Lost Records: Bloom & Rage, un tuffo nei nostalgici e misteriosi anni ’90 – Anteprima

Quattro amiche, un segreto inconfessabile per ventisette lunghi anni: cos'è successo a Velvet Cove nell'estate del 1995?

Gli anni ’90. Quel bellissimo periodo che mi ricorda come il tempo passi per tutti. Gli anni dei Backstreet Boys, delle Spice Girls, del Cioè (personalmente non lo leggevo ma ne ho vaghi ricordi), del Crystal Ball che ci ha reso probabilmente più immuni di quanto potremmo pensare – esattamente come le sorprese appiccicose delle patatine. Le audiocassette e le videocassette, spesso a noleggio, gli album di figurine e adesso mi fermo perché, citando Giovanni, “non ce la faccio, troppi ricordi”. Insomma, il periodo per me dell’infanzia e per alcuni dell’adolescenza: come per le quattro giovani protagoniste del prossimo gioco di Don’t Nod, Lost Records: Bloom & Rage, un’avventura narrativa in terza persona che spazia da una fatidica estate del 1995 al 2022 quando, ormai adulte, queste persone si ritroveranno dopo aver giurato di non parlarsi più. Perché? Attualmente impossibile dirlo. La sessione di prova, demo a cui abbiamo potuto giocare in questi giorni, si è interrotta proprio sul più bello, ma anche se lo sapessi non ve lo rivelerei comunque.

Che cosa posso raccontarvi allora di questo gioco? Molte cose, a dir la verità.

A cominciare dalla protagonista Swann, una sedicenne dal profilo morbido, paffuto si può dire, uno dei tanti riflessi di un’adolescente degli anni ’90: appassionata di film e romanzi soprattutto horror, con una spiccata propensione alla carriera cinematografica dietro una macchina da presa, piena di ansie e insicurezze, probabilmente in rapporto conflittuale con il proprio corpo. Una ragazza, insomma, come tante ma nella quale diventa facilissimo immedesimarsi grazie soprattutto al lavoro di Don’t Nod nel dare vita alla sua stanza (primo ambiente nel quale mi sono trovata avviando il gioco). In un ottimo lavoro di show don’t tell, e con un piccolo aiuto da parte dei commenti di Swann a quello che decidiamo di esaminare, gli sviluppatori mi hanno permesso di inquadrare molto bene il personaggio: le sue passioni, la sua indole, le sue incertezze e più in generale la sua personalità. Prossima al trasferimento a Vancouver, Swann si prepara a passare le ultime settimane della sua vita a Velvet Cove, cercando di trarne il meglio.

La stanza di Swann, prima ambientazione esplorabile in questa demo

Come? Attraverso la lente della sua fidata telecamera: come ho accennato, la ragazza ha una passione smodata per il cinema e questo la porta a registrare qualsiasi cosa, dalla più semplice alla più elaborata. Per certi versi, in modo particolare per la sua difficoltà a relazionarsi con gli altri e l’avere passioni diciamo “non convenzionali”, potrebbe essere definita eccentrica – né dubito che qualche suo coetaneo l’abbia fatto, forse in maniera più denigratoria. Proprio questo però è l’elemento interessante di Swann, perché è talmente genuina in ciò che fa, al netto di una certa goffaggine, che strappa inevitabilmente un sorriso. Viene voglia di conoscerla meglio e di più, il che è un’ottima cosa quando si approccia un personaggio per la prima volta. C’è meticolosità nella sua semplicità e ancora una volta Don’t Nod dimostra di saper catturare l’attenzione, come fatto con Max Caufield ai tempi del primo Life is Strange.

Ancora una volta, Don’t Nod dimostra la cura nel raccontare qualcuno attraverso ciò che lo circonda

Un giorno di questa estate, Swann viene presa di mira dai bulli, ma viene salvata da alcune ragazze con le quali nascerà subito una forte amicizia: la ribelle Nora, aspirante cantante punk nonché vero e proprio cocktail esplosivo; la premurosa Autumn, una ragazza afroamericana che tiene un po’ le redini di questo quartetto e appoggia Nora nella sua passione musicale; infine, la più enigmatica ma non meno determinata Kat. Di queste ragazze raccogliamo dettagli a mano a mano che interagiamo e, proprio come con Swann, esploriamo l’ambiente in cui entriamo in contatto con loro la prima volta – ossia il garage di Nora. In questo bailamme di trasgressione (a ben cercare troveremo anche dell’erba) diventa ancora una volta evidente la cura di Don’t Nod nel raccontare qualcuno anzitutto attraverso ciò che lo circonda, prima ancora di far intervenire le parole. Intuendo la passione di Swann per il cinema, Nora le chiede di realizzare un video musicale. Dopo un po’ di titubanza, la ragazza accetta e suggerisce il vicino bosco per una questione di ambiente e giochi di luce a suo dire perfetti. A prima vista sembra una gita come tutte le altre ma, ed è qui il cuore del gioco, qualcosa deve essere accaduto; qualcosa che le ha spinte a non parlarsi più e che dopo ventisette anni torna prepotentemente nelle loro vite, obbligandole a rivedersi e ricordare ciò che avevano giurato di tacere.

Più che un garage, un vero mondo in cui il quartetto di amiche può esprimere ogni passione

Lost Records: Bloom & Rage, infatti, parte dal presente del 2022 dove, in un bar, Swann e Autumn si trovano e in attesa di Nora e Kat rievocano quell’estate che le ha unite e divise. In mezzo a loro, un misterioso pacco indirizzato proprio al loro gruppo (Bloom & Rage) il cui contenuto però rimane un mistero almeno finché non saranno tutte e quattro assieme. In un alternarsi di passato a presente, con alcune osservazioni di loro adulte durante quella fatidica estate, il gioco costruisce una tensione crescente che proprio alla fine della demo chiude tutto con un cliffhanger che mi ha solo invogliato a volerne ancora. Alla fine della giornata trascorsa a divertirsi e girare scene per il loro video musicale, le ragazze si ritrovano nel garage di Nora a vedere il frutto delle loro fatiche e tutto sembra andare benissimo se non che, a video ultimato e mentre stanno chiacchierando, la corrente sembra saltare improvvisamente. Questo non impedisce alla telecamera collegata al televisore di avviarsi per conto proprio e mostrare qualcosa che Swann non ricorda assolutamente di aver ripreso. Prima che si possa anche solo capire di cosa si tratti, tuttavia, la sessione termina e il gioco ci ringrazia per aver giocato fino a quel punto.

L’anima dei giochi Don’t Nod è sempre ben presente in Lost Records: Bloom & Rage

Ancora qui con il mio bel pugno di mosche e una curiosità scimmiesca a farla da padrona, non posso che apprezzare quanto vissuto nell’ora circa necessaria a finire la demo. L’anima dei giochi Don’t Nod è sempre ben persente, a partire da risposte multiple che possono anche dipendere da quanto ci siamo guardati attorno, ma questa volta (almeno per quanto ho potuto vedere ed escluso il confronto con Autumn nel presente) i dialoghi a cui rispondere non sono vis-à-vis bensì inseriti fluidamente nel contesto. I personaggi parlano tra loro e commentano a volte le nostre azioni, il tutto senza soluzione di continuità o particolari transizioni a meno che non inizi un filmato.

L’interfaccia durante le fasi di ripresa con la videocamera

In tutto questo tempo, oltre a esaminare i dintorni, possiamo e anzi dobbiamo riprendere quanto più possibile: non solo per direttive di trama, perché moltissimi filmati saranno legati alla nostra voglia di esplorare e riprendere, per dare vita a un’estate tutta nostra e personale. Ogni ricordo specifico si suddivide in microsequenze da registrare tanto sul momento quanto nel lungo periodo e una volta raccolto il numero sufficiente si crea automaticamente un filmato completo. Possiamo filmare anche più di quanto richiesto ed essere liberi, nell’apposito menu, di sostituire le sequenze con quelle che preferiamo in ogni momento. Ciascuno di questi sarà poi commentato da Swann, che offrirà le sue impressioni sul contenuto in termini prettamente emotivi – non commenterà, dunque, la resa finale del video.

Quanto visto in questa breve prova è convincente pressoché sotto ogni punto di vista. Esteticamente il gioco si dimostra curatissimo e ricco di dettagli, e al contempo si notano i passi avanti in termini di qualità. I personaggi sono espressivi, credibili nei loro gesti quanto nelle espressioni, e le animazioni stesse sono curate. Si può ancora fare qualcosa ad esempio su Kat, che in alcune sequenze mi è sembrata un po’ più grezza, ma avendo giocato una versione alpha è normale trovarsi davanti qualche imperfezione. Ottimo il doppiaggio, che considero azzeccato per ciascuna di loro anche nelle versioni adulte (sebbene abbia potuto sentire solo Autumn e Swann). Nel complesso, Don’t Nod sembra aver messo in piedi un’altra avventura narrativa promettente, dalle premesse accattivanti e nostalgiche che sono curiosa di vedere dove e come si evolveranno.