02 Giu 2020

Mafia 2: Definitive Edition – Recensione

Gli amanti degli open world a tema gangster con qualche anno sulle spalle non possono non ricordare la serie Mafia, una delle poche a competere con Rockstar e la sua monumentale saga Grand Theft Auto in termini di atmosfera e narrazione. Tematiche profonde e pesanti, zero compromessi nella messa in scena, personaggi dotati di spessore fuori dal comune: sono questi gli elementi che hanno caratterizzato ogni tassello della serie di 2K Czech (precedentemente conosciuta con il nome di Illusion Softworks) e 2K Games, anche quel terzo capitolo meno apprezzato (per motivi sacrosanti), ma comunque degno di una chance.

A sorpresa, 2K sembra voler riportare ai fasti di un tempo la saga: in attesa, forse, di un nuovo atto, il publisher punta intanto a rinfrescare la memoria ai fan di vecchia data, e a far conoscere alle nuove leve il glorioso passato di Mafia. Lo fa con una Trilogia (venduta anche “spacchettata”) che include il terzo capitolo, già uscito sulle console di questa generazione, un’edizione rimasterizzata del secondo capitolo (apparso 10 anni fa su Xbox 360 e PS3) comprendente i 3 DLC pubblicati, e infine un vero e proprio remake del primo capitolo, in arrivo il 28 agosto. In questa sede vi parliamo dell’episodio intermedio, che pur mantenendo intatta la classe di un tempo, pecca in una riproposizione che non gli rende minimamente giustizia.

Mafia Definitive Edition

Non sorprende più di tanto, ma le gesta di Vito Scaletta hanno retto benissimo allo scorrere inesorabile degli anni, e i due lustri passati non ne hanno scalfito la potenza: nato in Sicilia ma emigrato in America, più precisamente nella fittizia Empire Bay, finisce ben presto tra le grinfie della criminalità organizzata italo-americana. Furtarelli e scazzottate in compagnia del fido Joe Barbaro scandiscono le sue giornate, fino a che qualcosa va storto, e pur di risparmiarsi la galera, il protagonista accetta di arruolarsi e di tornare in terra natia per combattere la Seconda Guerra Mondiale, chiaramente dalla parte degli Alleati. L’esperienza non ne cambia la distorta visione del mondo, anzi, se possibile la enfatizza, portandolo ad alzare il tiro, fino a tornare nuovamente in carcere, e a riacquisire la libertà anni dopo, in un’America completamente differente.

Mafia 2 racconta insomma la sua scalata al potere tra le fila della famiglia Falcone, e lo fa, oggi come allora, con una struttura ludica e narrativa ancora oggi convincente e piacevole (seppur a tratti macchiettistica), con il gameplay funzionale alla storia e non viceversa, secondo una concezione di open world apparentemente antiquata e che penalizza la libertà tout court, ma che alla luce di tanti esponenti del genere per nulla in grado di narrare storie senza incappare in noia e ripetitività, appare quasi come una boccata d’aria fresca, paradossalmente.

In Mafia 2 il gameplay è funzionale alla storia e non viceversa

Per quanto liberamente esplorabile, Empire Bay, città come detto fittizia ricostruita pescando a piene mani dalle mega-città a stelle e strisce, non offre un’ampiezza esagerata, né tanto meno una mole disarmante di negozi e attività secondarie, tutt’altro. Avanzando nei capitoli, strutturati in realtà come singole, lunghe missioni, ci si rende conto che il mondo di gioco è semplicemente il palco su cui viene messa in scena la storia, risultando completamente dipendente dalla stessa.

Per quanto sia ammesso e possibile, scordatevi insomma di cazzeggiare per la città come un GTA qualsiasi: anzi, il realismo a cui Vávra (fondatore di Warhorse Studio e mente dietro il mai troppo amato Kingdom Come: Deliverance) e soci hanno sempre puntato vi chiederà di rispettare il codice della strada, semafori rossi e limiti di velocità inclusi, pena inseguimenti da parte della Polizia su bolidi che, complice il periodo in cui Mafia 2 è ambientato, non vi regaleranno le stesse scariche di adrenalina che una Infernus sa offrire.

Il risultato è una progressione asciutta e godibile, che mantiene (giustamente) il focus senza perdersi in milioni di mini-task fini a se stesse, un approccio che, come detto, fa sentire la sua mancanza dopo aver provato l’ennesimo open world con chilometri quadrati di mappa da esplorare e pressoché nulla di realmente interessante da fare o vedere. E che funziona alla grande ancora oggi… al contrario, duole dirlo, di tutto il resto.

Se il gameplay, combat system su tutti (tanto nelle scazzottate quanto negli scontri a fuoco), sente fisiologicamente e giustamente il peso degli anni (particolarmente il sistema di coperture), il lavoro di rimasterizzazione è invece è bocciato su tutta la linea.

Se narrazione e atmosfera hanno retto alla grande lo scorrere del tempo, il pessimo lavoro di rimasterizzazione non solo non valorizza il comparto tecnico, ma lo penalizza

Dal punto di vista tecnico, questa Definitive Edition è completamente da rivedere: frame-rate perennemente instabile, risoluzione grafica elevata che mette in bella vista texture grezze e con due lustri sulle spalle, o modelli poligonali dei personaggi rivisti ma non in maniera così impeccabile, e un sistema di illuminazione anch’esso sistemato ma esageratamente “sparato”, studiato più per mascherare le imperfezioni che altro.

L’IA fa le bizze in più occasioni, sia nelle sequenze di combattimento che per strada (con pedoni che si gettano bellamente sotto le nostre ruote e veicoli incuranti della nostra presenza), il pop-up di vegetazione, NPC e veicoli è particolarmente evidente e sgradevole, e alcuni glitch grafici, anche durante le drammatiche cutscene, per quanto esilaranti (con volti e arti distorti fino all’inverosimile), spezzano il pathos che il sapiente lavoro di scrittura, complice l’ottimo doppiaggio in italiano (anche se un po’ “impostato”), va a creare.

A risollevare le sorti del pacchetto ci pensano comunque i 3 DLC narrativi, “Joe’s Adventures”, “Betrayal of Jimmy” e “Jimmy’s Vendetta”, oltre ai pacchetti stile che aggiungono vestiti con cui personalizzare il buon Vito: la profondità narrativa del gioco base viene riflessa anche in questi extra che vanno ad approfondire vicende e figure della trama principale, col primo che ci racconta le peripezie di Joe Barbaro durante il periodo di prigionia di Vito, mentre gli altri due seguono le vicende dell’omonimo personaggio, al soldo del Don Sal Gravina. Extra non imprescindibili, ma comunque apprezzati, che vanno ad estendere una longevità già di per sé discreta (superando così le 15 ore complessive).

Conclusioni

Mafia 2: Definitive Edition lascia l’amaro in bocca: da una parte abbiamo una gemma di narrazione con un approccio all’open world ancora oggi brillante e intelligente, entrambi ancora godibilissimi nonostante i 10 anni sul groppone; dall’altra, un’anzianità tecnologica penalizzata da un lavoro di revamp assolutamente superficiale e anzi, disastroso, che non solo non dona giustizia al materiale originale, ma addirittura lo peggiora, tra un frame-rate ballerino, sporcizia grafica generale e tutta una serie di bug che rovinano l’esperienza.

I contenuti aggiuntivi addolciscono l’amarezza di questa occasione mancata, ma dovessero ripresentarsi le stesse problematiche con l’atteso remake del primo capitolo, ci vorrà ben altro per stemperare la delusione.

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