Che quello dell’horror sia uno dei generi cinematografici più amati, a ben vedere, è cosa nota. Dai tempi di Bela Lugosi – il Dracula degli anni ’30 – alle pellicole più recenti (Sinister 2, Babadook e quant’altro) passando per pietre miliari come Shining, Poltergeist o Profondo Rosso, la cinematografia del terrore ha sempre esercitato un fascino tutto tranne che indifferente nello spettatore. E il motivo è semplice: ogni tanto un brivido lungo la schiena e un salto sulla sedia ci stanno. In modo del tutto analogo, anche l’universo del videogioco ha intrapreso un percorso simile: dai primi Resident Evil ai Silent Hill, passando per Dead Space o Alien, di motivi per ululare qualche improperio con un pad in mano ne abbiamo avuti parecchi.
In questo panorama da brividi, esiste un sottogenere apprezzatissimo sul grande schermo che non ha mai goduto della stessa fortuna tra le fila dei videogiocatori: lo Slasher. Avete presente quei film in cui il protagonista è un energumeno più o meno sovrannaturale armato di coltellacci da macellaio, che si diverte a braccare gruppetti di persone in zone dove sembra impossibile scappare? Se state pensando a Halloween di Carpenter, a Venerdì 13 di Cunningham o al più recente Scream di Wes Craven, avete fatto centro.
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Giusto in questi giorni, i possessori di PlayStation 4 potranno attingere alla personale scorta di mutande di riserva grazie ad Until Dawn, titolo d’esordio next-gen di Supermassive Games che attinge all’enorme bacino dello slasher anni ‘90 per dare vita ad un’esperienza (sulla carta) terrificante. Mettete otto ragazzi di sesso promiscuo in una casupola abbandonata tra i boschi, un serial killer che mal tollera un vicinato rompiscatole e un centinaio di modi diversi – uno più violento dell’altro – per spedire i suddetti otto virgulti al creatore. Urla, ragazzine in crisi isterica e maschietti che tremano come foglie alla vista di una lama sono gli ingredienti di questa esclusiva PS4, che non solo non risparmia il gore gratuito delle pellicole da cui si ispira, ma offre una gestione inedita dei propri personaggi, che potranno cadere come moscerini uno dopo l’altro senza obbligare il giocatore al game over. Ovvio, se risparmiate qualche fatica al becchino sarebbe anche meglio… Il tutto è nelle mani del giocatore, che da “Dario Argento de noialtri” deciderà più o meno direttamente il destino dei personaggi con una serie di scelte critiche. Critiche al punto da decidere chi vive e chi no, per intendersi. Ve lo ricordate The Butterfly Effect? Ecco, una cosa del genere…
In Until Dawn, insomma, tutto ruota attorno al concetto di scelta, un po’ come accadeva ad Hollywood, dove per qualche motivo gli attori (nonostante i nostri insulti urlati contro lo schermo) non vedevano l’ora di infilarsi da soli in scantinati bui da dove provenivamo rumori strani. E poi la gente si incazza quando viene squartata da Micheal Myers! E non è infatti un caso se oggi, partendo da Until Dawn, siamo finiti a citare una delle icone dell’horror slasher di venti e rotti anni fa. Perché magari i suddetti film li conoscete tutti, ma forse non sapevate che, alcuni di questi, sono diventati persino giochi per console. E in alcuni casi, l’aggettivo “terrificante” non è lusinghiero.
Nel lontano 1989 usciva infatti per SNES Friday the 13th, ispirato dall’omonima pellicola con protagonista Jason Voorhees e ambientato, manco a farlo apposta, nel famigerato Camp Crystal Lake. Una pietra miliare per gli amanti del genere? Manco per sogno, visto che la suddetta cartuccia non aveva a che fare praticamente nulla col titolo di Carpenter ma, al contrario, obbligava il giocatore a prendere zombie a sassate o a gettare coltelli contro branchi di lupi. E ok la fantasia, ma qui siamo andati un po’ oltre… fortuna che ogni tanto il buon Jason faceva la sua entrata in scena, obbligandoci a correre come demoni attraverso una mappa incasinatissima per salvare uno dei nostri amici. Cosa che, puntualmente, nessuno riusciva a fare. E giù insulti.
Destino analogo anche per Nightmare on Elm Street, sviluppato da Rare lo stesso anno, stavolta per NES. Un titolo capace di far venire gli incubi anche alla buon’anima di Freddy Krueger: bisognava raccogliere tutte le ossa (di Freddy) disseminate sadicamente in ciascun livello per far apparire il mostro– annunciato da una campale scritta lampeggiante “FREDDY’S COMING!” – e pregare di aver la giusta botta di deretano per passare allo stage successivo. A distanza di quasi vent’anni, ci stiamo ancora chiedendo cos’hanno in comune zombie, scheletri e fantasmi vari con Krueger: ma nessuno ha ancora trovato una risposta decente.
Ma tranquilli, c’è di peggio. Texas Chainsaw Massacre, conosciuto da noi come Non aprite quella porta, raggiunse l’Atari 2600 nel remoto 1982. E nessuno ne sentiva la mancanza, a dire il vero, visto e considerato che non c’era altro da fare se non massacrare donne con una sega a benzina. Il tutto a patto di averne abbastanza, altrimenti Leatherface cadeva in depressione e partiva il game over. Non male per uno dei primissimi (se non addirittura il primo) tie-in cinematografici mai realizzati …
Chiudiamo in bellezza con lui, Halloween, il titolo dell’Atari 2600 con la miglior colonna sonora di sempre (“guardate” il video per credere). Nei panni di Laurie Strode dovevamo uccidere quel bestione di Micheal Myers prima che fosse lui ad usarci come ceppo per coltelli, salvando quanti più mocciosi – che apparivano a caso come funghi – in una delle case più brutte mai viste nella storia dei videogiochi antichi. Sì, ok, la grafica non è certo il punto forte del titolo: ma il game over – con la testa di Laurie staccata di netto dal collo, che rotolava sul pavimento spillando sangue a volontà – era dannatamente figo. E se non è slasher questo…
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