L.A. Noire Switch

L.A. Noire (Switch) – Recensione

Altro giorno, altra gemma del passato (più o meno recente) che arriva su Switch, l’amata console ibrida targata Nintendo che tante soddisfazioni, al netto di compromessi di natura perlopiù tecnica, ci sta regalando. Dopo Skyrim e Rocket League, è il turno di un’opera speciale, un unicum nel panorama videoludico tanto apprezzato quanto, tristemente, finito nel dimenticatoio. Stiamo parlando di L.A. Noire, titolo già sviscerato nella nostra recensione della rimasterizzazione per PS4 (oltre che per Xbox One), riemerso dagli abissi dopo 6 lunghi anni, e da allora rimasto, letteralmente, una mosca bianca.

Si trattava di una curiosa invasione di campo da parte di Rockstar Games (coadiuvata però dal defunto Team Bondi, compianto anch’esso), che dopo averci fatto vivere le epopee di ogni genere di criminale in varie epoche e città iconiche dell’America, ci fece passare dall’altra parte della barricata, permettendoci di indossare la divisa dell’L.A.P.D. come uno sbirro qualsiasi, prima, e quelli puliti, sgargianti e appena stirati di un detective in carriera.

Quella vissuta in L.A. Noire è infatti la scalata di Cole Phelps, veterano che nel 1947 torna in patria da eroe e con un curriculum invidiabile, oltre ad una serie di skill e talenti che gli permette di raggiungere in men che non si dica i vertici della Polizia della Città degli Angeli.

L.A. Noire Switch 2

L.A. Noire era ed è, come detto, un unicum di per sé, ma lo stesso discorso vale anche se applicato ad una console Nintendo: ad alzare l’asticella della violenza su Switch ci hanno già pensato Doom e Skyrim, ma non si è mai visto nulla di così maturo, spietato e “pruriginoso” su una piattaforma della grande N, sempre attenta a non turbare i candidi occhi e spiriti dei suoi giocatori (anche di quelli over 30). Per fortuna le cose sono cambiate, ed è quindi lodevole il piano di Rockstar e della casa di Kyoto di riportare in vita un gioco così peculiare, da dare in pasto ai die-hard fan di Nintendo, che potrebbero esserselo perso all’epoca, ma anche a quei nostalgici che al giorno d’oggi non hanno più 20 o 30 ore da passare davanti al televisore su una sola avventura, ben felici però di poter indossare ancora una volta i panni di Phelps sul bus, o tra una pausa pranzo e l’altra, sgranocchiando uno alla volta gli oltre 20 casi proposti.

L’L.A. Noire che è possibile giocare su Switch, ed è bene ribadirlo, è lo stesso identico, in termini contenutistici, di quello apparso nel 2011, riproposto di recente e in contemporanea su PS4 e Xbox One (e in particolare sugli upgrade mid-gen, forti del supporto alla risoluzione 4K e all’HDR). Stessi casi da risolvere, stessi intrecci narrativi, stessi flashback nella turbata mente di Cole, e anche la stessa Los Angeles degli anni 40 da esplorare in pressoché totale libertà, quasi più un riempitivo, però, per colmare il vuoto da un caso all’altro, che restano il vero fulcro dell’esperienza: le sequenze in auto e le sparatorie hanno davvero poca importanza nell’economia del gioco (le prime potrete risparmiarvele facendo guidare il vostro collega, le seconde, legnose e poco soddisfacenti come un tempo, skippandole per direttissima), utili semmai a raccattare qualche chiamata d’emergenza e conseguente missione extra. Il piatto forte sono gli indizi da cercare e analizzare (sfruttando il touchscreen, in modalità portatile, e controlli di movimento per ruotare gli oggetti e interagire con il fido taccuino di Phelps, oltre che la telecamera), i punti intuito da accumulare salendo di livello e spendere quando si arriva ad un vicolo cieco, e soprattutto i sospettati da incalzare con domande precise e puntuali, con l’obiettivo di azzeccarle tutte (tra le tre opzioni/approcci previsti di volta in volta) e ottenere il massimo grado a fine missione, senza scordarsi del rischio di compromettere le indagini calcando la mano quando non serve, o peggio, lasciando in libertà i veri colpevoli.

L.A. Noire Switch 3

Indimenticabili gli interrogatori, merito della sofisticatissima tecnica chiamata MotionScan, invecchiata benissimo e fondamentale ai fini ludici, grazie alla cruciale lettura di corpo, occhi ed espressioni con cui riconoscere la bontà (o assenza di essa) nelle parole e nelle storie sputate in preda alla disperazione (o al terrore di essere scoperti) da testimoni e sospetti. Anche su Switch, dove la qualità visiva si pone a metà strada (come accaduto con Skyrim) tra la versione old-gen e quella current, complice una risoluzione ferma a 1080p (in versione docked, 720p quella portatile) e texture migliorate ma assolutamente migliorabili, e dove L.A. Noire si difende ancora egregiamente, senza però nascondere il peso degli anni (un peso meno evidente su volti e abiti dei personaggi principali, palese invece su quelli secondari e su numerosi elementi dell’ambientazione, più sporchi e grezzi).

L.A. Noire si difende ancora egregiamente ma non riesce a nascondere il peso degli anni

Inediti invece alcuni problemi rispetto al passato, come una sfocatura diffusa (soprattutto sulle facciate di alcuni edifici), una draw distance nettamente ridotta, anche rispetto alle versioni old-gen (ancor più ridotta in versione handheld) e un pop-in particolarmente evidente e sgradevole, con elementi dell’ambientazione (peraltro in minor misura in versione portatile) che appaiono dopo qualche secondo in lontananza, problema che vi accompagnerà in ogni vostra scampagnata per le strade di Los Angeles. Last but not least, un frame-rate a 30fps, che però non sembra mai riuscire a raggiungere la cifra tonda (cosa ancor più lampante quando si attiva il filtro in bianco e nero), donando così un’azione più appesantita, imperfezione ancor più netta durante gli inseguimenti sia in auto che a piedi. Inutile dire che, giocato in versione portatile (salvo il pop-in) di cui sopra, passa tutto in secondo piano: resta pur sempre l’L.A. Noire che ci ha affascinato nel 2011, con la sua trama coinvolgente, gli intrighi, il costante timore di non riuscire a leggere tra le righe le dichiarazioni dei testimoni, l’atmosfera nera e carica di disperazione, brutalità e micro- e macro- drammi d’amore, odio, razzismo e politica.

Conclusioni

Lo avrete capito: i problemi di natura tecnica, la versione Switch di L.A. Noire li sente tutti, ma non vanno ad intaccare la qualità del gameplay (salvo qualche sporadico bug legato al trigger delle cutscene che ci ha costretto a riavviare la missione), che resta lo stesso peculiare e unico nel suo genere come un tempo, motivo per cui sta a voi decidere quanto peso dargli.

Il paragone con le versioni “maggiori” è chiaramente impietoso, ma se si pensa alla ricchezza di dettagli che L.A. Noire offre, unitamente al vasto (ma vuoto) mondo di gioco, e al fatto di poter godere di tutto ciò su una console, di fatto, portatile, da giocare in lungo e in largo e in qualsiasi momento (superando abbondantemente le 4 ore di autonomia), è per forza di cose quest’ultima constatazione a prendere il sopravvento, come accaduto nei già citati Skyrim e Rocket League: i compromessi ci sono ed evidenti, ma chiudendo un occhio (azione agevolata dalle versioni portatili, in cui la sporcizia visiva è meno lampante), è possibile giocare i propri titoli preferiti comodamente spaparanzati sul letto, o in macchina (possibilmente non mentre si è alla guida, ndr).

Ed è questo quello che conta per davvero.

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