Editoriale 08 Giu 2018

L’E3: un evento “da brividi”

Ricordo che, ormai molti anni fa, leggevo dell’E3 come di un evento importante, ma non è che mi facesse una grande impressione. Leggevo sulle riviste cartacee che era stato annunciato quel gioco, che era stata presentata quella console, e via discorrendo con immagini ed interviste a corredo: tutto bello, tutto importante, ma in fondo non comprendevo che cosa fosse o, meglio, che cosa avesse di così tanto speciale tutto quel fiorire di lustrini ed addobbi.

Tutto sommato l’E3 negli anni non si è evoluto in qualcosa di diverso, anzi: rischia sempre di più di essere soppiantato da una miriade di mezzi di pubblicità che servono agli addetti ai lavori per annunciare e/o promuovere il proprio prodotto, senza contare le fiere più o meno grandi che sono sorte nel corso degli anni. Ed è tutto vero, ma l’E3 sta ancora lì. Ed è, almeno per chi vi scrive, il picco massimo di coinvolgimento emotivo quando penso al mio essere videogiocatore, l’avvenimento irrinunciabile dell’anno, quei giorni che non appena sono finiti inizi già a contare i prossimi 360 che ti separano dalla prossima edizione.

Ho altre passioni, altri grandi eventi che seguo e che non c’entrano nulla col mondo dei videogiochi: sport, lettura, cinema, serie televisive… ma un’attesa così lunga e da brividi non mi viene data da nessun altro evento. E la dimostrazione che ogni anno mi viene trasmessa automaticamente la ritrovo grazie ai brividi che provo di fronte ad una conferenza, o al semplice vivere quei giorni sapendo che da un momento all’altro quella novità tanto attesa potrebbe diventare realtà.

Ci sono state decine di volte in cui l’E3 mi ha emozionato fino a farmi venire i brividi. Come disse qualcuno, “io non voglio dettagli tecnici o che mi spieghino come funziona quello o quell’altro prodotto: io mi voglio emozionare, voglio che sia come una giostra sulla quale salgo ed ho l’impressione che i momenti eccitanti si susseguiranno continuamente”.

In un certo senso, all’E3 tutta l’annata videoludica inizia e finisce

Questo editoriale vuole essere anche un invito a chi, come il sottoscritto una quindicina di anni fa, non “capiva” davvero cosa fosse l’Electronic Entertainment Expo, in modo tale che quest’anno lo possa seguire il più possibile e lasciarsi immergere in quello che è l’apice dell’anno videoludico… il che può apparire parecchio strano visto che non parliamo di un periodo in cui esce qualcosa, se non gli occhi dalle orbite una volta che ci troviamo di fronte a qualcosa di inaspettato o di immensamente aspettato ma che non credevamo potesse palesarsi.

Più di qualcuno potrebbe obiettare che ormai i rumor la fanno da padroni, che alcuni annunci vengono anticipati giorni prima da fonti più o meno anonime, che in fondo a Los Angeles è più il rischio di restare delusi dalle aspettative troppo alte… no, non sono d’accordo. Anche perché l’obiettivo della fiera è di farci sognare, e se possibile di farci esclamare che davvero stiamo andando verso quell’evoluzione, verso quel nuovo gioco, verso quella nuova esperienza (perché no) anche di vita.

E3 Xbox

Il fatto che all’E3 si siano aggiunti la gamescom di Colonia, la Paris Games Week, i The Game Awards, la GDC, il PAX e poi la smetto qui perché altrimenti l’elenco assomiglierebbe sempre di più ad un codice fiscale è un qualcosa che, secondo me, rinforza il mondo dei videogiochi, non lo indebolisce. Perché dimostra che i fan (e mi ci metto io in primis) vogliono sempre di più, aspettano informazioni e, soprattutto, vogliono essere stupiti.

Ed è anche un’occasione straordinaria per vedere finalmente chi è che anima l’industria: i creativi, quelli che quotidianamente lavorano ai titoli che andremo a giocare nei mesi / anni successivi. Qualche esempio che, ancora oggi, mi fa venire la pelle d’oca? Beh, visto che me li chiedete ve li riporto (non è vero che me li avete chiesti, ma la voglia di citarli è talmente tanta che non posso esimermi):

Davide Soliani di Ubisoft Milano che piange, letteralmente, in un misto di commozione e gioia mentre vede il suo Mario + Rabbids: Kingdom Battle presentato da Shigeru Miyamoto sul palco, e pensa a quanta fatica e soddisfazione si cela dietro quel progetto. O lo stesso Miyamoto che, quando tutto il pubblico è lì lì per andarsene da una conferenza Nintendo di diversi anni fa, entra sullo stage armato di spada e scudo con un sorriso a 32 denti per annunciare un nuovo capitolo di Zelda.

Ed il terzetto di sorprese mostrato da Sony 3 anni fa, con il remake di Final Fantasy VII, Shenmue III e The Last Guardian, ciascuno dei quali atteso almeno per 10 anni da un’orda di fan? Ed il boato che quelle poche centinaia di persone riescono ad effettuare quando si trovano di fronte ad uno degli annunci più attesi o sorprendenti?

In un certo senso, all’E3 tutta l’annata videoludica inizia e finisce. Finisce quella appena passata e ne inizia una nuova, e chi se ne importa se siamo a metà giugno!

E poi volete mettere la bellezza di altri eventi, dove ci sono fazioni che si scontrano come capita nello sport, con un popolo che rema tutto dalla stessa parte, e che in questo caso è rappresentato da noi videogiocatori?

Sì, tutto questo è per dire: E3, non vedo l’ora che arrivi.


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