Mega Man 11
04 Ott 2018

Mega Man 11 – Recensione

Da qualche anno a questa parte Capcom sembra essere rinata.

Prima l’ottimo Resident Evil 7, survival-horror che ha saputo dare quella sferzata rinvigorente ad un franchise che sembrava sul punto di non ritorno, poi gli annunci di Devil May Cry 5 (altro graditissimo ritorno), il remake di Resident Evil 2 (per cui stiamo sbavando senza sosta) e, udite udite, Mega Man 11, capitolo tutto nuovo dello storico brand nipponico, annunciato proprio in occasione del trentennale della saga a dicembre dello scorso anno.

Era da un po’ di tempo che si vociferava l’uscita prossima di un’inedita avventura per il Blue Bomber tanto caro all’industry videoludica: dopotutto l’ultimo titolo della serie ufficiale ispirato a Mega Man risale addirittura al 2010.

Dopo “soli” 8 anni, qualche remake e raccolta nostalgica, eccoci quindi nuovamente pronti per un’altra esaltante avventura, un viaggio frenetico e coloratissimo che prende ciò che di buono fa parte della tradizione, senza però rinunciare ad interessanti novità che ben si incastrano nel basilare gameplay principale.

I vecchi fan ricorderanno senza dubbio i vari Mega Man 9 o Mega Man X, dotati di una grafica squisitamente retrò, ispirata ai vecchi capitoli della saga in 8-bit; nonostante il manifesto apprezzamento per questa scelta stilistica, Capcom ha voluto osare, proponendo un mix estetico piacevole, a metà tra lo scorrimento bidimensionale a noi tanto caro ed il buon vecchio 3D.

Mega Man 11

Chi non conosce Mega Man non ha bisogno di particolari preamboli: il nostro eroe è un androide creato da Dottor Light al fine di proteggere l’umanità e combattere le ingiustizie. Acerrimo nemico del buon Light è Dr. Wily, vecchia conoscenza universitaria dell’inventore di Mega Man, datosi poi alla pura malvagità. Nell’undicesimo capitolo infatti, il Dr. Wily mette atto un elaborato piano per sottrarre i Master Robot a Light e potenziarli con il Double Gear, congegno capace di potenziare momentaneamente le prestazioni di un androide. Per fermarlo, Mega Man avrà bisogno di utilizzare il medesimo meccanismo, che verrà installato come modulo nel suo aggiornatissimo processore e pronto per essere sfruttato fin da subito.

Ci troviamo quindi di fronte alla prima grande novità del gioco: il sistema Double Gear, il quale può sfruttare la duplice funzione di rallentare il tempo o aumentare la potenza di fuoco (attivabili entrambi con i dorsali). Ovviamente la durata è limitata e bisogna stare molto attenti a non raggiungere il punto critico, altrimenti il nostro Blue Bomber sarà impossibilitato ad utilizzarlo per qualche momento e spesso questa condizione precaria può essere letale.

Questi due poteri possono anche essere usati sinergicamente, il che si rivela fondamentale soprattutto negli scontri con i boss, anche se in questo caso particolare il tempo a nostra disposizione sarà ancora di meno.

Nonostante ci voglia un po’ per abituarsi alle nuove capacità di Mega Man (soprattutto per la posizione non comodissima sul joypad), il Double Gear rappresenta una novità più che apprezzabile, che apre nuove possibilità di gameplay, in particolar modo se si affronta il gioco a difficoltà alte.

Il Double Gear è la principale novità di Mega Man 11

L’avventura inizia in maniera abbastanza libera, dove il giocatore può scegliere in modo autonomo quale degli otto stage disponibili affrontare per primo. Alla fine di ognuno di essi dovrà affrontare un pericoloso Robot Master malvagio con caratteristiche uniche. Acid Man ad esempio, è in grado di lanciare pericolose gocce d’acido corrosivo, mentre Blast Man riempie lo schermo di mine mobili dall’alto potenziale esplosivo. In totale sono 8 e dopo averli sconfitti tutti, Mega Man potrà accedere alla fortezza del Dr. Wily, composta da altri 4 livelli, per un totale di 12.

Inutile dirvi che le battaglie finali rappresentano un po’ il clou della produzione e sicuramente sono gli scontri più esaltanti e difficili da sostenere, ma anche i più appaganti.

Come già anticipato, in questi momenti il Double Gear sarà fondamentale, non solo per evitare il rapidissimi proiettili nemici, ma anche per migliorare il puntamento del cannone ed aumentare i danni in vista della fine del combattimento. Una volta affossato un boss, il nostro eroe può impadronirsi della sua arma principale (a cui corrisponderà anche un cambio di outfit molto azzeccato), da usare poi liberamente nei mondi successivi.

Ognuno di questi attacchi extra è diverso dall’altro ed è possibile alternarli con la semplice pressione di un tasto a cui può essere occasionalmente aggiunto anche il Double Gear; insomma, l’impalcatura classica del gameplay della serie di Mega Man rimane ben ancorata ai dogmi classici, eccezion fatta per il nuovo duplice attacco che gli sviluppatori hanno saputo implementare senza danni collaterali.

Mega Man 11

Ma se pensate che questa introduzione renda il platform Capcom eccessivamente semplice rispetto al passato, siate pronti a ricredervi. Mega Man 11 è un gioco difficile, molto difficile, addirittura frustrante in alcuni momenti.

Se non avete mai giocato ad uno dei capitoli precedenti il livello “Normale” vi metterà da subito in ginocchio, mentre potreste avere qualche chance con “Facile” o “Principiante”. Cambiano principalmente il numero di vite a disposizione, l’aggressività dei nemici e la riserva del Double Gear (molto più abbondante man mano che si scende con la difficoltà), ma ci sono moltissimi fattori secondari da tener presenti.

I neofiti potrebbero avere più di una difficoltà e cedere per il nervosismo dopo poco tempo, ma con la pratica ci si fa la mano e gli ostacoli prima insormontabili diventano fortunatamente più accessibili. Sconfitta dopo sconfitta si imparano le posizioni dei nemici, i loro attacchi ed il giusto tempismo che occorre per superare questa o quella sezione, così come si memorizzano i pattern d’attacco dei boss. Non ce la sentiamo di sconsigliarlo a chi non l’ha mai preso in considerazione in passato, ma un po’ di cautela per i novizi ci sembra quantomeno doverosa.

Nonostante la longevità generale sia tutt’altro che bassa, attestandosi sulle 10 ore, Mega Man 11 sorprende per tutta una serie di modalità collaterali, come le Sfide ed il Time Attack Mode, sbloccabili dopo aver completato la campagna principale.

Per i neofiti Mega Man 11 può risultare molto frustrante

Non mancano anche i collezionabili, nello specifico gli artwork della serie (visionabili attraverso il menù principale) e i moduli aggiuntivi permanenti o singoli, che possono essere installati sul nostro eroe, permettendoci di godere di alcune precauzioni per i momenti più ardui.

Tecnicamente il titolo appare più che convincente e nonostante il cambio di passo rispetto ai capitoli precedenti, il nuovo di Mega Man e compagni rientra perfettamente nei canoni della nuova generazione. Il 2.5D funziona alla perfezione, senza sbavature, imprecisioni o rallentamenti di sorta.

Tutti i modelli sono fedeli agli originali e curati sotto ogni aspetto e gli sfondi di ogni livello (disegnati a mano!) rendono giustizia ad un franchise che si è sempre distinto per un’estetica prorompente e colorata, decisamente fuori dal comune.

Peccato che le tracce sonore non siano all’altezza di tutto il resto, risultando ripetitive e fin troppo frenetiche rispetto a ciò che accade realmente sullo schermo, senza mai riuscire davvero a fungere da consono accompagnamento musicale, come invece è accaduto in passato.

Conclusioni

Mega Man 11 è una ventata d’aria fresca nel genere platform, un genere che da qualche tempo sta fortunatamente dando nuovi segni di vita. Al di là dei vari remake e remastered che puntano tutto sull’effetto nostalgia (riuscendoci sempre benissimo, tra l’altro), è molto rinfrancante veder spuntare qualcosa di nuovo, soprattutto se a farlo è il nostro amato Blue Bomber, tornato in gran spolvero dopo un’assenza lunga otto anni.

Le novità non sono tantissime: d’altronde la formula classica è stata vincente per 3 decadi e non avrebbe senso stravolgerla adesso, ma abbiamo apprezzato le aggiunte fatte e l’introduzione del Double Gear rappresenta un ottimo anello di congiunzione non solo tra il vecchio e il nuovo gioco, ma anche tra il “vecchio” e il “nuovo” giocatore. Il prezzo poi, ben al di sotto della solita cifra a cui siamo abituati (30€ la versione digitale), rappresenta un ulteriore invito a non lasciarsi sfuggire la produzione giapponese.

Brava Capcom, dunque: hai centrato nuovamente l’obiettivo.

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