Nove anni… nove lunghi anni hanno dovuto attendere i fan di Max Payne per vedere il loro beniamino nuovamente in azione. Lo avevamo lasciato, nel lontano 2003, distrutto, sull’orlo di una crisi di nervi ed in preda ai sensi di colpa per non esser riuscito a salvare Mona Sax, l’unica donna riuscita a far breccia nel suo cuore dopo la dipartita, causa morte violenta, della moglie e della figlia.
Nove lunghissimi anni in cui tutti i fan si sono interrogati sul destino di uno dei personaggi più carismatici della storia del gaming, il primo vero antieroe contemporaneo, protagonista di un moderno “Paradise Lost” in cui, dopo esser caduto nelle tenebre, prova a farsi strada per guadagnare nuovamente la luce. Ebbene, dopo tanto patire, l’attesa è finita: Max è tornato, è di nuovo tra noi seppure dopo vicissitudini che hanno visto allontanarsi la madre naturale “Remedy” in favore della famiglia adottiva “Rockstar Games”. Max ha ancora il suo smalto? O sente invece il peso degli anni e di una lunga, travagliata, quasi eterna gestazione? Scopriamolo insieme!
Lo Ameranno: Tutti gli appassionati degli action game, gli estimatori delle storie ben narrate!
Lo Odieranno: Domanda di riserva?
E’ Simile a: Max Payne 1-2, Gears of War, Red Dead Redemption (per la profondità della trama)
Titolo: Max Payne 3
Piattaforma: Xbox 360, Playstation 3, Pc
Sviluppatore: Rockstar Vancouver
Publisher: Rockstar Games
Giocatori: 1
Multiplayer: Competitivo 2-16 giocatori
Lingua: Italiano (Testi) – Inglese (Parlato)
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Max Payne è uno di quei nomi che nessun videogiocatore (serio NdDix@n) potrà mai ignorare o dimenticare: le due precedenti incarnazioni riuscirono nell’arduo compito di spingere verso un salto qualitativo i prodotti del tempo (rispettivamente 2001 e 2003) sia per quel che riguarda il gameplay, di Remedy fu infatti l’invenzione del Bullet Time (anni prima dei Wachosky Bros. NdDix@n), che, soprattutto, per il livello della narrazione.
Tutti gli appassionati di Noir si trovarono infatti di fronte ad un personaggio che, carico di sofferenze, frustrazioni, paure, dipendenze, debolezze e voglia di vendetta, risultò essere troppo dannatamente umano per essere il protagonista di un videogame: due storie, incredibilmente brevi ma intense, fecero entrare nel nostro cuore lo sfortunato e maledetto Max, riservandogli un posto che, per nove lunghi anni, è stato suo di diritto. Forte è stata dunque l’emozione approcciandomi a questo sequel che, non solo a mio modo di vedere, DOVEVA essere il capolavoro che tutta la fanbase attendeva. Passiamo dunque ad sviscerare, pezzo dopo pezzo, quest’ultima avventura del nostro fido Max.
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STORYBOARD
Il tempo non è stato clemente con Max. Nove anni dal suo ultimo fallimento, come uomo e come poliziotto: nemmeno Mona Sax, l’unica donna riuscita a far breccia nel suo cuore dopo la dipartita della moglie, è sopravvissuta alla sua realtà, uccisa dai suoi nemici al termine di una storia, peregrinazione negli inferi alla ricerca di un viatico per la salvezza (in lei intravisto), che lo ha ridotto ai minimi termini come uomo e professionista. Lo ritroviamo ora a San Paolo, preda degli stessi vizi, alcool e antidolorifici, cui i due precedenti episodi ci avevano largamente introdotto: fuggito dal New Jersey dopo aver ucciso il figlio di un boss della mala locale ora si guadagna da vivere come guardia del corpo al soldo dei Branco, una famiglia di ricconi locali, in un paese dove donne, alcool e droga sono merci a basso costo reperibili in ogni dove.
Un paradiso di ricchezza e desolazione dove Max potrebbe trovare una soluzione per, o almeno lenire, le sofferenze che lo attanagliano. La sua sfortuna è ben lungi però dall’abbandonarlo: ogni singolo membro della famiglia che deve proteggere inizia ben presto ad essere vittima di tentativi di rapimento e richieste di riscatto, innescando un meccanismo che lo vedrà, passo dopo passo, costretto a confrontarsi con quella parte di se che tanto provava ad ignorare mediante le sue dipendenze, con le sue paure e, dulcis in fundo, con un passato che, mai come ora, continua a tallonarlo.
In un tripudio di colpi di scena e di citazioni dai primi due capitoli, ci troviamo davanti agli occhi una delle trame più belle mai scritte per un videogioco, affiancabile, nell’olimpo delle storyboard, a capolavori del calibro di Heavy Rain e Mass Effect 3 (tanto per citare due titoli così a caso…tiè NdDix@n). Rockstar, tenendo fede alla sua fama, è riuscita a confezionare una storia da Oscar che ci terrà legati allo schermo in modo magnetico fino ai titoli di coda: Max is Back… better than ever!!!
WELL DONE ROCKSTAR!!!
Tutto oro quello che luccica? Odio dirlo ma… QUASI! A fronte infatti di un livello di perfezione narrativa inedito per un videogame mi trovo però a constatare come lo spirito noir originario dei primi due Max Payne sia, se non sparito, stato fortemente annacquato dalla componente action: la storia narrata in Max Payne 3 risponde infatti, dopo una accurata disamina, più alla categorizzazione thriller che Noir cui tanto eravamo abituati (ed affezionati NdDix@n). Max, eroe maledetto, mantiene tutte le caratteristiche che ce lo hanno fatto amare ma il mondo di gioco, sapientemente propostoci come co-protagonista della narrazione, riesce solo in parte (nelle sezioni ambientate nel New Jersey per la precisione) a mantenere il pathos ed il carisma che ben conosciamo: San Paolo o la favela, per quanto ben ricostruiti e caratterizzati, poco hanno invece di Noir, svilendo, seppure solo in piccola parte, il livello della narrazione.
Una macchia di non poco conto per Rockstar, visto il pedigree di questa saga…
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GAMEPLAY
Il gameplay di Max Payne 3 è quanto di più immediato si possa immaginare: Rockstar Games, fedele alla gigantesca fanbase ereditata direttamente dai primi due episodi della serie, altro non ha fatto che mutuare completamente il sistema di controllo ivi presente riadattandolo ai pad delle due console di riferimento, migliorandolo e potenziandolo in ogni suo singolo aspetto grazie anche alle potenzialità del motore fisico-grafico “RAGE”, sfruttando a dovere ogni singolo grammo di potenza di calcolo delle macchine su cui è stato progettato questo gioco.
Se foste comunque di ritorno da un viaggio interspaziale durato 20 anni o da un eremitaggio su di un monte tibetano, sappiate che Max Payne 3 è un TPS (Third Person Shooter) sullo stile di Gears of War, sulla cui meccanica vengono innestati i due elementi cardine della saga: bullet time e shootdodge. Ambedue queste modalità ci danno accesso ad un periodo di “slow motion” in cui Max, pur mantenendo la sua velocità normale, vedrà invece il mondo al rallentatore, caratteristica che gli permetterà di assestare fatali headshots ai nemici di turno aiutandolo a tirarsi fuori da situazioni altrimenti pericolosissime.
Fulcro del gameplay è inoltre una accurata scelta dei ripari da cui sferrare, con adeguata temporizzazione gli attacchi ai nemici che, volta dopo volta, venderanno cara la pelle per impedirci di avanzare. Se ad un sistema di coperture pressoché perfetto affianchiamo la distruttibilità delle stesse a seconda dell’arma utilizzata e una IA incredibilmente reattiva, che porterà le schiere di oppositori ad effettuare tattiche di accerchiamento per impedirci di tenere a lungo il riparo trovato, possiamo ben capire la cura riposta dai ragazzi di Rockstar nella realizzazione di questo gioco e, ovviamente, la versatilità del “Rage Engine” nella gestione di un numero sempre crescente (e gradualmente sempre più agguerrito NdDix@n) di nemici a schermo. Il sistema di puntamento inoltre è quanto di più “Easy to Use” possa esistere: potremo infatti scegliere tre differenti modalità di puntamento (assistito, semi-assistito e manuale) a cui corrisponderà un graduale aumento di difficoltà che, abbinato alla scelta del livello della sfida, permetterà a tutti gli utenti, dai più smaliziati ai meno avezzi ai tps, di godere della fantastica esperienza di gioco offerta da Max Payne.
Max avrà a disposizione un pingue armamentario per riempire le strade di San Paolo di cadaveri: la possibilità di equipaggiare simultaneamente fino a due armi leggere (mitra o pistole) o una singola arma pesante (Rpg, Lanciarazzi, fucili di precisione, mitra pesanti) garantirà una incredibile varietà di fuoco e la (conseguente NdDix@n) possibilità di spazzare via in men che non si dica anche le schiere di nemici più agguerrite. Non c’è che dire…tecnicamente e praticamente PERFETTO!
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GRAPHIC & SOUND
Il “Rage”, motore grafico proprietario di Rockstar Vancouver, ci lascia dal primo all’ultimo secondo di gioco sbalorditi per il livello poligonale dei personaggi e dell’ambiente di gioco, per l’enorme numero di dettagli presenti a schermo e per la disarmante facilità con cui muove decine di personaggi senza scendere mai, e sottolineo MAI, sotto i 30 FPS. Una accuratezza maniacale nella implementazione della fisica negli ambienti di gioco e una sincronia labiale, unita ad un livello di dettaglio espressivo dei personaggi da mascella a terra, completano il quadro regalandoci un prodotto che ci mostra quanto le macchine di questa generazione ancora possano dare se sfruttate da team capaci e, oggettivamente, dotati.
Il vero fiore all’occhiello di Max Payne 3 risiede però nel comparto audio: dalla musica del menù iniziale (l’oramai famosissimo “Hoboken Blues”) ai pezzi che accompagnano l’esperienza di gioco tutto si pone su livelli di perfezione andando a creare, unitamente alla versatilità del motore grafico, una esperienza di gioco a metà strada tra videogioco e cinema. Menzione d’onore merità poi la scelta, effettuata da Rockstar, di NON localizzare il gioco in italiano (o in altre lingue) limitandosi ad aggiungere dei sottotitoli (però dannatamente piccoli e quasi impossibili da leggere NdDix@n) al miglior comparto dialogico mai visto in un videogioco: i dialoghi tra Max e i comprimari, svolti in uno slang del Jersey cattivo, duro, gretto ma, al contempo accattivante, ci trasportano direttamente nella mente di Max, aiutandoci a vivere con lui le sue (dis)avventure. Ritengo inoltre soddisfacente anche la scelta di non tradurre (nemmeno nei sottotitoli) l’idioma portoghese utilizzato dai guerriglieri brasiliani facendoci sentire, de facto, stranieri in una terra straniera e aumentando ancor di più il senso di straniamento provato da Max.
IN SINTESI: COMPARTO AUDIO-VIDEO ASSOLUTAMENTE IMPECCABILE!
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ONLINE & REPLAY
La durata di Max Payne si assesta sulle 12-13 ore a cui si vanno ad aggiungere 2 altre modalità single player: Sfida (presente sin dall’inizio), in cui dovremo compiere il maggior numero possibile di esecuzioni in fila, e Ultimo respiro (disponibile solo dopo aver completato il gioco), in cui avremo a disposizione UN MINUTO per completare l’avventura, tempo aumentabile mediante l’esecuzione di Kill che porteranno, come prevedibile, all’inserimento in leaderboard contenenti le migliori performance globali in questa sezione.
Il multiplayer invece si presenterà con tre modalità differenti: Deathmatch (singolo o a squadre) che vedrà impegnati fino ad un massimo di 16 giocatori nell’ottenimento del predominio, Payne Killer in cui due giocatori impersoneranno Max e Raul Passos (essendo molto più resistenti e meglio armati degli altri giocatori) che dovranno evitare di essere uccisi dai loro comprimari, per rientrare poi in gioco nelle vesti di cacciatori. Dulcis in fundo giunge la modalità “Gang Wars”, direttamente collegata agli eventi narrati nella campagna single-player, presentandoceli però da una ottica differente e mettendoci davanti a missioni che ci daranno, in caso di successo, punteggio e moltiplicatori di punteggio molto elevati ai fini dello sviluppo del personaggio.
Max Payne 3? Fattore rigiocabilità altissimo!!!
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IN CONCLUSIONE
Max è tornato, più in forma che mai nonostante gli anni e il cambio di sviluppatore.
L’eredità di Remedy è stata perfettamente raccolta dagli studios “Rockstar Vancouver” che hanno saputo confezionare un prodotto maturo e perfetto sotto ogni punto di vista, peccando solo nello snaturare, seppure solo parzialmente, la natura noir dei predecessori.
Una giocabilità favolosa, unita ad un comparto grafico-sonoro da oscar ci mette a confronto con uno dei migliori giochi di questa generazione che si candida, senza remora alcuna, al titolo di Game of the Year 2012. Se siete amanti dei bei giochi, delle trame ben orchestrate o se, semplicemente, vi accontentate del meglio, Max Payne è ciò che fa per voi!
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Secondo Parere by Icilio “Kaltmond” Bellanima
Uno degli eroi della scorsa gen torna dopo una lunghissima attesa a riproporci i suoi demoni, i suoi tormenti, la sua mancanza di tatto e quel feroce sarcasmo in grado di sparare proiettili più roventi della sua 9mm automatica. Per quanto tu possa scrollarti di dosso alcool, painkillers e i capelli gelatinati, il destino è sempre pronto a bullarti, caro Max: potrai sparare l’ultimo proiettile in grado di salvarti, potrai compiere azioni degne di un super-uomo, nonostante le tue debolezze e le tue dipendenze, ma “life is brutal”.
Rockstar torna a cadenza annuale, questa volta mantenendo le promesse fatte ai fan in questo eterno lasso temporale, ma stravolgendo l’atmosfera del Baudelaire del New Jersey in una maniera personale e superlativa, rischiando però di far storcere il naso ai puristi della serie. L’alone “noir” che avvolgeva i 2 capitoli precedenti viene infatti revisionato dall’estro cinefilo di Dan Houser e da Rockstar Vancouver, i quali ci propongono una loro personale visioni del viaggio di Max “to hell and back”, spaziando dai lugubri e fumosi vicoli ai quali siamo stati abituati, alle calde (in ogni senso) favelas brasiliane, a suon di flashback, distorsioni post-sbornia, doppiaggio supremo e una delle colonne sonore più avvolgenti e destabilizzanti di questa gen. Un gameplay collaudato e solidissimo, il cui punto di forza, il Bullet Time, riesce a divertire e a salvarci in più di un’occasione, corona un’esperienza longeva ed entusiasmante, arricchita da un comparto online di primo livello (continuamente affinato di anno in anno nelle produzioni R*) e quello grafico davvero entusiasmante, con una fisica realistica e l’ormai fidato motore Rage in grado di offrire textures pregiatissime. “Sgobbate”, indizi e armi d’oro da sbloccare ci spingeranno a rigiocarlo all’infinito, così come la voglia di saggiare i livelli di difficoltà più elevati e stimolanti (deselezionando la mira-automatica).
Solo 3 critiche, anzi, 2 e mezzo: l’assenza delle granate nel single player (?), una mancata traduzione dei dialoghi in portoghese (capisco l’immedesimazione e la sensazione di straniamento, ma o si sceglie l’approccio alla Ico, con una lingua assolutamente incomprensibile a chiunque, o altrimenti non ha senso che tale sensazione non possa essere goduta da chi il portoghese lo conosce) e lo snaturare l’essenza noir della serie, quest’ultima critica però risolta dalla splendida atmosfera offerta dal titolo. Trama coinvolgente, divertente, potenzialmente longevo, musica ipnotica: W(h)el(l)come back Max.
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