Vasti territori incontaminati, selvaggi, popolati da creature feroci. Serrate battute di caccia. Combattimenti adrenalinici all’ultimo sangue. Una varietà di armi uniche fra cui scegliere per equipaggiare al meglio il vostro cacciatore e numerosi incarichi ai quali rispondere. Se tutto questo vi appassiona, allora Monster Hunter è sicuramente la serie videoludica di maggior successo cui possiate aver giocato – un’incredibile popolarità nel natio Giappone, dove ha stregato milioni di giocatori grazie al suo arsenale complesso ma affascinante e un nutrito bestiario di creature da affrontare. Vanta un importante seguito anche in Occidente, con vendite globali che superano le quaranta milioni di unità dall’esordio della serie nel 2004, ma nonostante l’innegabile successo è sempre stata una serie piuttosto di nicchia; verrebbe quasi da dire elitaria, destinata a quei giocatori hardcore dediti alla strategia, allo studio approfondito del gioco e con un’innata passione per le sfide.
Perché se c’è qualcosa che a Monster Hunter non manca è proprio l’impegno richiesto a chi decide di percorrere la via del Cacciatore: un pregio che però gli è costato la nomea di gioco difficile ai limiti del frustrante superati i confini nipponici, andando così a minare una potenziale fanbase. Per questa ragione Monster Hunter: World è da celebrare come il titolo destinato a cambiare l’archetipo del franchise, gettando le basi per un’esperienza che non smetterà di appassionare i giocatori di vecchia data ma avvicinando al contempo anche chi questa saga l’ha sempre guardata da lontano o non ne ha proprio mai sentito parlare. Questa volta Capcom ha davvero pensato in grande ma prima di spiegarvi perché lo consideriamo uno spartiacque tra il passato e ciò che potrebbe diventare il futuro, prendiamoci ancora un momento per analizzare la serie, capire cosa la renda tanto unica e soprattutto i motivi dietro un simile trionfo in Oriente.
Anzitutto, Monster Hunter non è sempre stata il “mostro” sacro che è ora. Nata su Playstation 2, il primo titolo e il suo sequel, rispettivamente Monster Hunter e Monster Hunter G, vendettero meno di un milione di copie ciascuno. Si dovette attendere il passaggio a Playstation Portable con Monster Hunter Freedom (in Oriente Monster Hunter Portable) perché Capcom segnasse il suo primo milione di vendite con la serie. Questo tuttavia serve più che altro a spiegare come il gioco abbia contribuito ad affermare la popolarità di PSP in Giappone rispetto alle precedenti console portatili – tuttora supera per numero di vendite PS Vita – e allo stesso modo abbia consolidato la posizione di Nintendo 3DS nell’attuale generazione di queste stesse console.
Quali sono invece i motivi propri del successo della serie, principalmente in Giappone? Se guardiamo al sistema di gioco in sé, non ci troviamo di fronte a qualcosa di davvero innovativo quanto piuttosto a un’eco del modello quest principale/missioni secondarie di Phantasy Star Online. Dobbiamo spostare l’attenzione sulle conoscenze di Capcom in termini di giochi d’azione e qualità grafica combinate a un mondo di gioco semi-realistico per trovarci di fronte a un prodotto ben organizzato: tutti i giocatori sono umani, non c’è un sistema di livelli, l’enfasi maggiore è posta sull’azione, gli attacchi sono fisici senza alcun accenno di magia e gli unici buff sono forniti sotto forma di pozioni o cibo, la caccia è legata a doppio filo al recupero di risorse e alla conseguente creazione di un equipaggiamento sempre migliore. Aggiungeteci una mascotte felina ed ecco la ricetta perfetta, o quantomeno funzionale allo scopo. Capcom riuscì infine a rendere il gioco più accessibile con un’offerta multigiocatore in larga parte gratuita – ed eccoci finalmente alla nostra chiave di volta, al fattore determinante di una simile popolarità. Non si tratta tanto del multigiocatore in sé quanto del profondo senso di comunità alla base della società giapponese: quando c’è qualcosa di molto popolare è meglio entrare a propria volta nel vivo dell’azione, o almeno conoscere i motivi di tale scompiglio. Il fatto che Monster Hunter permettesse di allearsi con altri giocatori collegando le console e dando così vita a vere squadre di caccia si è incontrato con una perfetta serie di circostanze culturali che le ha permesso di diventare ciò che è adesso.
Una perfetta serie di circostanze culturali ha permesso a Monster Hunter di diventare ciò che è adesso
Lo stesso produttore Ryozo Tsujimoto afferma come il successo della serie in Asia ma soprattutto in Giappone sia dovuto al fatto che i Paesi sono molto più densamente popolati rispetto all’Occidente, fattore che porta a inevitabili incontri, fossero anche solo virtuali. Molte persone conducono una vita da pendolare e le lunghe distanze che spesso si trovano a percorrere creano il giusto lasso di tempo durante il quale svagarsi con giochi portatili. In quanto esperienza cooperativa multigiocatore, Monster Hunter ha colpito nel segn,o ma nonostante gli si possa attribuire una certa preveggenza nel significato di fare squadra (concetto che con titoli attuali come Destiny è entrato anche nell’ottica occidentale), questo non è stato sufficiente a garantirgli lo stesso successo in Europa e Nord America: la sua natura portatile e l’abitudine a stratificare le complessità ne hanno minato il successo globale di cui invece sarebbe capace. Ecco dunque l’obiettivo principale di Monster Hunter: World, cambiare questo aspetto, rifinire la serie per renderla ancora più grande e soprattutto accessibile. Trasformarla in un open-world che sia sempre online e riportarla su console fisse, oltre che su PC.
“La scelta della piattaforma sul quale svilupparlo ci spianerà la strada verso un pubblico molto più ampio” sono state le parole di Tsujimoto. “Combinarla poi con l’utilizzo delle tecnologie più recenti per sviluppare un mondo che sia oltremodo ricco ed espressivo penso ci darà l’opportunità di far compiere un passo avanti significativo alla serie in Occidente”. E possiamo dirlo senza troppi dubbi, sembra proprio che avesse ragione: Monster Hunter: World si prospetta quel gioco di cui abbiamo bisogno perché tutti ne capiscano appieno l’incredibile potenzialità. Salpiamo dunque alla volta di Nuovo Mondo e nei panni di un Cacciatore di Classe A aiutiamo il Comitato di Ricerca a capire cosa spinga i Draghi Anziani a migrare ogni decade verso questa terra vergine, dove l’uomo ancora non ha piantato a fondo le proprie radici. Ritroviamo vecchi amici del bestiario ma prepariamoci anche ad affrontare creature mai vistre prima, armati dell’immancabile arsenale che da sempre ha contraddistinto Monster Hunter e aiutati da qualche nuova accortezza sulla quale il team di sviluppo ha riflettuto e poi ha messo in opera per alleggerire l’esperienza senza privarla del suo fascino.
Nuovo Mondo è affascinante e meraviglioso nella sua varietà di ecosistemi
È bastato giocare poche ore di Monster Hunter: World per capire di avere davanti un’avventura emozionante, meravigliosamente progettata e gratificante fin dal primi momento. Nella nostra caccia al Drago Anziano Zorah Magdaros per capirne le ragioni della migrazione ci siamo trovati catapultati in questo nuovo continente e in quanto cacciatori siamo stati incaricati di esplorarlo per ottenere dati utili, risorse e naturalmente liberarci di qualche mostro di troppo (sebbene a fini scientifici sarebbe meglio catturarli). Nonostante ciascuna area sia autonoma e abbia un proprio ecosistema – dalla giungla alle paludi fino alla barriera corallina – nell’insieme sono biomi sconfinati, dove inseguiremo e saremo inseguiti da alcune fra le più imponenti creature, in un continuo ribaltamento di ruoli fra cacciatore e preda. La resa grafica di queste bestie è eccezionale, dai più classici Aptonoths e Anjonaths passando per i piumati Pukei-Pukei dalla lingua fastidiosamente spessa e lunga per giungere infine alla maestosa imponenza dello stesso Zorah Madgaros. Il team artistico ha dato grande importanza al naturalismo ma sembra che l’ispirazione abbia attinto anche ad altri aspetti del mondo reale: il risultato si esprime in un bestiario affascinante come mai prima d’ora.
Ognuna di questre creature vive in un preciso habitat all’interno del vasto ecosistema di Nuovo Mondo, un ecosistema vivo, responsivo e soprattutto a piramide: i mostri più grossi e feroci dominano la catena alimentare e a seguire nei livelli sottostanti si posizionano altri specie di carnivori, erbivori e ovviamente la flora della quale le creature più docili possono cibarsi. Le due ambientazioni che abbiamo avuto modo di sperimentare non potevano essere più diverse, dalla rigogliosa verticalità della Foresta Antica fino alle più ampie pianure che si perdevano a vista d’occhio. Entrambe sono bellissime nella loro unicità ma l’aspetto forse più impressionante di Monster Hunter: World è fare un passo indietro per vedere i mostri interagire fra loro. Osservare l’indiscusso dominatore della giungla Anjonath calpestare senza pietà l’odioso Pukei-Pukei prima che questi volasse via terrorizzato ha avuto il suo perché – un’interazione, questa, che si estende lungo tutta la sottintesa catena alimentare. È curioso elogiare un gioco come Monster Hunter: World per aver infine reso più accessibili le proprie mappe, quando l’open-world sconfinato è un elemento in voga ormai da diverso tempo. Tuttavia è importante proprio per come influenza in maniera significativa il comportamento sia dei mostri sia di noi giocatori: ora possiamo inseguire ed essere inseguiti lungo tutta la mappa, sfruttando ciò che la natura ha da offrire per tenere il passo delle nostre prede o nasconderci da loro. La caccia è cominciata.
La persistente complessità si accompagna a una maggiore accessibilità
Se Monster Hunter è spesso stata etichettata come una serie difficile non solo in virtù della sua complessità ma anche, e forse soprattutto, perché getta il giocatore nel mezzo della mischia senza una valida preparazione di base, sarete contenti di sapere che in Monster Hunter: World tutte le peculiarità del gioco saranno opportunamente spiegate o semplificate. Dagli aspetti più importanti fino a quelli minori, Capcom ha fatto il possibile affinché i nuovi arrivati nell’universo della saga non si sentano spaesati. Si tratta di accortezze semplici all’apparenza ma che nel complesso migliorano notevolmente la fluidità dell’esperienza. Un esempio? Sarà possibile bere una pozione per recuperare salute mentre si è in movimento e quando si dovrà interagire con un oggetto diverso dall’arma equipaggiata, il Cacciatore la rinfodererà automaticamente senza più necessità dell’input da parte del giocatore. Se invece guardiamo al quadro generale, tutto è spiegato molto meglio. Durante l’esplorazione di Astera, la città-fortezza sede della Commissione di Ricerca, ci vengono fornite moltissime istruzioni su cosa fare, dove andare e come migliorare il nostro equipaggiamento dal fabbro dopo aver raccolto il materiale necessario – in questo particolare caso abbiamo di fronte un sistema di crafting rinnovato, con una struttura ramificata che chiarisce cosa ci serve per ottenere l’oggetto desiderato.
Cosa significa tutto questo? Significa che Monster Hunter: World conserva ancora la maggior parte della propria complessità, e al contempo si apre anche agli inesperti. Secondo il direttore Yuya Tokuda, infatti, Capcom non intende penalizzare quel senso di sfida che rappresenta la polpa del gioco ma ha riconosciuto una curva di difficoltà piuttosto estrema alla quale ha voluto porre rimedio, ribilanciandola in un’introduzione più fluida che accompagnasse il giocatore in profondità senza lasciarlo davvero solo, così che chiunque possa goderne senza sentirsi svantaggiato. Una simile flessibilità è estesa sia al campo di azione, grazie all’aiuto degli insetti scout al posto della palla-pittura per rintracciare i mostri, sia alle armi di per sé: pur potendo portare una sola arma alla volta, infatti, non sarà più necessario rientrare alla base (in questo caso Astera) per sostituirla se non dovessimo trovarci bene. Sarà sufficiente fare ritorno alla nostra tenda nell’accampamento per scegliere l’equipaggiamento migliore e riprendere in scioltezza la battuta di caccia.
Il combattimento è più sciolto e le armi sono sempre gloriosamente assurde
Parlando di armi, armature e botte da orbi, il combattimento di per sé è rimasto in grado parte immutato, nel senso che chiunque abbia un minimo di familiarità con Monster Hunter sarà in grado di riprendere la mano senza problemi. Chi invece è nuovo a questa serie scoprirà come molte delle sue caratteristiche tradizionali siano state ottimizzate per rendere l’azione più accessibile – questa parola si ripete spesso ma d’altronde è il leitmotiv dell’intera produzione. A fare da contraltare a queste migliorie troviamo quattordici tipi di armi grazie ai quali il giocatore potrà personalizzare il proprio stile di gioco e trovare quale faccia più al caso suo: in particolare la Charge Blade è un perfetto esempio di come questa flessibilità si sia incastrata alla perfezione nel gameplay. Si tratta di un’arma divisa in spada e scudo, che all’occorrenza può essere assemblata durante il combattimento per creare una gigantesca ascia a due mani con cui fendere il campo senza pietà ed eventualmente, accumulata la giusta carica, dare la scossa ai nemici. A un combattimento che dunque non varia la propria formula e chiede sempre al giocatore di valutare con attenzione le proprie mosse per non finire alla mercé del mostro si affianca una scioltezza tutta nuova, capace di renderci ancora più partecipativi. Lo stesso feedback è eccellente, con i mostri che reagiscono in maniera viscerale a un colpo andato a segno e telegrafano i loro attacchi a chi si mostra capace di osservare.
Il multigiocatore è consistente e perfettamente integrato
Il cambiamento più profondo di Monster Hunter: World è a livello strutturale. Mentre prima si accedeva a una zona specifica dell’hub per creare una lobby e invitare altri giocatori a unirsi alla squadra per completare missioni dedicate, adesso non c’è più alcuna distinzione fra gioco online e offline. Questo sistema è stato introdotto per consentire un’esperienza continuativa, senza interruzioni, perciò se doveste sentirvi inadeguati ad affrontare un incarico in solitario vi basterà sparare un razzo di segnalazione per indicare ad altri giocatori la vostra posizione e chiedere il loro aiuto. Questo dal punto di vista teorico, perché in pratica non abbiamo avuto modo di verificarne il funzionamento, tuttavia rimane un aspetto che se ben implementato potrebbe portare a quella svolta che la serie necessitava riguardo all’esperienza online – da sempre piuttosto macchinosa. Monster Hunter: World consente di fare gruppo fino a un massimo di quattro giocatori e una missione si dichiara fallita quando si accumula un totale di tre ko: questo comporta un’intesa profonda fra i partecipanti, perché se affrontare i mostri potrebbe sembrare uno scherzo in più persone, completare un incarico potrebbe risultare più difficile del previsto. Meglio sapere chi ci copre le spalle!
Monster Hunter: World non perde tempo a portarci nel vivo dell’azione
Una volta creato il vostro Cacciatore di Classe A, vi ritroverete subito catapultati in una ambientazione ostile. La Quinta Flotta della Commissione di Ricerca riscontra problemi nell’approdo a Nuovo Mondo e a voi non resta che farvi strada fino ad Astera a piedi e, soprattutto, disarmati. Tra una vegetazione lussureggiante e creature che possono essere docili quanto ostili, il breve tragitto fino alla città-fortezza non è privo di rischi e già questo concorre a creare un’atmosfera più adrenalinica. Un simile inizio a caldo non sarà nuovo agli appassionati della serie ma nei titoli passati la carica andava scemando a causa di prime missioni fin troppo tranquille come raccogliere determinate risorse o portare al pascolo un docile Aptonoth. Non più. Una volta scelto il nostro equipaggiamento saremo subito chiamati alla prima caccia: un Grande Jagras ci aspetta e chi siamo noi per rifiutare un tale invito? Tutti quei giocatori che si sono sempre mostrati curiosi verso Monster Hunter ma sono stati puntualmente dissuasi da questo lento ingranare del gioco troveranno a questo giro un’immediata gratificazione.