Maneater non è un documentario di National Geographic. Non ha alcun interesse nel riprodurre fedelmente l’habitat naturale di centinaia di specie animali diverse, né aspira a mostrare con piglio scientifico le consuete tappe che contraddistinguono la vita di uno squalo qualsiasi. Al tempo stesso, tuttavia, non è nemmeno Sharknado. Non manca una chiara tendenza all’esagerazione, al trash, alla fantascienza, come vedremo, ma palesa in fretta una più che discreta profondità sconosciuta a titoli sul genere, basati per lo più sul principio che il pesce grande mangia quello più piccolo.
Per usare un pratico metro di paragone, il frutto degli sforzi di Blindside Interactive ha ben poco da spartire con il pur divertentissimo Hungry Shark, produzione Ubisoft che proponeva un’avventura bidimensionale a tempo, in cui riempire il più possibile le pance degli squali protagonisti del gioco, sbloccandone progressivamente evoluzioni e potenziamenti.
Il titolo in questione si spinge in acque più profonde già nelle premesse narrative, inscenando una sorta di reality show che tra una puntata e l’altra riprende lo scontro, anch’esso spalmato su più riprese, tra un fiero pescatore a caccia di una preda delle sue attenzioni ed un cucciolo di squalo, la cui madre è stata drammaticamente assassinata, nel prologo che funge da tutorial, proprio dal barbuto uomo di mare.
Mentre Scaly Pete, guardando direttamente in camera, racconta le gesta eroiche del padre, si lamenta dell’inadeguatezza del figlio nel portare avanti l’azienda di famiglia, dà la caccia al al protagonista della vicenda che, crescendo, finirà per strappargli un pezzo del corpo dopo l’altro, l’utente vestirà proprio i panni del nascente terrore dei mari, intenzionato a diventare più grosso possibile per vendicare la madre.
Non ci sono pesci parlanti, naturalmente. La piega che prenderà l’avventura è ben espressa e sviluppata dai ciclici interventi di Scaly Pete, mentre al taciturno squalo toccherà l’azione vera e propria, struttura narrativa che in qualche modo ricalca quella del poco noto Deadly Creatures, titolo per Nintendo Wii in cui la caccia ad un misterioso tesoro di due speranzosi spiantati era involontariamente seguita passo dopo passo da alcuni insetti, intenti nella loro personale lotta per la sopravvivenza, controllati direttamente dal videogiocatore.
Non ci saranno canyon assolati ad attendervi, naturalmente, quanto uno spaccato di mare aperto, un golfo, una laguna, decine e decine di grotte e condotti metallici generosi di potenziamenti e collezionabili.
Maneater, prima che avventura, è difatti un sandbox che vi lascia piena libertà d’azione. Ci sono collezionabili, casse di potenziamenti, un mucchio di pesci con cui riempirsi la pancia e tanti predatori concorrenti da sfidare in battaglie sottomarine fatte di schivate, morsi, poderosi colpi di coda.
Non ci vuole molto tempo prima di scoprire specifiche grotte in cui potrete potenziare lo squalo, vedendolo così crescere in dimensioni, ma anche in abilità predatorie. Denti elettrificati tramortiscono la preda. Pinne ricoperte di un sottile strato di ferro causano danni extra alle imbarcazioni. Con il giusto equipaggiamento potrete rilasciare una potente onda d’urto quando la specifica barra è piena.
Il level design è a suo modo sorprendente, mettendo a disposizione dell’utente una mappa relativamente vasta
Più che uno squalo, dopo qualche ora di gioco finirete per controllare un vero e proprio sottomarino armato dalla punta del naso, sino alla coda, mezzo velocissimo ed efficientissimo che non disdegnerà nemmeno rapide e temporanee invasioni nel territorio più consono agli esseri umani. Con salti ben calcolati, difatti, potrete esplorare anche spiagge, porti, quartieri residenziali che si affacciano sul mare, solo per il gusto di fagocitare villeggianti e pescatori, o per raggiungere tunnel nascosti e collezionabili posizionati negli angoli più disparati.
Se diminuire la sovrappopolazione nei mari potrà al massimo attirare l’attenzione di qualche altro squalo interessato a difendere il proprio territorio, con gli esseri umani ogni assassinio attirerà una squadra di cacciatori dai quali dileguarvi o affrontare a muso duro, dando così vita a scontri piuttosto impegnativi.
Tra mini-boss che faranno la loro comparsa dopo aver distrutto un certo numero di flotte di pescatori e predatori sempre più grossi a cui contendere il trono di killer dei mari, non mancano naturalmente missioni principali che, una volta completate, introdurranno una nuova puntata del reality show con protagonista Scaly Pete e vi permetteranno di esplorare via via nuove zone a loro volta ricche di incarichi secondari, segreti, pericoli.
Il level design è a suo modo sorprendente, mettendo a disposizione dell’utente una mappa relativamente vasta, generosa di pertugi da scovare. Anche la varietà di animali che incontrerete lungo il vostro corso è piuttosto ampia, nonostante le tecniche offensive da sfoderare per avere la meglio sono sempre le stesse, anche nei confronti degli avversari umani. Soddisfacente anche la struttura ruolistica che vi spingerà a fagocitare pesci di ogni dimensione e a scovare le casse di potenziamento per ottenere nuove abilità.
Buona la longevità (vi serviranno almeno una ventina di ore per completare ogni area), sostenuta da una progressione vivace, che si alimenta dei molteplici e costanti power-up che incrementeranno le potenzialità dello squalo. Persino in termini grafici, la creatura di Blindside Interactive se la cava egregiamente, forte di un art design ispirato e colorato quanto basta per dipingere scenari marini suggestivi.
Maneater, al contempo, palesa tutti i limiti di una produzione che non ha certo potuto contare su budget faraonici. Le missioni tendono ad essere tremendamente ripetitive, molte prive di mordente. Anche il sistema di controllo non è del tutto esente da critiche. Riuscire ad atterrare su una piattaforma sospesa, dopo un balzo fuori dall’acqua di diversi metri, è un’operazione che vi costerà decine di tentativi andati a vuoto. Allo stesso tempo, durante gli scontri non si ha sempre il polso della situazione, delegando al button mashing il compito di risolvere le situazioni più complesse. Come se non bastasse, alcuni poteri sono chiaramente fin troppo efficienti rispetto ad altri, mortificando parzialmente l’anima ruolistica del titolo e contendo la libertà di scelta dell’utente.
Ad un anno quasi esatto dal debutto su PlayStation 4, Xbox One e PC, il più che discreto Maneater, che come abbiamo già scritto non è esente da difetti, ma è perfettamente in grado di divertire, si affaccia anche su Nintendo Switch con un porting quanto mai azzeccato e persino richiesto. La formula di gioco caciarona, dichiaratamente arcade e focalizzata non tanto sulla varietà delle missioni, quanto sull’ossessione di far crescere a dismisura lo squalo protagonista del gioco, si sposa alla perfezione con la filosofia alla base della console ibrida della Grande N. Grazie a partite mordi e fuggi, la ripetitività di certe situazioni pesa meno, rendendo l’esperienza più fresca e facilmente digeribile di quanto non lo fosse già sulle altre console e su PC. Va da sé che bisogna comunque essere attratti dal particolare mood dell’avventura, poco attenta ai dettagli, e che non mancano compromessi da accettare, tanto più su Nintendo Switch. Il già traballante sistema di controllo subisce un ulteriore deterioramento quando riadattato alle specifiche dei Joy-Con. Lievemente meglio su Nintendo Switch Lite, grazie ad una maggior ergonomia della console, ma anche in quel caso il non perfetto lock-on su nemici e prede sarà la causa di qualche momento di imbarazzo. Anche graficamente si denota qualche incertezza nel frame-rate, di tanto in tanto, nonostante sia sul display della console, che sulla tv di casa, Maneater sorprende per pulizia d’immagine e per la notevole complessità poligonale ostentata in certe situazioni. Al netto delle sbavature, già presenti nella versione originale, se cercate il gioco ideale per l’estate, da godervi sia sotto l’ombrellone, sia a casa, per partite veloci e senza grosse pretese, avete trovato il candidato ideale. |
Maneater è un film trash che non rinuncia ad una fotografia ricercata, né ad una trama con qualche spunto originale. Non è caciarone come Sharknado, ma il feeling è tremendamente arcade, soprattutto nei ritmi, visto che già dopo poche ore di gioco sarete ai comandi di una terribile macchina di guerra in grado di ingurgitare e triturare buona parte delle creature che abitano gli oceani. Piccole sbavature, sistema di controllo impreciso su tutti, impediscono al gioco di meritarsi un giudizio migliore, ma siamo di fronte al classico gioco che nella sua imperfezione divertirà tremendamente gli appassionati di documentari sugli squali e chi ha sempre desiderato vivere un’avventura sulla falsariga di Ecco The Dolphin, ma in salsa gore. |
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