Extreme conditions… again… and again… and again…
Fino a qualche anno fa, per la precisione fino all’inizio di questa generazione di console oramai sul viale del tramento, parlare di Capcom portava alla mente di tutti i videogiocatori una sequela di titoli che, in modo inoppugnabile, potevano essere considerati delle pietre miliari dell’arte videoludica, frammenti di gameplay impressi a fuoco nella mente di ogni hardcore gamer degno di tale nome.
Senza andare a scomodare il vetusto “1942”, basterebbero i nomi di Resident Evil, Dino Crisis, Devil May Cry, Breath of Fire, Onimusha e Street Fighter (ma potrei continuare per ore con questo elenco…) per far comprendere il “pedigree” di una software house che, a conti fatti, può essere considerata il “teatro dei sogni” di ogni videogiocatore con almeno 2-3 lustri di attività sulle spalle.
Tutto ciò fino alla passata generazione di console durante la quale, sulla Playstation 2 in primis, Capcom recitò un ruolo da assoluta protagonista; per ben comprendere l’involuzione del trend di questa software house basta osservare quanto successo alla sua saga più popolare e, ahinoi, più controversa: Resident Evil.
Passata infatti dal successo dei primi episodi ad una graduale discesa qualitativa, Capcom è riuscita a bruciare, con gli ultimi due episodi, una popolarità di matrice planetaria arrivando ad essere maledetta da ogni singolo fan delle incarnazioni “old-school” di questo franchise (una volta) di successo.
Discorso analogo può esser fatto per Lost Planet: sbocciato agli arbori di questa generazione di macchine da gioco, il capostipite di questa saga fece immediatamente breccia nel cuore degli aficionados di fantascienza e di TPS per via delle affascinanti atmosfere, grazie anche ad un gameplay segnato da duttilità ed immediatezza.
A breve distanza seguì un secondo, osceno, capitolo capace di allontanare indistintamente la pingue fanbase raccolta dal primo episodio e, dopo svariati anni di silenzio, ci troviamo qui a dover recensire questo terzo episodio, sperando Capcom, che nel passato anno fiscale ha fallito tutti i target di vendita dei suoi più importanti franchise, sia riuscita ad imboccare, nuovamente, la retta via da oramai troppo tempo smarrita.
Lo ameranno: Gli appassionati di TPS, i fan della saga di Alien.
Lo odieranno: I fan di Gears of War
E’ Simile a: Lost Planet 1 – 2, Gears of War, Dead Space
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Titolo: Lost Planet 3
Piattaforma: Xbox 360 / Playstation 3 / PC
Sviluppatore: Spark Unlimited
Publisher: Capcom
Giocatori: 1
Multiplayer: Competitivo 2-10 giocatori
Lingua: Completamente in italiano
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Once upon a time on E.D.N. III…
La morte, l’avvicinarsi del termine naturale di una vita biologica è molto spesso occasione di riflessione, di pentimento o di una confessione atta ad espiare i peccati commessi negli anni passati: nei panni di Jim Peyton, colono approdato 50 anni fa (30 dunque prima degli eventi narrati nel primo Lost Planet), intrappolato in via definitiva sotto un’inamovibile cumulo di macerie, iniziamo a narrare a nostra nipote, prima dell’estremo commiato, la spirale discensionale di eventi che hanno portato, complici anche le nostre azioni, noi ed un intero pianeta, alla rovina.
Al soldo della NEVEC, multinazionale dedita alla ricerca, estrazione e canalizzazione di grossi quantitativi di energia termica, il nostro fido Jim cercherà di sbancare il lunario per inviare quanti più fondi possibili ai suoi cari (moglie e figlioletto) che, sulla Terra, attendono speranzosi il rientro del capofamiglia. E.D.N. III, come abbiamo già avuto modo di vedere nei precedenti episodi di questa saga, non è un pianeta facile da affrontare: alle rigidissime temperature fa seguito la presenza degli AKRID, tignosa e pericolosissima razza aliena che, forse mossa da un istinto di difesa del territorio natio, sovente attacca gli “invasori terrestri” mietendo vittime su vittime. Nel corso delle sue peregrinazioni lavorative Jim si imbatterà in sempre crescenti difficoltà dovute sia all’aggressività della suddetta specie aliena che alla scoperta di oscuri segreti nascosti dietro la presenza strettamente commerciale della NEVEC su E.D.N. III.
In un turbine di emozioni, amicizie, tradimenti e colpi di scena magistralmente narrati ci troveremo a condividere il destino di un personaggio dannatamente umano e dotato, al pari di un personaggio pirandelliano, di una personalità a tutto tondo, di un passato che lo insegue e lo tormenta, di un presente in divenire vissuto con partecipazione e nostalgia della vita vissuta che porterà il nostro alter-ego virtuale, grazie anche a scelte registiche suffragate da un copione dannatamente ben scritto, al punto di non ritorno da cui la narrazione ha avuto inizio. Well done Spark Unlimited!!!
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Survival is not an easy job…
Il gameplay di Lost Planet 3 è, a tutti gli effetti, tipico di un Third Person Shooter alla Gears of War o alla Dead Space; le similitudini tra questi due masterpiece ed il terzo capitolo della saga made in Capcom si fermano però qui: ad una struttura completamente mutuata (sistema di controllo incluso) dai due sopraccitati modelli di eccellenza, non fa seguito purtroppo una corrispondente precisione nella realizzazione di un sistema di gioco plausibile ed accurato al tempo stesso.
Che ci si trovi nel mezzo di una lunga sequenza esplorativa “a piedi” o in una delle molte missioni a bordo del RIG (un mech adibito a funzioni esplorative/di trivellazione), la sensazione generale è quella di trovarsi in un immenso corridor-game senza alcuna libertà di scelta fattiva o possibilità di esplorare l’immenso E.D.N. III. Seppure capitasse di perdersi in questi angusti spazi basterebbe premere il tasto su della croce direzionale per ottenere indicazioni inerenti direzione e distanza della nostra destinazione.
Non bastassero queste limitazioni intrinseche, il gameplay diviene, dopo poco, dannatamente ripetitivo: i combattimenti, tutti uguali tra loro, non rappresenteranno mai una sfida davvero probante, eccezion fatta per le varie boss-fight che si ridurranno, comunque, a colpire le ben evidenziate zone rosse, unici punti deboli di nemici altrimenti ben realizzati. Le stesse sezioni a bordo del RIG diverranno ben presto una scusa per coprire distanze maggiori in minor tempo e il ritorno del rampino, richiesto a gran voce dai fans dopo l’immotivata sparizione nel secondo episodio, non avrà impatti sistematici nel gameplay, essendo l’utilizzo dello stesso limitato ad una piccolissima serie di eventi scriptati e, dunque, fini a se stessi.
Nemmeno le peculiarità shooter di questo Lost Planet 3 riescono a risollevare le sorti di una produzione che, comparto narrativo a parte, sembra essere mancante di ispirazione in ogni suo punto: le azioni degli Akrid sono scriptate e, dunque, facilmente prevedibili, il sistema di mira dannatamente impreciso, il sistema di copertura fallace sotto ogni punto di vista; spostamenti a piedi, con il RIG e sessioni di combattimento altro non sono che brevi (ed inutili) intermezzi tra una fase di narrazione e l’altra.
Stessa piattezza assumono le modifiche di stampo “ruolistico” per armamentario e RIG: a parte qualche piccolo potenziamento non saremo mai davanti ad sistema di evoluzione degno di questo nome. Il trattamento “Spark Unlimited” si è limitato solo al comparto narrativo: peccato!
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Let it snow…
Graficamente Lost Planet 3 alterna alti e bassi. Ad una resa magistrale del pianeta E.D.N. III, data dall’utilizzo dell’oramai onnipresente Unreal Engine 3, comprensiva di condizioni climatiche perfettamente ricostruite non corrisponde, purtroppo, una paritaria resa dei modelli tridimensionali degli Akrid o degli stessi personaggi: i membri della NEVEC, gli antagonisti e perfino Jim Peyton sono realizzati con una approssimazione grafica senza precedenti. Movenze, sincronia labiale, definizione dei modelli tridimensionali… tutto lascia in bocca il retrogusto amaro di un prodotto realizzato di fretta, con tante potenzialità… ahinoi inespresse.
Discorso opposto invece per il comparto musicale: essendo lo stesso strettamente collegato, a livello empatico-narrativo, con la progressione della tragedia personale di Jim Peyton, le musiche qui presenti riescono bene a rendere una atmosfera di solitudine-nostalgia che ben si adatta allo spirito del gioco!
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Si… ma per quanto tempo?
Lost Planet 3 ci terrà impegnati per un totale di 12-13 ore, rientrando dunqe nella media di un qualsiasi TPS: passate le prime due-tre ore di gioco però, lo stesso si trascinerà stancamente fino alla conclusione non fornendo mai, scelte narrative-registiche a parte, un reale stimolo per la progressione e, dunque, per la realizzazione di un secondo playthrough.
La componente multiplayer risulta invece la parte più riuscita di questa produzione, fornendo, seppure dotata di due sole modalità online, ore e ore di sereno divertimento. Nella modalità “Scenario” ci troveremo a fronteggiare, in match 5 vs 5, un team avversario con lo scopo del predominio e della conseguente eliminazione del team avversario: un buon level design e una varietà di approcci ai combattimenti ci faranno dimenticare, seppure in parte, l’approssimazione della campagna single player.
In “Akrid Survival” ci troveremo invece ad affrontare, divisi in tre squadre, degli assalti frontali sulla falsa riga dell’orda di Gears of War, con la variante che, alla fine degli stessi, i team lotteranno tra di loro per garantirsi la sopravvivenza.
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This is the end…
Lost Planet 3, duole dirlo, è una gigantesca occasione mancata!
Le premesse c’erano tutte: la consapevolezza del fallimento del diretto predecessore e la necessità di effettuare un cambio di rotta netto rappresentavano ottime premesse, purtroppo non concretizzatesi.
Non è bastato infatti il cambio di team di programmazione e l’adozione dell’Unreal Engine 3 per rendere un prodotto poco ispirato un gioco di successo. Un comparto registico-narrativo da applausi, affiancato da una caratterizzazione dei personaggi davvero ben realizzata, non è stato coadiuvato da uno svecchiamento del gameplay, funzionale ad una evoluzione verticale di questa saga.
“Ripetitività” è la parola chiave necessaria per descrivere Lost Planet 3: tutto ciò che il gioco ha da dire lo dice nella prima ora di gioco. Terminare la campagna single player altro non sarà che uno sfiancante “more of the same” di cui nessuno, francamente, sentiva il bisogno.
A rialzare il tutto ci pensa una modalità multiplayer ispirata e divertente che però non basta, da sola, a regalare la sufficienza ad un prodotto deficitario e poco ispirato sotto quasi tutti i punti di vista.
Non sappiamo cosa abbia in mente Capcom ma, di sicuro, non è questa la strada per tornare agli antichi fasti.
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