Ho sempre pensato che i giochi narrativi siano i più difficili da realizzare – e anche da recensire ma questo è un problema mio. Qual è il cosiddetto X Factor di questi titoli? La trama? No, per niente. Al giorno d’oggi non esiste più nulla che possa considerarsi narrativamente innovativo: la bravura di uno studio di sviluppo, quando sceglie di cimentarsi con un videogioco che al gameplay si affida solo in parte, si evidenzia non nella storia che sceglie di raccontare ma nel modo in cui decide di farlo. Prendiamo What Remains of Edith Finch, un titolo che considero vero e proprio capolavoro del suo genere: spogliato di tutto racconta la storia di una ragazza che torna alla casa di famiglia, abbandonata da tempo, e ne approfitta per ripercorrere le vite di chi l’ha abitata. Messa così non suona poi così innovativa, vero? A dare lustro al gioco è infatti come Giant Sparrow ha deciso di farci conoscere Edith e la sua famiglia, andando a lavorare attorno a un concetto basilare e molto semplice per dargli la profondità con cui abbiamo potuto viverlo. Telltale ha fatto lo stesso con il primo The Walking Dead, prendendo l’universo creato da Robert Kirkman e l’abusatissimo cliché dell’apocalisse zombie per restituirci una storia incredibilmente umana ed emotiva che tuttora, nonostante i numerosi videogiochi sviluppati secondo lo stesso sistema, resta fra le più memorabili.
Nel 2015 è stato il turno di Dontnod, che con Life is Strange ci ha offerto una storia “banalmente” adolescenziale – poteri sovrannaturali a parte – ma raccontata mirando a corde così emotive da elevarla a qualcosa di più. Ha supervisionato Before the Storm, che pur non essendo allo stesso livello si è comunque rivelato ottimo, ma credo nessuno si aspettasse la sorpresa di The Awesome Adventures of Captain Spirit: con l’attenzione del tutto focalizzata su Life is Strange 2, l’annuncio all’E3 di Los Angeles di quello che potremmo definire un capitolo 0 (che vi ricordiamo sarà disponibile gratuitamente su PS4, Xbox One e PC a partire dal 26 giugno, ndr) ha colto chiunque di sorpresa anche per il soggetto. Dai toni cupi verso cui lentamente scivola Life is Strange, siamo passati alla colorata fantasia di un bambino di soli dieci anni: Chris Eriksen sogna, come chiunque alla sua età, di vivere avventure al di fuori dall’ordinario nei panni del difensore dei deboli, il potente Capitan Spirit. Dove gli sviluppatori sarebbero voluti andare a parare, dal trailer era impossibile capirlo e soprattutto hanno cominciato a emergere i primi dubbi: se davvero The Awesome Adventures of Captain Spirit è legato a Life is Strange 2, come sarebbero riusciti a creare la stessa empatia del gioco originale mettendoci nei panni di un bambino? Mi è bastato avviare il gioco e aspettare dieci minuti per capirlo. La patina colorata con cui ci vengono presentati Chris e il suo mondo immaginario sono in realtà l’unica arma con cui il bambino può difendersi da una realtà che è un vero e proprio pugno nello stomaco. Ancora una volta siamo di fronte a una situazione incredibilmente umana ed emotiva.
Spoiler non ne posso fare, e anche potendo non lo farei, ma qualche informazione ve la posso dare. Anzitutto, The Awesome Adventures of Captain Spirit è ambientato tre anni dopo gli eventi di Life is Strange, sempre in Oregon ma nell’immaginaria cittadina di Beaver Creek. È un pigro sabato pomeriggio, mancano quindici giorni a Natale e Chris è nella sua stanza abbandonato alla sua fervida fantasia. All’inizio si è forse troppo presi dalla situazione per accorgersene tuttavia ben presto inizia a farsi strada una sensazione che proseguendo nel gioco diventerà una delle tante, schiaccianti realtà: Chris è un bambino solo. Terribilmente solo. Fa rumore per coprire il vuoto che ha dentro ma è proprio questo rumore, assieme all’enfatizzazione del suo mondo immaginario, a instillarci il dubbio che ci sia ben altro dietro un ozioso giorno di vacanze invernali. Quando il padre chiama Chris per la colazione e, a furia di procrastinare come ogni bambino farebbe, alla terza volta lo minaccia di riempirlo di botte, ecco, è il momento in cui si comincia a realizzare che dietro quella famosa patina colorata si celi una storia ben più profonda.
La madre di Chris non è in alcun modo presente e per scoprire cosa le sia successo dovremo esplorare a fondo ogni angolo del ristretto mondo di gioco – limitato alla casa degli Eriksen e il cortile esterno – abbandonati a noi stessi da un padre che mostra fin da subito una dannosa dipendenza dall’alcol: arrivati a questo punto sarebbe facile provare un’istintiva repulsione verso un genitore simile ma, di nuovo, ecco che Dontnod preme sulle sfumature e ci lascia nell’incertezza. Perché il padre di Chris ha sì problemi con il bere, scatti d’ira e reazioni immotivate verso il figlio, ma ricostruendo piano piano la storia scopriamo una persona diversa, un netto confine fra prima e dopo lungo il quale tuttavia l’uomo sembra ancora camminare. Ad esplosioni di violenza si alternano momenti di complicità padre/figlio, alle difficoltà economiche viene contrapposta la volontà di far felice Chris comprandogli il regalo che tanto voleva (a onor del vero doveva essere un segreto perché Charles, così si chiama, lo aveva nascosto ma voi non siete mai andati a caccia dei regali di Natale da bambini?) e a un consumo eccessivo di alcolici si allinea la volontà di sconfiggere questa dipendenza. Charles è dunque un uomo che sarebbe facile etichettare ma in realtà è molto più sfaccettato di quanto appare. È vittima di se stesso, della sua debolezza, ed è consapevole di esserlo ma la solitudine dovuta all’assenza della moglie vince su un compito più grande – o forse, troppo grande: crescere Chris. Dontnod da un lato va dunque ad approfondire cosa voglia dire essere un bambino lasciato a se stesso, solo di fronte a una situazione che si è troppo piccoli per capire appieno; dall’altro c’è il rovescio della medaglia, ovvero l’onere di cui deve farsi carico un genitore nel momento in cui, senza alcun preavviso, si ritrova solo a sua volta. Chris e Charles sono due solitudini allo specchio, riflettono la stessa perdita da due punti di vista diversi, ma la mano tesa nel buio è soltanto una e non basta a tenere la presa. E quando la realtà diventa troppo da sopportare, la fantasia rimane il nostro unico (triste in un certo senso) rifugio.
Una storia incredibilmente umana ed emotiva.
Sotto questo aspetto, è interessante come Dontnod sia riuscito a implementare la nostra “ancora di salvezza” nel gameplay: con alcuni degli oggetti sarà possibile “attivare” i poteri di Capitan Spirit per interagirvi in maniera diversa e originale, persino divertente. Chris userà un piccolo espediente per far credere a noi giocatori di essere davvero in presenza di un supereroe, come sollevare la saracinesca del garage o accendere il televisore con la sola forza del telecomando pensiero. Inoltre, come tutti i supereroi che si rispettino, non può certo restare con le mani in mano e nell’attesa che il padre finisca di vedere la partita in televisione consulta la sua lista delle fantastiche cose da fare: in questo modo Dontnod ci invita in un’esplorazione interattiva e finalizzata dell’ambiente, in modo da assolvere i compiti da difensore della giustizia ma al contempo fare luce sulla situazione che stiamo vivendo. Se dovessimo andare dritti per la nostra strada il capitolo durerebbe mezz’ora ma ci mancherebbero così tante risposte che il finale quasi non avrebbe senso. Per questo vi invito a seguire ogni direttiva dell’eroica lista, sia per realizzare la leggera responsività che gli sviluppatori hanno dato al gioco rispetto al primo Life is Strange sia per godere della nuova grafica, che appoggia sull’Unreal Engine 4 e mostra notevoli passi avanti rispetto a Before the Storm, pur mantenendo lo stesso stile pittorico. Lo si nota particolarmente dall’animazione del mantello da supereroe, uno dei tanti elementi necessari per avere il costume al completo, e dei capelli. Alcune azioni dell’elenco sono un po’ all’ordine del giorno ma ce ne sono altre che riassumono in maniera piuttosto chiara The Awesome Adventures of Captain Spirit, come ad esempio il terribile incontro con il mostro che si cela nelle profondità della lavanderia… così spaventoso che Chris si rifiuterà di affrontarlo se non sarà protetto almeno in parte dal suo costume.
Questo capitolo 0 è un’esperienza di due ore o poco più, quando giocata completamente, che ci catapulta nell’immaginazione infantile e ci fa rivivere cosa significhi essere bambini. È Life is Strange nel suo nucleo più profondo ma al contempo si nota un pizzico di South Park: Il Bastone della Verità, non in termini di linguaggio questo è ovvio, e del già menzionato What Remains of Edith Finch quando ci si lascia andare all’immaginazione ma con sfumature decisamente meno deprimenti – nonostante una situazione umana molto aspra. E a Life is Strange non mancano i riferimenti, motivo in più per pensare a dei possibili collegamenti diretti fra le due storie. Quali è difficile dirlo, considerato che non abbiamo la certezza di quale dei due finali del titolo originale Dontnod considererà canonico nello sviluppare il sequel, ma ci troviamo sempre in Oregon e The Awesome Adventures of Captain Spirit è strettamente connesso a Life is Strange 2: gli indizi per pensare a una comunicazione più diretta fra le due avventure ci sono, bisognerà vedere fino a che punto saranno nostre supposizioni. Il 27 settembre è davvero troppo lontano.
The Awesome Adventures of Captain Spirit è un preludio dolceamaro, un gioco che ci mette di fronte a un dramma umano nei panni di chi è sempre e solo vittima. La fantasia è l’unico rifugio dove Chris può trovare respiro da una situazione che schiaccia e toglie il fiato pur nella delicatezza con cui viene trattata. O forse proprio per questo. La storia non fa rumore, non è eclatante se non nelle battute finali, ma spesso sono proprio il silenzio e lo show don’t tell a gridare molto più di quanto potrebbero fare la voce o una situazione sbattuta in faccia in tutta la sua crudezza. Quel poco che apprendiamo piano piano è abbastanza per essere tristi quando Chris si perde nella sua immaginazione, per sorridere se lui e il padre condividono un momento ed essere tesi non appena Charles prende una bottiglia di whisky, perché è inevitabile che nella nostra testa si formi lo scenario peggiore – probabilmente anche il più prevedibile ma questo non lo rende meno d’impatto, anzi, non lo fa perché ci troviamo nei panni impotenti di un bambino. Ancora una volta Dontnod ha preso una situazione comune per trasformarla in qualcosa di diverso e, ancora una volta, non possiamo far altro che aspettare e vedere come intenderanno svilupparla e approfondirla – perché il finale ci lascia con il più grande dei dubbi: i poteri di Chris sono davvero solo immaginari? C’è anche uno scenario più inquietante da prendere in considerazione, volendo, ma per adesso evitiamo di correre troppo con la fantasia (appunto) e attendiamo dagli sviluppatori qualche dettaglio in più su Life is Strange 2. C’è da aspettarsi di tutto. The Awesome Adventures of Captain Spirit sarà disponibile gratuitamente su PS4, Xbox One e PC a partire dal 26 giugno e per sempre, avete quindi un solo buon motivo per non giocarlo? |