Los Angeles – A cinque anni dall’annuncio e tredici dal secondo capitolo ufficiale, al quale si sono susseguiti diversi spin-off, l’attesissimo Kingdom Hearts III si è confermato realtà con una premiere mondiale in quel di Santa Monica, per poi approdare all’E3 di Los Angeles per rendersi giocabile dalla stampa e dal pubblico, creando code di attesa non indifferenti. Del resto Sora è in un certo senso cresciuto con molti di noi che nel 2002, quando Kingdom Hearts debuttò, avevano circa la sua età: ci ha aperto un mondo – uno dei tanti – sulla collaborazione fra Disney e Square Enix, probabilmente più ambiziosa dell’intero universo videoludico. Viso pulito e sorriso sincero, cuore puro e tanto coraggio, il Keyblade che stringeva nel pugno era solo un’estensione della sua incredibile forza interiore: quella volontà che lo avrebbe reso un baluardo indispensabile per debellare l’incontrastata minaccia dell’Oscurità.
Premettiamo che Nomura non ha fatto nulla per semplificare le cose nel corso del tempo, complicando una trama in cui è difficile raccapezzarsi, quindi resta da vedere se non rimarranno incoerenze con tutto quanto narrato finora. Personalmente, anche ma non solo per questo motivo, ho sempre avuto sentimenti contrastanti nei confronti della serie – di cui apprezzo moltissimo il capitolo originale e Birth by Sleep, in particolare il personaggio di Aqua – ma la spettacolarità di questo terzo capitolo ufficiale potrebbe farmi ricredere. Perché Kingdom Hearts III è un vero e proprio parco a tema digitale, il più grande mai realizzato: l’aggiunta di tutte quelle novità che andremo ad analizzare tra poco concorre a rendere un sistema di combattimento finora troppo legato a un solo tasto, occasionalmente combinato con altri, a un’esperienza un po’ più tattica come ci si aspetterebbe da un RPG del suo calibro. Anche solo per la coloratissima ed esplosiva messa in scena di alcuni aspetti, vale la pena provare quanto il gioco ha da offrire.
La demo era divisa in due parti. La prima, più breve, mi ha catapultato nel mondo di Hercules. Da sempre limitato al Monte Olimpo ed espanso, seppur di poco, all’Oltretomba in Kingdom Hearts II, il terzo capitolo sembra promettere un’esplorazione molto più estesa. Sora, Pippo e Paperino sono ostacolati da Lithos, il Titano della Roccia, che dalla cima di una montagna scaglia loro contro un’impietosa pioggia di massi. L’obiettivo è semplice e per quanto si tratti di un’area evidentemente spoglia, molto sottotono rispetto a quanto mi sarei aspettata, serve a rispolverare l’utilizzo dei comandi e introdurre una delle prime novità: la verticalità dei movimenti di Sora e, di conseguenza, lo sviluppo degli ambienti di gioco in tal senso. In aggiunta all’Autorunning che vede il nostro eroe superare in autonomia piccoli ostacoli lungo il percorso, adesso è possibile correre direttamente lungo certe pareti e persino cambiare direzione in movimento senza il rischio di cadere. Questo aspetto aprirà sicuramente numerose possibilità esplorative ma in questa sezione ha lasciato un po’ l’amaro in bocca perché riduce la scalata a una lunga corsa intervallata qua e là da alcuni scontri (con i piedi per terra) contro gli Heartless: non c’è nessun senso di sfida nel raggiungere Lithos, la cui proverbiale lentezza mi ha permesso di schivare i suoi attacchi con estrema facilità fino a raggiungere… i suoi mastodontici piedi. Ben diversa dalla prospettiva che ha accompagnato la battaglia con il Titano nel capitolo originale, questa volta ho dovuto azzopparlo per indebolirlo, arrampicarmi su di lui guidata dall’Autorunning e dalla sua sommità evocare uno degli aspetti più Disney-centrici del gioco: le Giostre. Si tratta di vere e proprie attrazioni da parco divertimenti che Sora può guidare e sfruttare per infliggere enormi danni ai nemici, come il Big Magic Mountain nella sezione in esame – un treno che percorrendo una montagna russa invisibile bombarda Lithos dalla distanza, divorando i suoi HP cambiando di fatto lo stile di gioco in una sorta di arcade shooter molto colorato ed esplosivo.
Se parliamo dal punto di vista della spettacolarità, è indubbio il lavoro compiuto da Nomura e il suo team: l’inserimento delle Giostre amplia la rosa dei Comandi di Reazione disponibili, rendendo quei momenti un tripudio di colori e, forse, un’esperienza che non ci si stancherebbe mai di ripetere. Le Giostre sembra non siano disponibili ovunque ma al contempo non sono nemmeno legate al contesto in corso: nel mondo di Toy Box, relativo a Toy Story, ho sperimentato la Pirate Ship (Peter Pan) e le Mad Tea Cups (Alice nel Paese delle Meraviglie), che con la situazione non c’entrano nulla. Sono molto curiosa di sapere cos’altro si nasconde nel cilindro.
Parlando di Toy Story, abbattuto Lithos sono passata alla demo successiva, molto più corposa e interessante nonché altra novità assoluta, perché l’introduzione di Pixar non si era ancora vista in nessun titolo precedente. Sora e compagni si ritrovano nella cameretta di Andy, dalla quale metà dei giocattoli è misteriosamente scomparsa. Woody e Buzz sono scettici (non Rex, sempre ingenuamente adorabile) ma dopo averli osservati eliminare gli Heartless accettano il loro aiuto. Vedere Sora interagire con i giocattoli Pixar è stato incredibile, perché Square-Enix ha fatto ciò che le riesce meglio: caratterizzare. E, nemmeno a dirlo, è stato un centro perfetto. Dai movimenti, alle espressioni, al doppiaggio, è tutto come un grosso capitolo extra di Toy Story e pur non amando molto i film devo riconoscere la bravura degli sviluppatori. Poi, come si fa a non innamorarsi di Rex che scambia Sora per Yozora, protagonista di un RPG che sta giocando dopo essere venuto a patti con le sue zampine corte, e cita combattimenti impossibili contro Bahamut? Non si può, ecco. Toy Box offre molte più possibilità al combattimento. Non solo Giostre e Comandi di Reazione per Pippo e Paperino (Goofy Shot e Flare Force), ma anche una nuova opzione che coinvolge Woody e Buzz: il Rocket Ruckus vede Sora e i due giocattoli salire e bordo dell’iconico razzo ed effettuare attacchi in picchiata contro i nemici, per poi esplodere – letteralmente – in una mossa finale che colpisce ad area. Questa parte della storia mi ha inoltre dato la possibilità di provare più Keyblade, intercambiabili grazie alla croce direzionale del pad. Infinity Badge è quello legato al mondo di Toy Story ed è in buona sostanza un cactus con incorporata una stella da sceriffo. Il suo attacco potenziato è Hyper Hammer, un martello gigante a propulsione che crepa il terreno a ogni colpo. Smile Gear, da Monsters & Co., mette a disposizione ben due forme diverse, Agile Claws e Twin Yo-Yo, dando a Sora la possibilità di devastare il campo di battaglia con artigli meccanici oppure agganciare i nemici distanti grazie agli yo-yo. Infine Ever After, basato su Rapunzel, assumerà la forma Magic Staff per offrire potenti attacchi a lungo raggio. Ma a vincere è la sua mossa finale: si evocherà nientemeno che la fantomatica Torre.
L’avventura del gruppo si sposta al negozio di giocattoli, Galaxy Toys, dove si palesa l’ennesima novità di questo terzo capitolo: l’utilizzo dei Gigas. Una volta sconfitti questi giganteschi (nell’ottica di un giocattolo) mecha, infatti, Sora può prenderne possesso e dare il via a un combattimento FPS che in una certa misura mi ha ricordato una combinazione fra D.Va e Reinhardt di Overwatch . Blaster, pugni, scatti… ognuna delle tre tipologie di Gigas offre un approccio diverso e il divertimento sta nel provarli tutti, magari anche nel corso dello stesso scontro. Entrare e uscire dalla cabina di comando è fluido ed è possibile lanciarsi fuori da un robot per poi, a mezz’aria, prendere possesso di un altro se abbastanza vicino. Estende la portata del combattimento ed è una trovata che ho molto apprezzato per offrire una certa varietà: in fondo chi non preferirebbe un mecha al posto del Keyblade? Questa demo mi è inoltre servita per conoscere il sistema Link, che va a sostituire classiche Evocazioni pur non variando la loro funzionalità in battaglia: era disponibile Lagoon Showtime per richiamare Ariel che, come un vero e proprio spirito dell’acqua, si tuffa nel terreno permettendo a Sora di fare lo stesso. Ogni punto nel quale si saranno immersi esploderà poi in violenti getti d’acqua. Il secondo personaggio a darmi una mano è stato la vera novità sotto l’aspetto Link. Si tratta nientemeno di Ralph Spaccatutto, il gigante buono che grazie a 8-bit Blast viene direttamente evocato dagli anni ’80 assieme al cabinato di Felix Aggiustatutto: una volta sul campo, potremo piazzarci sulle sue spalle mentre sistema diversi blocchi che non solo possono fermare i nemici ma verranno distrutti da Ralph con la mossa finale. Il negozio è di per sé un’area molto estesa, esteticamente puntigliosa (c’è persino una sezione dedicata alle action figure di Final Fantasy Dissidia NT) e suddivisa in tre piani collegati i cui negozi fra loro attraverso le ventole d’areazione. La sezione si conclude dopo aver affrontato una bambola piuttosto inquietante che tuttavia, al pari del Titano Lithos, non ha offerto molto in termini di difficoltà – a maggior ragione in questo caso che avevo in aggiunta il Comando di Reazione per Woody e Buzz, oltre ai due giocattoli stessi. Pare infatti che, rispetto a Kingdom Hearts dove per avere un personaggio diverso dovevamo sostituirlo con Pippo o Paperino, qui i compagni si uniscono alla squadra mettendo di fatto in gioco dai quattro ai cinque personaggi attivi, più le Evocazioni. Forse un po’ esagerato ma è difficile dirlo con certezza su una porzione di gioco così piccola e semplice.
Laddove l’ultima parte della demo ambientata nel mondo di Toy Story sia stata coinvolgente e ricca, non solo in termini visivi ma anche stilistici e di gameplay, la sezione con il Titano Lithos si è rivelata piuttosto deludente. Sono consapevole fosse solo un estratto di un mondo più espanso, ambientata con molte probabilità all’inizio dell’avventura e dunque più leggera in termini di difficoltà, ma parliamo pur sempre di una boss fight che faticosamente riesce a percepirsi tale: una volta raggiunto il Titano è molto difficile subire danni seri, data la prevedibilità e la limitatezza dei suoi attacchi, e l’apparente facilità con cui si attiva la Giostra priva il combattimento di una qualsivoglia strategia. Scrivo apparente perché non era presente il menu di gioco, perciò non è stato possibile farsi un’idea di come verranno gestiti i personaggi e i singoli aspetti – un punto che non gioca troppo a favore di questa prova, perché è stato un po’ come brancolare nel buio.
Un aspetto che colpisce mentre si gioca è l’esuberanza di Kingdom Hearts III: Square-Enix sta sfruttando Disney e il nuovo Unreal Engine al loro massimo, tutto emerge con particolare intensità. Le Giostre ricalcano nel dettaglio un’attrazione da parco a tema, con il loro caleidoscopio di luci colorate e movimenti frenetici. Di fronte a tutti questi attacchi contestuali e riferimenti Disney, sembra quasi che la demo ti stia costantemente travolgendo, esplodendoti davanti agli occhi – a volte anche troppo ma è probabilmente dovuto al fatto di voler colpire il giocatore fin dall’inizio, stuzzicandolo con la promessa di cosa l’aspetterà in futuro. Kingdom Hearts è da sempre una seria conosciuta per essere estrosa, costellata di tanti piccoli effetti (particellari e non) gradevoli a vedersi ma il terzo capitolo è senza ombra di dubbio quanto di più visivamente spettacolare si sia mai visto. Restano ancora diverse incertezze su quanto l’aggiunta di nuovi Comandi di Reazione influenzi un sistema di combattimento già di per sé molto facilitato a partire da Kingdom Hearts II. A dispetto della sua innegabile spettacolarità visiva, c’è il rischio che proprio questa si imponga sul sistema di combattimento riducendolo all’utilizzo indiscriminato dei suddetti comandi. Che il gameplay debba evolversi è imprescindibile, Sora matura consapevolezza (solo quella però, perché caratterialmente è sempre il solito) e con essa cresce il suo potenziale, ma il mio timore è che si arrivi a eccedere togliendo un generale senso di sfida per limitarlo a eventuali boss segreti. Nonostante tutto va ammesso che il gioco è con molta probabilità la somma di quanto gli appassionati hanno atteso finora: ricorda molto da vicino l’originale Kingdom Hearts, con la sua incredibile verticalità e ambienti interattivi, il che è ottimo se si pensa ai paesaggi piatti del secondo capitolo. Il flowmotion è stato migliorato sotto tantissimi aspetti, la fluidità e il tempismo delle schivate sono eccellenti e nonostante Sora sia ancora un po’ lento nei movimenti rispetto ad esempio ad Acqua in 0.2, non c’è alcun dubbio: chi ama questa serie non avrà problemi a divertirsi.