Loading Human Chapter 1 – Recensione

Quando ci sono nuove frontiere da esplorare, non sempre i pionieri sono esclusivamente dei nomi illustri, e così, anche nel campo videoludico, chi osa investire le proprie risorse in tecnologie “nuove”, non sono soltanto gli studios più conosciuti, ma anche alcuni di quelli più piccoli o di recente formazione, che cercano di raggiungere così la notorietà precorrendo i tempi rispetto ai concorrenti più in vista.

Uno di questi casi è sicuramente quello di Loading Human, titolo della giovane Untold Games che, nonostante sia dislocata a Londra, ha al suo interno un’anima fortemente italiana. Partito con una campagna su Kickstarter, il titolo di Flavio Parenti ha fatto un bel po’ di strada, ed è riuscito ad arrivare anche sulla console casalinga di mamma Sony, giusto in tempo per partecipare al lancio di PlayStation VR.

Loading Human è stato un progetto voluto fortemente dai suoi creatori, che ci hanno giustamente infuso tutta la loro passione. È nato quindi come un prodotto episodico, creato con l’intento di migliorarsi ed evolversi, sia in campo tecnico, che in campo narrativo ed emozionale. Saranno riusciti a partire con il piede giusto? Un po’ presto per dirlo, ma alcune valide premesse non mancano.

Il primo episodio dei tre annunciati apre la strada a questa storia un po’ particolare, che almeno in parte sembra ispirata al mito classico di Prometeo, il titano che decise di rubare il fuoco agli dei per donarlo ai mortali. Per questo affronto, Zeus, padre di tutti gli dei, lo punì in maniera esemplare, ma immagino conosciate già la storia dell’aquila che divorava il fegato di questo povero immortale, che puntualmente ricresceva durante la notte giusto in tempo per far subire un nuovo supplizio al figlio di Giapeto il giorno seguente.

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All’interno di Loading Human, ci ritroviamo in una situazione simile per alcuni versi ma chiaramente non identica, in cui Prometheus (appunto) si ritrova ad essere l’unica speranza di vita del padre, Dorian, geniale creatore del progetto Lazarus, che avrebbe permesso agli umani di vivere teoricamente per sempre bloccandone l’invecchiamento. Ironia della sorte però, nonostante la preziosa invenzione, Dorian si trova in balia di una situazione che lo vede prossimo alla dipartita, e solo il ritrovamento della Quintessenza da parte del figlio gli permetterebbe di riuscire a salvarsi. Ma c’è anche un’altra variabile che rischia di sfasare l’equazione, Alice, “compagna” di Prometheus ma assistente del padre, sospesa in un ruolo scomodo che potrebbe far pendere l’ago della bilancia nella direzione sbagliata…

Dall’ambientazione risulta evidente che ci troviamo in un immaginario futuro, in cui la nostra razza è riuscita a superare i limiti coloniali dell’atmosfera terrestre ed ha cominciato ad espandersi nel cosmo. Ovviamente la scienza ha fatto passi da gigante, e di conseguenza gli umani dispongono di tecnologie avanzatissime ed intelligenze artificiali che hanno ormai raggiunto livelli che attualmente possiamo considerare lontanissimi.

La trama viene raccontata, se così si può dire, con un percorso temporale che si sposta avanti ed indietro in maniera leggermente confusionaria, ed il rischio che il giocatore possa perdersi qualche pezzo per strada è ulteriormente aumentato dai numerosi tempi morti all’interno del gioco vero e proprio.

Il sistema terrà conto dell’ampiezza delle braccia del giocatore, per gestire i movimenti nel modo più naturale possibile

Sul fronte tecnico, i controlli ci hanno fatto rimanere un po’ perplessi, ma allo stesso tempo ci hanno anche piacevolmente sorpreso. Quello che ci ha colpito è stato il non lasciare al caso la gestione dei controller (i Move in particolare), ma soprattutto il non dare per scontato che tutti i giocatori siano della stessa “misura”. Il sistema infatti chiederà alcuni dati di chi sta giocando proprio per tenere conto anche dell’ampiezza delle sue braccia, e di conseguenza gestire i movimenti nel modo più naturale possibile. Peccato però che dopo questa interessante premessa, il resto si riveli poco intuitivo, confusionario ed a tratti scomodo. Usando i Move per esempio saremo costretti a movimenti un po’ contorti per girarci di 180 gradi, e qualsiasi tipo movimento avanti o indietro metterà a dura prova l’apparato digerente (ma di questo parleremo meglio in seguito). Voltarsi poi non è un movimento fluido, bensì un letterale cambio di inquadratura, che attraverso un fade-out/fade-in cambierà la direzione effettiva verso cui siamo rivolti.

Se il sistema di controllo non dovesse riuscire a scalfire la vostra imperterrita voglia di andare avanti, sappiate però che i ritmi lenti del gioco ed i noiosi enigmi, se così li vogliamo definire, potrebbero portarvi vicinissimi all’eutanasia videoludica indotta per eccesso di tedio. Spesso infatti, vuoi per noncuranza o per semplice incomprensione, gli oggetti determinanti a superare una particolare situazione rischiano di passare inosservati o di non ricevere la giusta evidenza a causa dei movimenti non proprio precisi che si potranno fare durante il gioco. Una pecca che dilata le tempistiche, e che sfortunatamente rende più lungo del previsto anche il semplice gesto di raccogliere qualcosa.
Graficamente il titolo è ancora un po’ acerbo, mentre le ambientazioni sono gradevoli, ed è più che apprezzabile l’interazione con i tantissimi oggetti sparsi in giro, ma il tutto resta lontano dall’essere allo stesso livello di altre produzioni. In base alla sua natura inoltre, tende ad essere un titolo che non invoglia ad essere rigiocato, affossandone così la longevità globale.

Quantomeno la localizzazione risulta essere di buona qualità e completamente in italiano (dialoghi compresi), cosa che eviterà ulteriori distrazioni mentre si tenta di seguire la trama di fondo.

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Infine, un piccolo appunto per quello che riguarda la motion-sickness, che proveremo a spiegare citando un piccolo sketch di un vecchio film dei Monty Pyhton, Il Senso della Vita, in cui un grande e grosso signore entra in un ristorante. Si tratta di un cliente abituale, perciò il cameriere lo saluta chiedendogli come si sente, salvo ricevere in risposta qualcosa di… illuminante: “Meglio… Meglio avere un secchio, sto per vomitare…“.

Giocare a Loading Human, purtroppo, ha qualcosa in comune con quello sketch. La motion-sickness si farà strada dal vostro stomaco fino al senso dell’equilibrio e viceversa, rendendo anche il minimo spostamento qualcosa di terribilmente destabilizzante. Certo, c’è da tenere conto che tali fastidi sono prettamente soggettivi, potrebbero insorgere in maniera debilitante o non comparire per nulla, ma come al solito vi raccomandiamo di prendere le dovute precauzioni, facendo spesso delle pause in caso di lunghe sessioni di gioco, e di interrompere immediatamente se dovessero insorgere fastidi.

Conclusioni

Tirando le somme sul primo episodio dei tre previsti per Loading Human, ci siamo ritrovati con dei pensieri piuttosto discordanti. Una piccola parte di noi, quella che sui banchi di scuola ha sempre apprezzato lo studio della mitologia greca ed i suoi derivati, ha trovato qualcosa di interessante in questo titolo. Interesse che però si è perso/spento per strada durante il lentissimo svolgersi della trama e degli enigmi proposti per poter proseguire. Il nostro stomaco, al contrario, ha avuto qualcosa da ridire fin da subito, non tanto sulla parte narrativa del titolo, quanto sui significativi effetti della motion-sickness, che come vi abbiamo detto è parecchio presente anche nei minimi spostamenti.

Ottimo il livello di interattività degli ambienti, in cui quasi tutto può essere afferrato, spostato, lanciato ed a volte rotto, ma ciò rischia anche di distogliere un po’ l’attenzione dagli oggetti realmente importanti, facendo perdere ulteriore tempo durante le già lente scene di gioco. A tutto questo aggiungiamo infine i comandi eccessivamente contorti, e sarà comprensibile che il quadro generale non è proprio quello che ci aspettavamo, ma la cosa brutta è che “il male” non è ancora finito…

Come ultimo problema, siamo costretti a segnalare anche il prezzo proposto, che è quantomeno proibitivo per una distribuzione episodica, e rischia di superare anche la brutta impressione che ci ha fatto la cifra inappropriata di PlayStation VR Worlds (per la cronaca, il prezzo del primo episodio di Loading Human è di circa 40€).
Non è un buon inizio quindi quello della serie fantascientifica di Untold Games, che se anche riuscisse a migliorare nei successivi episodi, potrebbe aver già perso parte dell’utenza “scottata” in partenza.

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