Se c’è un videogioco che più di ogni altro richiamava la necessità di una sua trasposizione in serie TV, questo è proprio Cuphead. Dal resto l’ispirazione per il videogioco viene proprio dai cartoni animati americani degli ’30 e dalle produzioni dello Fleischer Studios in primis. Con l’annuncio ufficiale avvenuto nel 2019, il cerchio si è quindi chiuso, portando Cuphead dalla folle mente dei fratelli Moldenhauer ai pad dai giocatore e da lì fino agli schermi di Netflix.
La serie di Cuphead! trae spunto da quanto visto nel titolo di Studio MDHR, ma cambia leggermente le carte in tavola, come vuole ogni adattamento che si rispetti (del resto, quando c’è Netflix nel mezzo accade quasi sempre così, ormai, nel bene e nel male, lo sappiamo). Se infatti nel videogioco Cuphead e Mugman sono impegnati a raccogliere i contratti delle anime di alcuni abitanti dell’isola Inkwell per conto del Diavolo, ne La serie di Cuphead! i nostri due simpaticissimi eroi avranno modo di avventurarsi in molte altre situazioni, del tutto scollegate dalla “quest” principale, dallo stampo decisamente più leggero.
Il paragone più adatto, per rendere l’idea, è forse Rick & Morty, in cui a fronte di pochi episodi che mandano avanti una storyline che prosegue ormai da diversi anni, ce ne sono altri antologici (la maggior parte a dire il vero), dove il delirio e la follia messi in scena si esauriscono nel giro della puntata stessa. Proprio la brevità degli episodi di La serie di Cuphead! rendono la visione – letteralmente – un concentrato di creatività che ammalia e quasi stordisce. La cura maniacale per il dettaglio a livello visivo è infatti la medesima apprezzata nel videogioco dei fratelli Moldenhauer, anche se a livello estetico possiamo notare qualche importante differenza.
Innanzitutto La serie di Cuphead! fa qualche concessione nei confronti di un pubblico (si spera) più ampio, edulcorando il filtro con effetto da pellicola rovinata e applicando in generale uno stile leggermente più pop che attenua di qualche grado la brutalità e la stranezza di situazioni e personaggi, probabilmente avendo in mente un target più giovane rispetto a quello del videogioco. A guadagnarci, in questo passaggio, sono le animazioni molto più fluide e le musiche che, sia grazie ad un jazz di primissimo livello, ma soprattutto alle canzoni sparse qua e là per gli episodi, vi resteranno in testa per giorni, sigla compresa (mai skippata in 12 episodi visti uno dietro l’altro in un solo giorno, come vuole la tradizione Netflix).
Proprio le canzoni in molti casi servono per presentare i personaggi. Prendiamo per esempio uno dei momenti più alti di tutta questa prima stagione: l’ingresso del Diavolo che si lancia immediatamente in una esibizione degna del Rocky Horror Picture Show (dal quale sembra anche ereditare l’atteggiamento crudelmente simpatico e viziosamente ammiccante). Non mancano altri personaggi amati nel gioco che avranno modo di esprimersi meglio in questo nuovo formato, come il Re dei Dadi, Nonno Bricco, Ms. Chalice e lo stesso Mugman che da comprimario riesce finalmente ad avere equa dignità di scena con il fratello Cuphead.
I due sono sempre insieme e sempre protagonisti di avventure in cui capitano non solo loro malgrado, ma soprattutto per colpa della loro sfacciataggine: poco importa se si tratti di ridipingere lo steccato di casa sparando vernice da un cannone o che si vada a cercare del gelato su un casinò galleggiante. Tutto è lecito in nome del divertimento.
Prima di consigliarvi di vedere la serie tutta d’un fiato (parliamo di 12 episodi da circa 10 minuti l’uno per un totale di poco più di due ore), c’è un ultimo importante pregio da sottolineare: la visione è consigliata in lingua originale poiché è stato fatto un ottimo lavoro anche a livello linguistico nella ricerca di un registro datato, stile anni ‘30, che completa il quadro di questa nuova serie TV che, salvo qualche sorpresa, è solo all’inizio e ha ancora tantissimo da raccontare, andandosi a posizione in quella cerchia di serie TV animate che strizzano l’occhio al mondo degli adulti (vedi Rick & Morty, Adventure Time et simili), ma posizionandosi forse proprio come l’alternativa più young tra queste.
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