Milanoir

Milanoir – Recensione

Il nostro primo incontro con Milanoir risale allo scorso E3, nello sfavillante “parcheggio” (se così lo possiamo chiamare) allestito meravigliosamente da Devolver Digital. Tra fiumi di birra, hamburger come se piovessero e gente che sfrecciava sui pattini con sottofondo musicale sparato a livelli altissimi, abbiamo avuto modo di conoscere i ragazzi di Italo Games, giovane team indipendente nostrano affiliato all’egida di quello che, tutt’oggi, si dimostra uno dei publisher più lungimiranti del mercato. Quattro chiacchiere di circostanza, un bel po’ di sonore risate (e maledizioni al casino infernale di Los Angeles, ovviamente) e via, pad alla mano, immersi in un’avventura dal sapore squisitamente Made in Italy. Quello del nostro cinema anni 70, per capirci, del poliziesco sboccacciato e violento che ha trovato nel Monnezza e in Bombolo autentiche icone cinematografiche del nostro paese. Dietro alla pixel art di Milanoir, dietro alle sue musiche che ai più attempati cinefili torneranno sicuramente note e dietro a quei dialoghi serrati, implacabili e taglienti come dei rasoi, del resto, è impossibile non scorgere un amore viscerale per la celluloide del tempo, per la narrazione poliziesca che ha caratterizzato decenni interi di Cinecittà.

Un mix esplosivo, poco da fare, che da qualche giorno è finalmente disponibile per tutti su PC e console. Vuoi per la direzione artistica di Milanoir, vuoi per la predilezione oramai assoluta di chi vi scrive per il nuovo hardware di casa Nintendo, abbiamo deciso di avventurarci nella versione Switch del titolo Italo Games, ritrovandoci invischiati in una storia torbida e violenta fatta di inganni, tradimenti, esecuzioni spietate e sano umorismo. Dopo aver snocciolato i sette atti che compongono la storia di Milanoir possiamo dirvi che sì, Italo Games ce l’ha fatta: e al netto di qualche difetto di gioventù contro cui dovrete scendere a compromessi, vi ritroverete faccia a faccia con un’esperienza memorabile e divertente. Un’esperienza valorizzata alla meraviglia da Switch, secondo il nostro parere, che che merita di essere provata indipendentemente dalla vostra piattaforma preferita.

milanoirNarrativamente parlando, la cornice entro cui si colloca Milanoir è quella della città meneghina a cavallo degli anni ’70. Anni duri, spietati, dove la criminalità riusciva ad infilarsi capillarmente nella vita di tutti i giorni e al calare del sole qualsiasi via, anche la più tranquilla, rischiava d’esser teatro di qualche esecuzione spietata. Entro questo contesto si muove Piero Sacchi, sicario senza scrupoli al servizio del famigerato Boss Lanzetta e coinvolto, come tradizione vuole, in una faida mortale tra le famiglie malavitose della città. Una faida costante e imperitura, destinata a consumarsi giorno dopo giorno in un’inesorabile escalation di vittime e di proiettili sparati: nulla che tuttavia spaventi Sacchi, temprato da anni di illeciti e da un curriculum di omicidi da far impallidire chiunque. Poi però qualcosa va storto: un’esecuzione “di routine” si trasforma in una strage familiare, con annesso omicidio di una giovane vittima incolpevole.

Milanoir è un’esperienza davvero divertente

Ci scappa pure la soffiata agli sbirri, inevitabile, e in men che non si dica un soggiorno forzato tra le poco accoglienti pareti di San Vittore: pareti entro le quali nessuno, nemmeno le forze armate, hanno un occhio di riguardo per i nuovi arrivati. Uscito dopo tre anni di galera – a fronte di un ergastolo richiesto dal PM – Piero si ritrova dunque sulle strade di una Milano diversa da quella che conosceva, braccato da nuovi nemici e con un enorme conto ancora da risolvere. La vendetta, spietata e gelida, per la lingua lunga che l’ha condannato alle sbarre.

Diciamo che, in questi termini, l’ordito narrativo imbastito dai ragazzi di Italo Games è una trasposizione videoludica ineccepibile del cinema che descrivevamo in apertura: violento, subdolo, privo quasi di ogni forma di empatia tanto gioca con freddezza con la vita e la morte degli esseri umani. Milanoir è una fonte strepitosa di citazioni, di riferimenti culturali e cinematografici, di spaccati che molti sicuramente avranno avuto modo di conoscere sul piccolo schermo e che ora, in quello ancor più piccolo di Switch, si snodano con la stessa velleità registica. Sotto quest’ottica, insomma, possiamo solo plaudere il lavoro dello sviluppatore – in grado, al netto di una longevità magari non da primo della classe, di ricreare lo stesso mood e la stessa “disumanità”.

Milanoir

Discorso leggermente più delicato per quanto concerne l’analisi del gameplay di Milanoir, ricco di buone intuizioni e di sezioni interessanti ma afflitto da un paio di problematiche, alla lunga, capaci di minare parte del divertimento o indurre frustrazione. Quello di Italo Games è uno shooter tradizionale a 2.5 dimensioni, che offre al giocatore scenari lineari da attraversare in molteplici modi – cosa che approfondiremo a breve – infarciti di svariati nemici. La tipologia degli stessi è ragionevole, e spazia da sgherri armati di solo coltello (alcuni capaci di uccidere il nostro alter ego sul colpo) ad altri in possesso di un arsenale dalla potenza crescente – pistole, mitragliatori, fucili a pompa o persino molotov. Lo stick destro permette di muovere il mirino all’interno dello schermo, sebbene una graditissima funzione di autolock per i bersagli vicini facilita decisamente il compito di Sacchi. Interessante la varietà delle sezioni di gameplay, che alterna le tradizionali passeggiate armate a tratti stealth, passando per sequenze a bordo di veicoli, come Ape Cross o piccoli motoscafi, dove saremo impegnati simultaneamente a guidare, sparare e evitare gli abbondanti colpi nemici.

Il tutto viene reso ulteriormente memorabile dalle boss fight, indubbiamente i passaggi più divertenti – ancorché complessi – dell’intero playthrough, e da piccole chicche offensive come la possibilità di sparare contro la segnaletica stradale per uccidere uno o due nemici simultaneamente (a seconda del cartello che andremo a colpire) sfruttando l’effetto carambola. Vale inoltre la pena sottolineare che l’intera avventura offerta da Milanoir può essere affrontata in una divertentissima modalità cooperativa drop-in/drop-out, una scelta azzeccata e allo stesso tempo capace di abbattere l’elevato coefficiente di difficoltà di Milanoir. Che, purtroppo, rappresenta il tasto dolente dell’intera produzione per motivi non propriamente lusinghieri.

Un mix esplosivo

Che Milanoir fosse una gatta da pelare ce n’eravamo già accorti a tempo debito. Difficile, tuttavia, cogliere in una fugace prova losangelina quello che è a conti fatti il nodo gordiano del titolo Italo Games: un bilanciamento della difficoltà non tanto “poco generoso” quanto, purtroppo, decisamente mal calibrato. Sin dalle primissime battute di gioco ci si ritroverà soverchiati dai nemici, presenti in numero elevato e decisamente scomodi da abbattere – nel poco tempo che abbiamo a disposizione, prima di mangiar la polvere – sfruttando lo stick destro. L’autolock aiuta, questo è evidente, ma non mancano sezioni eccessivamente impietose – per non dire impossibili – in cui il numero di morti e annessi nuovi tentativi diverge rapidamente all’infinito. Un esempio su tutti è il quarto capitolo a bordo della metropolitana: pochissimo spazio in cui muoverci, quello di un vagone, e una pletora di nemici armati che a distanza così ravvicinata riesce benissimo a freddarci nonostante i nostri tentativi di schivata. Si tratta forse dell’unico difetto “cicciottello” di Milanoir, per dovere di cronaca, ma il suo impatto nell’intera economia di gioco è a dir poco decisivo. Il playthrough del titolo nostrano si traduce rapidamente in un trial&error spietato e serrato, dove il superamento della sezione corrente finisce alle volte per affidarsi più al caso che alle effettive abilità del giocatore – che, sia chiaro, è destinato a ripetere alla nausea sezioni ragionevoli di gioco, complice un sistema di checkpoint rivedibile, per poi cadere nuovamente vittima del piombo dell’ultimo nemico rimasto. E la frustrazione, alla lunga, inizia ad avere un peso sensibile.

E questo è un gran peccato, alla luce delle potenzialità espresse dall’opera d’esordio del simpatico team dei nostri connazionali. Potenzialità che passano attraverso una direzione artistica azzeccatissima (e che, su Switch, sembra trovare il proprio terreno più fertile), una colonna sonora da intenditori e un gameplay, almeno sulla carta, in grado di garantire una varietà di sezioni e di approcci nettamente superiore alla media degli indie tradizionali. Milanoir resta un titolo da provare, questo è un dato di fatto, ma vi servirà molta pazienza e parecchio tempo libero per riuscire ad affrontarlo al meglio: le soddisfazioni, alla fine, arriveranno sotto molti punti di vista, ma ci saranno da sudare parecchie camicie. Del resto, nessuno ha mai detto che la vita da criminale paghi.

Conclusioni

Pur confermandosi acerbo sotto alcuni punti di vista, difficile non consigliare almeno un giro nel luna park a tema anni 70 allestito da Italo Games. Milanoir è un titolo ispirato e carismatico, figlio di una propria identità distintiva e, allo stesso tempo, dell’amore sviscerato per un pezzo di cinema che ha fatto la storia del nostro paese. Narrazione appassionante, colpi di scena alla “Romanzo Criminale” e personaggi privi di coscienza e morale gravitano in una sceneggiatura vincente e ben congeniata, supportata soltanto parzialmente da una longevità un po’ risicata ma, non per questo, incapace di regalare quel paio di momenti memorabili.

Peccato dunque per la poca calibrazione del gameplay, sbilanciato decisamente verso l’alto (in termini di difficoltà) e tutto tranne che gentile, quando si tratta di punire il giocatore. La difficoltà non è certo un difetto, questo è chiaro, ma quando essa è figlia di uno sbilanciamento generale delle meccaniche di gioco, come nel caso di Milanoir, è quasi impossibile non fare i conti con la frustrazione e un paio di incazzature mica da ridere. Resta comunque assodata la bontà dell’esperimento di Italo Games, un esperimento che – perché no – potrebbe aprire anche le porte per un sequel e un eventuale franchise. Nell’attesa di un futuro per la famiglia Lanzetta e per i suoi terribili sicari, se accettate un consiglio spassionato, questa Milano malavitosa anni 70 val bene un giretto. L’importante, sia chiaro, è avere con sé una pistola carica.

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