tutto è potenzialmente raggiungibile e basta prenderci la mano od ottenere il giusto potenziamento per intrufolarsi in un cunicolo fino a poco prima bloccato. Anche i nemici più coriacei, dopo essersi conquistati gli upgrade necessari, diventeranno avversari ben più abbordabili.
Purtroppo, parlando di creature ostili che non ci penseranno due volte ad attaccarvi, boss compresi ovviamente, dobbiamo soffermarci sull’aspetto meno riuscito del gioco: le fasi shooter. Il sistema di mira, difatti, è semplicemente rotto; il feedback del gunplay è pessimo; sparare, in generale, è senza mezzi termini frustrante. La scarsa potenza della pistola d’ordinanza non aiuta certamente, e suggerisce che probabilmente era nelle intenzioni degli sviluppatori rendere particolarmente arduo il suo utilizzo, ma si fatica davvero troppo a mandare a segno un colpo, soprattutto con nemici particolarmente mobili.
L’altro tasto dolente riguarda i bug che affliggono l’avventura. In un paio di casi, rimasti incastrati in qualche angolo dell’ambientazione, siamo stati costretti al riavvio. Gli oggetti sospesi nel nulla non sono pochi. Tecnicamente, il pop-up gioca qualche scherzetto anche a fronte di un comparto grafico di tutto rispetto. Pur non frequentissimi, i glitch in certi casi influenzano negativamente l’esperienza, ma siamo certi che gli sviluppatori siano già a lavoro per limitare i danni con future patch.
Journey to the Savage Planet è il classico titolo imperfetto e limitato, dannatamente divertente e appagante. Nonostante una longevità relativamente contenuta (venti ore sono sufficienti per completarlo del tutto, collezionabili compresi) la perfetta progressione dell’avventura in combinazione ad un level design raffinato al punto giusto rendono la produzione 505 Games una goduria tutta da giocare. L’alto tasso di demenzialità e la co-op fino a due giocatori online, inoltre, inspessiscono ulteriormente l’esperienza, dando carattere ad un prodotto che trova in Futurama e Metroid i suoi termini di paragone più prossimi. Bug e un gunplay deludente sono gli unici ambiti che impediscono a Journey to the Savage Planet di ambire ad un voto ben più alto. Se cercate un’avventura tra le stelle scanzonata, contenuta ma appagante, la creatura di Typhoon Studios fa proprio al caso vostro. |