Kingdom Come Deliverance II – Anteprima

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A sei anni dal debutto di Kingdom Come Deliverance, Warhorse Studios riprende le redini dell’avventura di Henry di Skalica per portarla si presume alla sua conclusione. Kingdom Come Deliverance II (già prenotabile da GameStop, a questo link) è un diretto seguito dell’originale e, come tale, andrebbe giocato dopo aver concluso il primo: narrativamente è strutturato affinché un neofita possa comunque goderselo sapendo, a grandi linee, gli avvenimenti precedenti ma è comunque evidente che così facendo si andrebbero a perdere tantissime sfumature. KCD del resto non è un gioco breve e fin dagli inizi si è dimostrato narrativamente curato tanto nelle vicende in sé quanto nel codex al quale il giocatore può accedere per una visione esaustiva dell’ambientazione, dei personaggi e in generale del periodo (1403) durante il quale si svolge la storia.

Bentornato Henry!

Dunque, prima di immergerci nelle prime ore di questo promettente sequel, facciamo un breve ripasso degli avvenimenti. In Kingdom Come Deliverance vestiamo i panni di Henry di Skalica, figlio di un fabbro nella Boemia del 1403. La sua vita viene stravolta quando il villaggio viene preso di mira dai mercenari di Sigismondo, in guerra per sottrarre il trono al fratellastro Venceslao IV, e raso al suolo. I genitori di Henry vengono uccisi davanti ai suoi occhi, mentre lui riesce a salvarsi la vita e giurare vendetta per l’accaduto; non soltanto la morte dei genitori ma anche il furto della spada del padre, l’unico ricordo che gli rimane.

In Kingdom Come Deliverance vestiamo i panni di Henry di Skalica, figlio di un fabbro nella Boemia del 1403

Henry trova servizio presso Radzig Kobyla, un nobile che guida la resistenza contro Sigismondo, e lavora sodo per scalare i ranghi diventando un uomo utile al suo signore nel ruolo di, se così vogliamo definirlo, garante della giustizia: si infiltra tra i nemici e si occupa di consegnare alla legge criminali di ogni sorta. Una strada non priva di pericoli che lo porta, tuttavia, a incontrare diversi personaggi interessanti: Theresa, l’intraprendente figlia di un mugnaio alla quale deve la vita, Hans Capon, giovane nobile testa calda che diventa presto suo migliore amico, oppure Godwin, un prete tanto di larghe vedute quanto peccatore.

Sullo sfondo di una guerra fratricida e un conflitto politico destinato soltanto a inasprirsi, Henry cerca di aiutare lord Kobyla a liberare Venceslao dalla prigionia a cui l’ha costretto Sigismondo, ostacolati però dagli alleati di quest’ultimo: a cominciare da Markvart von Aulitz, generale nonché colpevole del raid su Skalica, per passare alla sua spia e cospiratore Istvan Toth assieme al suo apprendista Erik. Dopo una serie di schermaglie contro le forze di Sigismondo, Henry e Hans devono raggiungere il castello di Trosky e chiedere l’alleanza al suo signore così da poter meglio sfidare l’apparentemente inarrestabile pretendente al trono.

Nella storia troveranno spazio anche momenti di romanticismo.

Kingdom Come Deliverance II riprende esattamente da qui, dopo un inizio in medias res che funge in piccolissima parte da tutorial e ci dà uno scorcio del futuro prima di fare un salto indietro di due settimane, proprio quando Henry e Hans viaggiano per raggiungere Trosky. Narrativamente non dirò molto, se non che a seguito di circostanze avverse lo sfortunato Henry deve trovare un modo alternativo entrare al castello, poiché né lui né Hans vengono creduti quando dichiarano chi sono e perché si trovano lì. Questo avviene durante la prima metà e poco più del prologo, che si conclude con un allontanamento dei due amici, ognuno in cerca del proprio modo per raggiungere l’obiettivo, così da lasciare a noi giocatori il totale controllo di Henry in relazione all’ostile mondo che ci circonda.

Kingdom Come Deliverance II riprende esattamente da dove ci siamo lasciati con il capitolo precedente

Forte della sua precedente struttura ludica, il sequel la ripropone pressoché inalterata, almeno fin dove mi sono spinta, introducendo tuttavia una nuova arma: la balestra. Non ho mai vinto la mia battaglia nell’utilizzo ottimale dell’arco in KCD, sebbene a questo giro me la stia cavando molto meglio, e la maggior stabilità della balestra (che comunque richiede a sua volta una certa precisione) potrebbe rivelarsi una valida alternativa per chi preferisce creare un po’ di scompiglio dalla distanza prima di eventualmente lanciarsi nella lotta.

Premesso ciò, come in ogni open world che si rispetti anche in Kingdom Come Deliverance II ho fatto tutto tranne la trama principale finché non sono stata costretta – ossia quando non restava altro sulla mappa. Ciò significa aver speso finora più di quaranta ore a esplorare la regione, risolvere missioni più o meno intricate, diverse delle quali mi sono molto piaciute nel loro contenuto e nell’esposizione, affinare le diverse abilità di Henry secondo il mio stile di gioco (orientato al dialogo e alla furtività senza per questo disdegnare un po’ di sana spada), prendere sul personale le partite a dadi disponibili in ogni centro abitato, andare a caccia con il fido Mutt, litigare ogni volta con i grimaldelli e le serrature da forzare, ma soprattutto rilassarmi. Cosa c’è di rilassante in un contesto storico/politico che più mortale non si può?

“Cosa dici? La quest principale? Naaah, può aspettare!”

Molte cose, in realtà. Come nel gioco precedente, Henry non si limita soltanto a menar fendenti, rubacchiare o gozzovigliare qua e là. Deve anzitutto sopravvivere e questo vuol dire cavarsela spesso con i propri mezzi, in particolare quando i soldi scarseggiano. Se sei anni fa, con il primo capitolo, mi dedicavo meno a queste attività, nel sequel ho molto più apprezzato prendermi il mio tempo nello specifico con le attività da fabbro. Ho trovato spesso rilassante sedermi alla mola e affilare le mie armi, persino quando potevo pagare chi me lo facesse, e ancora più soddisfacente è stato forgiare armi: molto spesso nemmeno le portavo con me, poiché quelle dii cui già disponevo erano migliori, eppure ogni volta che avevo dei materiali a disposizione e capitavo nei pressi di un villaggio – cosa tutt’altro che rara – mi ritagliavo uno spazio in cui fare qualcosa di tranquillo e che, nella sua metodicità, mi dava modo anche di tirare un po’ il fiato in mezzo a tutto quello che Kingdom Come Deliverance II sa offrire.

Anche l’alchimia è un buon passatempo ma non sono giocatrice che si destreggia bene in mezzo ad alambicchi e quant’altro, o che banalmente fa uso delle pozioni derivanti, per cui le ho sempre preferito il duro lavoro alla forgia. A volte mi concedevo sessioni di tiro con l’arco, soprattutto per migliorare, ma questo serve a farvi capire quanto il sequel sia in grado di catturarti nel suo vortice di attività più o meno necessarie senza quasi far percepire lo scorrere del tempo. In un’occasione, a furia di dire “faccio questa e poi smetto” ho tirato le cinque e mezza del mattino: il bello di questo gioco è proprio il suo essere assuefacente senza mai stancare. Il tutto non avendo praticamente toccato la trama principale.

Il bello di Kingdom Come Deliverance II è proprio il suo essere assuefacente senza mai stancare

Dall’interfaccia ai menu, tutto richiama il primo capitolo e risulterà molto familiare a chi l’ha giocato sebbene molto dipenda da quando l’abbiate fatto. Io che l’ho giocato al lancio ammetto di aver impiegato un poco a riprendere la mano con le sue logiche ma ho anche riconosciuto di essere migliorata molto rispetto al 2019. Di giochi ne sono stati pubblicati, nel frattempo, ed esperienza ho avuto modo di accumularne; se possibile, anzi, mi sono sentita più pronta ad apprezzare questo sequel rispetto a quanto ho fatto con l’originale – che pure mi era piaciuto molto al netto di qualche fastidioso bug, poi risolto, e un sistema di scassinamento che tutt’ora non riesco pienamente a farmi andare giù. Il fascino di Kingdom Come Deliverance II, però, è proprio nel senso di continuità che riesce a trasmettere persino a distanza di così tanti anni; immagino che per chi ha giocato il precedente in tempi più recenti la sensazione risulti amplificata. A carattere generale, Warhorse Studios non delude.

Che soddisfazione vedere il frutto del proprio lavoro!

C’è tuttavia un aspetto che non passa inosservato, ossia il comportamento erratico dei PNG. Mi spiego meglio: Henry è sempre sotto costante giudizio delle persone attorno a lui, che si comportano in modo diverso a seconda della reputazione, di com’è vestito e naturalmente di quanto è pulito, poco importa si tratti di sangue o fetore di letame. Non fanno niente di davvero particolare ma i modi più scontrosi sono evidenti ed è un dettaglio apprezzabile. Ciononostante capita spesso che passino da uno stato d’animo all’altro, senza motivo, in particolare quando si tratta di lasciarvi pernottare: per fare un esempio pratico, posso avere un’ottima reputazione, aver risolto una questione spinosa a un PNG, essere stata profusamente ringraziata da quest’ultimo con lodi e parole amichevoli salvo poi, all’interno della stessa interazione, sentirmi dare del bifolco e vedermi rifiutata una stanza.

Non ho mai compreso la ragione dietro la quasi totalità dei rifiuti che ho ricevuto, fatto salvo per un’area di sosta, soprattutto perché mi sembrava di rispettare ogni canone possibile e in virtù del fatto che ero appena stata appellata come una persona irreprensibile e affidabile. Riposare in un letto vero, rispetto che farlo all’addiaccio, ha ovviamente dei risvolti più positivi ma va altresì detto che non manca l’occasione di godersi un sano riposo nel corso del gioco. Oltre al fatto di poter ottenere una propria stanza facendo un piccolo passo avanti nella storia principale. Rimane però quantomeno bizzarra questa improvvisa ostilità dei PNG, che a tratti si riflette persino da un’interazione con l’altra: un attimo prima sono la migliore amica, quello dopo una perdigiorno inaffidabile. Va un po’ a detrimento di una narrazione e gestione dei personaggi altrimenti molto valida, pur non inficiando in modo sensibile l’esperienza in sé.

C’è tuttavia un aspetto che non passa inosservato, ossia il comportamento erratico dei PNG

Per quanto riguarda il sistema di combattimento, che al di là dell’aggiunta della balestra ricalca la struttura già vista, suggerisce ancora una volta prudenza nell’approcciare i nemici, persino quando si ha maggior esperienza. Il numero di avversari è di nuovo un elemento di vitale importanza, poiché non possiamo controllare quello che succede fuori dal nostro campo visivo e i nemici tendono a cercare di aggirarci quando siamo in inferiorità numerica. A questo si aggiunge la bravura o nel mandare a segno un colpo dopo l’altro, oppure nel gestire la dinamica di parry e contrattacco, che diventa quasi imbattibile nel momento in cui si vanno ad apprendere i colpi da maestro – non semplici da trovare né da ottenere. Combattere è soprattutto un esercizio di pazienza, specialmente quando gli avversari sono ben corazzati e dunque meno propensi a farsi abbattere con facilità. In questo Mutt può essere un aiuto ma bisogna tener conto che non ha modo di difendersi e se subirà troppi colpi scapperà guaendo, tornando in autonomia dopo un certo lasso di tempo. Di base il nostro fedele segugio agisce da solo ma possiamo anche dirgli nello specifico di attaccare il nemico che stiamo guardando, così da non mettere lui troppo in pericolo e avere noi le giuste aperture.

La scheda del personaggio è adornata in modo davvero regale.

Dove l’IA difetta un po’ di più, secondo me, è nella consapevolezza dei dintorni quando adottiamo approcci furtivi. A volte non chiamano i soccorsi, pur se feriti da una freccia o un quadrello, ed è capitato di poter aggredire qualcuno a non troppa distanza da un alleato senza che questi se ne accorgesse. Al di là di questi molto sporadici episodi, è apprezzabile il fatto che possano arrendersi nel mezzo di uno scontro, lasciandoci decidere della loro sorte, oppure voltarci la schiena e scappare con tutte le conseguenze del caso. Se lasciati andare, potrebbero persino tornare con i rinforzi, o almeno questo è quello che mi è capitato in uno dei loro campi: ne ho lasciato andare uno e ho voluto tentare la sorte riposando sotto una delle loro tende, salvo essere svegliata un paio d’ore dopo dallo stesso bandito di prima e un altro paio che doveva aver chiamato a rinforzo. Non so dire se sia stato un caso oppure se è un comportamento previsto, in ogni caso è stata una sorpresa piuttosto gradita, pur nella sua pericolosità.

So che c’è ancora tanto ad aspettarmi in Kingdom Come Deliverance II ma, finora, si può dire che il lavoro svolto da Warhorse Studios sia estremamente valido: il sequel prosegue senza soluzione di continuità, narrativa e ludica, le avventure di Henry da dove le abbiamo lasciate con il capitolo originale, adottando il giusto approccio per cui “squadra che vince non si cambia” e andando solo ad aggiungere qualcosa qui e lì in un gameplay che continua a mostrare i suoi muscoli, pur al netto di qualche imperfezione dell’IA.

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