News 03 Dic 2012

Medal of Honor Warfighter – La Recensione

La storica saga di Medal of Honor torna finalmente sulle console next gen. Gli sviluppatori scelgono ancora una volta di mettere in scena una guerra moderna e riprendono la storia del soldato dei Navy Seal Tom Preacher, creando un sequel diretto del primo capitolo del 2010. Tra esplosioni, sparatorie e missioni di infiltrazione, Warfighter intende fare della spettacolarità il suo punto di forza! Arriva però sugli scaffali assieme a FPS del calibro di Halo 4 e Black Ops 2: riuscirà a tenere testa ai due rivali?

Lo ameranno: chi ha amato Medal of Honor (2010) e la storia di Preacher
Lo odieranno: chi da un FPS moderno si aspetta qualcosa di più…
E’ simile a: Medal of Honor (2010), Battlefield

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Titolo: Medal of Honor Warfighter
Piattaforma: Xbox 360 / PS3 / Pc
Sviluppatore: Danger Close
Publisher: EA
Giocatori: 1
Online: Multiplayer fino a 20 giocatori
Lingua: Italiano

Ci ritroveremo spesso con i piedi nell’acqua…

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STORYBOARD

La storia di Medal of Honor Warfighter vede protagonisti il già citato Preacher e il soldato Stump, in un alternarsi di missioni diverse fino all’epilogo. Dopo l’avvio esplosivo e spettacolare della missione introduttiva in notturna, il classico tutorial ci porterà passo passo a prendere confidenza con i comandi di gioco. Quindi un flashback ci porterà alla prima vera e propria missione, che consiste in uno sbarco in mezzo al fuoco nemico. L’idea del flashback verrà ripresa in tutte le missioni successive, spiazzando il giocatore e rendendo la trama difficile da seguire. La scelta di alternare i protagonisti delle missioni rende ancora più complicata la storia, che vede un approfondimento della vita privata del solo Preacher, intenzionato a ricucire i rapporti con la moglie e la figlioletta. Al giocatore non resta che affrontare ciascuna missione come fosse slegata dal contesto, apprezzandone se non altro la varietà di ambientazioni, di situazioni e di gameplay. Così ci troveremo a cercare esplosivi in un villaggio arroccato sulla cima di una collina in Afghanistan, a combattere nel bel mezzo di un’alluvione e scappare dai nostri inseguitori a bordo di un’auto. Il nemico è sempre il terrorismo islamico e tutto ciò che può esservi collegato. La trama ha buonissimi spunti che non vengono però gestiti nel migliore dei modi, risultando piatta e a tratti monotona: sarà davvero dura trovare stimoli per arrivare fino in fondo!

Scorci dalla vita privata di Preacher non aggiungono nulla di significativo alla trama.

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GAMEPLAY

Dal punto di vista della giocabilità, il titolo presenta alti e bassi. Davvero notevole è la varietà di situazioni che ci troveremo ad affrontare: inseguimenti in auto, a piedi, sessioni di cecchinaggio, sparatorie dall’elicottero. Tutti punti a favore di Danger Close, che in questo modo cerca di spezzare le meccaniche puramente FPS, dilungandosi forse un po’ troppo nelle fasi di inseguimenti che, oltre a capitare più volte nel corso del gioco (su auto, su gommone, a piedi), risultano alla lunga noiose. La riproduzione delle armi, poche in single player, è buona e molto realistica, soprattutto per quanto riguarda la balistica (si nota nelle missioni in cui è richiesto di cecchinare bersagli distanti oltre i 200 metri). I comandi non hanno nulla di diverso dagli altri FPS e risultano per questo immediatamente intuitivi. Da lodare la scelta adottata per le coperture, che permette al giocatore di sporgersi appena per sparare, in modo da ripararsi più efficacemente.

La nota più dolente è rappresentata dall’IA, sia dei nemici che dei nostri compagni. I primi, anche alla difficoltà più elevata, daranno ben poco filo da torcere, soprattutto, paradossalmente, quando si ripareranno dietro una copertura. Sporgerà sempre una parte del loro corpo, solitamente la testa, permettendoci di portare a segno innumerevoli head shot! A questo si aggiungono insensate corse per ripararsi in punti anche molto distanti, senza nessuna preoccupazione di voltare le spalle al giocatore restando inermi al suo piombo. Tutto questo rende il livello di sfida davvero ridicolo. Ma non mancherà il game over e a questo ci pensano, ancora una volta paradossalmente, i propri compagni… la loro mira è a dir poco sconcertante! Nel momento in cui si sfonda una porta e si spara ai nemici storditi da una granata (con una scena al rallentatore) difficilmente si potrà fare affidamento sul resto della squadra, tanto che anche un solo nemico superstite alla fine della scena rallentata costituirà morte certa. Per lo stesso motivo, spesso capiteranno scontri a fuoco con numerosi nemici che potranno protrarsi anche diversi minuti per il fatto che i compagni di squadra spareranno raffiche a vuoto, costringendoci ad andare a stanare personalmente ogni singolo nemico.

Non possono certo mancare le ambientazioni desertiche negli scontri in Medio Oriente.

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GRAPHIC & SOUND

Altalenante anche graficamente, Warfighter dà il meglio di sé nella riproduzione delle esplosioni, spesso rese ancora più cinematografiche e spettacolari da sequenze scriptate. Alcune ambientazioni sono visivamente molto belle, soprattutto quelle sull’acqua, la cui resa è senz’altro realistica. La qualità tende in generale ad abbassarsi nelle missioni diurne, con larghe porzioni di texture in bassa definizione, e tocca il fondo in alcune sezioni in auto, dove gli ambienti risultano spogli. Si segnalano inoltre alcuni bug e compenetrazioni poligonali, alcuni davvero frustranti (come negli inseguimenti in auto).

Da un gioco che utilizza lo stesso motore di Battlefield, era lecito aspettarsi un’accentuata distruttibilità degli ambienti. Questo aspetto invece manca quasi del tutto ed è relegato a scene scriptate o a sporadici ripari, che si sgretolano sotto il fuoco nemico.

Il doppiaggio in italiano è davvero ottimo e si fa apprezzare molto anche nelle fasi concitate delle battaglie. I nostri compagni seguiranno sempre l’azione, indicando da che parte si trova il pericolo e segnalando sempre quando l’area è libera. Un po’ meno incisiva è invece la riproduzione degli spari, meno rifinita rispetto ad altri titoli del genere e più monotona. Questo si nota soprattutto quando la squadra si ferma in un’area piena di nemici in copertura e tutti i compagni si concentrano a sparare alla cieca contro i muri…
La colonna sonora si attesta su livelli sufficienti, con tracce non particolarmente epiche ma che seguono a dovere l’azione di gioco.

Un inseguimento in auto in un affollatissimo quartiere arabo: attenti al mercato!

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ONLINE & REPLAY

E’ nel multiplayer che Warfighter risulta divertente, nonostante il comparto tecnico sia inferiore alla campagna in singolo e non sia presente nessuna particolare novità rispetto alle modalità che solitamente troviamo in un titolo del genere. Potremo scegliere tra Deathmatch a Squadre, Cattura la Bandiera, varianti di Dominio, Missione di Combattimento, dove saremo divisi tra la difesa o l’attacco di alcuni obiettivi, e Punti Caldi, modalità molto simile ma con obiettivi di volta in volta diversi sulla mappa nel corso della partita.

La chiave del multiplayer di Warfighter è rappresentata dal Fireteam, una squadra di due giocatori che dovranno coordinarsi all’interno della fazione (verdi o rossi) per raggiungere la vittoria finale. Il proprio compagno di squadra sarà la base di appoggio per il respawn (se ancora in vita) e le sue azioni in campo aumentaranno o diminuiranno i nostri secondi di attesa (se il compagno è nel messo di uno scontro a fuoco, il respawn verrà rimandato fino al primo momento tranquillo). In ogni caso, è sempre possibile scegliere il ripiegamento, con respawn ai bordi della mappa e lontano dai combattimenti (da evidenziare però che in alcuni casi non ci si ritrova proprio così lontani, con il nemico alle spalle pronto ad approfittare di un bersaglio inerme).

Apprezzabile la presenza di diverse unità speciali e classi, ognuna con armi differenti, da sbloccare con un sistema di exp diffuso ormai da diverso tempo negli FPS. Questo garantirà diverse ore di gioco sulle 8 mappe attualmente disponibili, che godono di un buon level design (soprattutto Sarajevo) ma risultano in un paio di casi poco differenziate (per la maggior parte si tratta di città abbandonate e di foreste tropicali).

La longevità della campagna in singolo è molto bassa (circa 6 ore), ma nulla di diverso dal panorama del genere, che punta sempre moltissimo sull’esperienza multiplayer, decisamente più lunga e appagante!

Ecco le classi disponibili in multiplayer: dovranno essere tutte sbloccate accumulando obiettivi ed esperienza!

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IN CONCLUSIONE

Ci si aspettava molto di più da questo capitolo di Medal of Honor, che ponesse per lo meno rimedio ai difetti apparsi nel gioco di 2 anni fa. E soprattutto, era lecito aspettarsi almeno un livello qualitativo simile a Battlefield 3, considerato che ne mutua il motore grafico. Ci troviamo invece per le mani un titolo mediocre, non solo per il comparto tecnico, ma anche per la trama, poco avvincente e a tratti davvero difficile da seguire. Ci sono diverse idee molto buone, come la varietà di ambientazioni, i tentativi di rendere il gameplay meno monotono, il Fireteam… tutti elementi che andavano sfruttati meglio e uniti ad una realizzazione al passo con i tempi (soprattutto per quanto riguarda l’IA). In quanto a divertimento, si salva soltanto la modalità multiplayer che, pur non innovando il genere, riesce a regalare qualche ora di gioco e di competizione. Non basta però questo a giustificarne l’acquisto: in questo momento esistono titoli decisamente migliori. Resta solo la speranza di rivedere in futuro un capolavoro degno di questa saga!

Tutto fumo e niente arrosto?

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