mother russia bleeds

Mother Russia Bleeds – Recensione

Mother Russia Bleeds, letteralmente Madre Russia Sanguina, è uno di quei rari giochi il cui titolo parla da solo. C’è la Russia, strafatta di droghe pesanti e pulp fino al midollo osseo, e c’è il sangue. Tanto sangue. Così tanto sangue che nell’arco di dieci minuti vi scorderete persino delle tonnellate di droghe e allucinogeni più o meno devastanti contro cui sbatterete il muso. Mother Russia Bleeds è un picchiaduro a scorrimento, uno di quei giochi di una volta grazie a cui i “non più giovani” di oggi dilapidavano interi capitali, nascosti dalla luce del sole, per salvare la fidanzata del figo muscoloso di turno. Fidanzata, notoriamente una gnocca bionda da far impallidire il leggendario Hugh Hefner, tenuta in ostaggio da un energumeno composto al 99% da muscoli e 1% scarso di cervello, aiutato da un esercito di scagnozzi ancor meno cerebro-dotati vestiti da disadattati. La bellezza del beat’em up, a ben vedere, era proprio questa: un protagonista, tre amici che poco di meglio avevan da fare se non fracassare crani per garantire una pomiciata selvaggia al citato figo muscoloso a missione compiuta e cazzotti, cazzotti a non finire, supportati da mazze, coltelli o bottiglie quando le nocche iniziavano a dar fastidio.

Come spesso accade nel mondo dei videogiochi, l’epopea del picchiaduro a scorrimento durò quel che durò, dando il meglio di sé nelle compiante sale giochi per poi approdare nelle console di svariate generazioni or sono. Poi il lento declino, sancito dal progressivo soppiantamento ad opera della famigerata terza dimensione e dal suo figlio prediletto, il genere action, che ancor’oggi gode di perfetta salute. Ancora oggi, tuttavia, in molti rimpiangono i bei tempi andati di Haggar e Final Fight, di quel 2.5D a scorrimento che rivoluzionò il concetto di “papà ti prego altre 200 lire” e, non certo senza qualche critica, sdoganò la rissa da strada in ambito ludico. Molti, tra cui Le Cartel, sviluppatore indipendente con base in terra d’Oltralpe, impegnato da 36 mesi a questa parte nello sviluppo di Mother Russia Bleeds. Un titolo che farà parlare di sé per parecchie cose, non certo solo per il suo stile così squisitamente old, e che alla luce di una violenza e di uno spreco di sangue senza pari non poteva essere pubblicato da altri, se non da Devolver Digital. Che già ai tempi di Hotline Miami ci aveva visto giusto…

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Mother Russia Bleeds è un titolo tosto. O meglio, è un titolo fottutamente bastardo. Non bastasse il fil rouge corrotto che collega le otto ambientazioni, piene zeppe di individui ad un passo dall’overdose e capaci di ridurre il nostro alter ego in poltiglia inerme nell’arco di una manciata di secondi, l’opera di esordio di Le Cartel è esattamente quel genere di “avventura” che difficilmente te ne perdona una. Perché ammettiamolo, chiunque saprebbe giocare con un beatem’up: basta muovere il proprio personaggio, saltare, tirare un cazzotto e scalciare come cavalli  – tempo totale di apprendimento, circa 5 minuti. E allora i nostri amici francesi ambiscono all’odio del proprio pubblico, elevando il coefficiente di difficoltà oltre le soglie di sicurezza, facendo piovere nemici da ogni dove (molti dei quali rigorosamente armati a lungo raggio) e offrendo delle sezioni, specie dopo il primo giro di boa, che difficilmente vi esimeranno da qualche settimana di Purgatorio. Il tutto, come vedremo a breve, condito (e in parte causato) da alcuni errori di gioventù dello sviluppatore, tanto nel bilanciamento quanto nel control schema, che manco a farlo apposta rendono ancora più complicato farsi strada tra i sobborghi del Cremlino.

E allora niente, tocca ricorrere alla Nekro. La famigerata droga che infesta le strade della Piazza Rossa, quella misteriosa sostanza verdognola attorno alla quale gira una storia convulsa e spietatamente violenta, rappresenta la novità che non ti aspetti in Mother Russia Bleed. Indicata da un’apposita barra verde dalle sembianze di una siringa (giusto per fugare ogni eventuale dubbio a tal proposito), essa permette sia di recuperare parte della salute persa sui possenti avambracci nemici, sia di scatenare una modalità berserk temporanea dove i danni inferti dal nostro personaggio sono amplificati all’inverosimile. Tutto molto bello, direte voi, a patto di avere abbastanza “roba” sotto mano – una necessità impellente già a livello di difficoltà Normale, dove livello di sfida esagerato e affluenza nemica rendono le iniezioni di Nekro all’ordine del giorno. Per nostra fortuna, sarà possibile drenare questo prodigioso elisir da gran parte dei corpi degli strafattoni che ci si pareranno davanti, una volta ridotti a spezzatino fumante.

Mother Russia Bleeds è un titolo tosto. O meglio, fottutamente bastardo

Dite addio al classico pollo arrosto che compare da una scatola di legno: in Mother Russia Bleeds la droga fa male (e a giudicare dai trip schizofrenici, dalle crisi di astinenza, dalle allucinazioni e dalla frequenza emetica dei protagonisti, ‘sta Nekro deve essere tagliata proprio da schifo), ma visto che le strade non hanno niente di meglio da offrire, meglio portare sempre con sé un siringone formato famiglia e aspirarla da chi, per ovvi motivi, non ne ha più bisogno. Quello di Le Cartel è un meccanismo insolito di healing, curioso ma allo stesso tempo fondamentale per progredire con quanti più denti possibile. I veterani potrebbero additare questa soluzione come troppo “semplificatoria”, visto che basta ammazzare quattro tossici per ritrovarsi di fronte ad una Banca del Nekro in piena regola. Non fosse che uno, sarete sempre dei Mark Renton in crisi di astinenza (tradotto dallo slang, non avrete mai abbastanza roba per curarvi come vorreste), due, avrete un lasso di tempo limitato per effettuare la manovra e tre, non aspettatevi che il resto dei nemici si fumi una sigaretta mentre voi siete chinati su un moribondo, con una siringa infilata in quel che resta del suo collo a drenar schifezze. Smack my bitch up …

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Nekro a parte, il gameplay di Mother Russia Bleeds è sulla carta una delle cose più ganze viste nel corso di quest’anno: otto livelli, dicevamo, affrontabili sia in modalità giocatore singolo, sia in una multi coop offline per un massimo di quattro giocatori – nel caso ve lo foste chiesti no, non è prevista alcuna modalità cooperativa online, ed è un gran peccato. Quattro i personaggi a disposizione del giocatore, caratterizzati come da tradizione beat’em up da abilità e parametri diversi: ci sono Sergei e Boris, i due personaggi “equilibrati” (in termini di skill set, chiaramente, anche perché basta vedere com’è ridotto Boris – il vecchietto del gruppo – per capire che di testa tanto equilibrato non è) ideali per i giocatori meno esperti. C’è Ivan, un energumeno dalle reminiscenze a metà strada tra Zangief e Haggar, lento come una lumaca e agile quanto una colonna di trachite, ma in grado di causare fratture scomposte con la sola imposizione delle mani (e fortuna che viene dipinto come quello più buono del quartetto). Chiude il cerchio la bella Natasha, che non ha ‘sti gran bicipiti ma saltella da una parte all’altra dello schermo come una molla e, a differenza degli altri, sfreccia come Bolt.

Il playthrough, almeno in linea teorica, scorre tra cazzotti, proiezioni, calci e tutte le amenità legate al mondo della rissa da strada. Peccato che le animazioni dei personaggi, fluidissime nonostante il loro sapore old school, si traducano troppo spesso in movimenti nervosi e scomposti, il cui esito alle volte è lontano dalle previsioni del giocatore. Se a questo aggiungiamo una profondità (la mezza dimensione in più, per capirci) maggiore del solito, si nota da subito una certa difficoltà ad allineare PG e avversario per portare a termine il colpo con efficacia. Risultato, il nostro alter ego sferrerà colpi al vento colto da improvviso delirium tremens, per la gioia dell’avversario di turno che andrà a segno con un sorriso beffardo stampato sulle labbra. Si tratta di una situazione sì “correggibile” prendendo la giusta dimestichezza col titolo di Le Cartel, ma ancora una volta il sovraffollamento su schermo, i pugni (e non solo) che arrivano da ogni dove e la necessità di siringarsi periodicamente per scongiurare infelici trapassi rendono l’azione di gioco confusionaria e poco gestibile – con tutti i problemi che ne derivano.

Sulla carta, il gameplay di Mother Russia Bleeds è una delle cose più ganze viste nel corso di quest’anno

Problemi che vengono resi ulteriormente evidenti da una calibrazione approssimativa degli attacchi del quartetto di anti-eroi. Laddove il pugno rappresenta l’unica via di salvezza dalle situazioni più critiche, lo stesso non si può dire del calcio, troppo lento per andare a colpo (ad esclusione di Natasha, che soffre però di evidenti problemi di forza) e, proprio per questo, potenziale punto debole della nostra manovra offensiva. In sostanza, la potenza dei nostri quadricipiti sarà utile principalmente negli attacchi aerei, dove col giusto tempismo spediremo al Creatore anche più avversari con un colpo ben assestato, o per guadagnare un po’ di “spazio” nella ressa diabolica spedendo il morituro di turno a qualche passo di distanza. La situazione della fase combat, sia chiaro, non è comunque male: le armi bianche regalano una soddisfazione gargantuesca quando impattano sugli altrui crani, mentre fiotti di sangue pixelloso colorano lo scenario e i corpi si accatastano al suolo.

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Anche il feel delle armi da fuoco è positivo, nonostante la costante penuria di munizioni (e vi parliamo del livello normale): niente però supera la soddisfazione regalata dal finire un nemico a terra nei modi più violenti e dolorosi possibili, alcuni dei quali al limite delle celeberrime Fatality nonché accompagnati da piacevoli campionature che non lasciano troppo spazio all’immaginazione. Peccato che, per quanto tutto possa sembrare dannatamente accattivante, l’unione delle citate problematiche a sezioni dalla difficoltà improponibile pregiudichino in modo deciso l’esperienza di gioco, che raggiunge a tratti livelli preoccupanti di frustrazione. Frustrazione aumentata dall’impossibilità di selezionare un personaggio differente all’interno del livello una volta che quello corrente è defunto (in modo analogo al vecchio Metal Slug, per intenderci), se non riavviando in toto la sessione.

Dove Mother Russia Bleeds non sbaglia un colpo è nella direzione artistica: malatissima e lisergica, la Russia di Le Cartel è teatro di una scampagnata delirante lungo lidi sociopatici corrotti da droga, denaro e violenza. Un omaggio all’era dei pochi bit dove il rosso sangue detta legge dittatoriale, dove ruggine e sporcizia si alternano a flash allucinatori incontrollabili. Uno stile crudo e diretto come un gancio alla bocca dello stomaco, fatto di una pixel art sfrontata che, per i giocatori più attempati, è l’equivalente dell’oro colato. Il tutto condito da un accompagnamento musicale all’altezza, fatto da sonorità folli e a tratti estranianti, che pur senza raggiungere la totale maniacalità di Hotline Miami riescono a contestualizzarsi alla perfezione nell’universo di Mother Russia Bleeds. Un sangue che sarà anche fatto di tanti piccoli pixel, ma che scivola lungo lo schermo che è un piacere.

Conclusioni

Un gruppo di combattenti da strada imbottiti di una droga misteriosa attorno a cui gravita la Mafia Russa; corruzione, decadenza sociale, efferatezza e brutalità. Niente male come biglietto da visita quello di Mother Russia Bleeds, il titolo dell’acclamazione di Le Cartel che, sotto l’occhio addestrato di Devolver Digital, ripropone la vecchia formula del picchiaduro a scorrimento che tanti cuori ha conquistato un paio di lustri or sono. Un beat’em up perfido come il Demonio, sia in termini di gameplay quanto di tematiche trattate, che non lesina anche un solo secondo di violenza ma, al contrario, fa di tutto per sbattere sullo schermo le bestialità peggiori dell’essere umano. Un essere umano trasformato in una spietata macchina di morte da quella Nekro che gli scorre nelle vene, che a distanza di tempo annienta l’organismo vittima di una prolungata astinenza e che, proprio come negli incubi peggiori, trasforma tutto in un’allucinazione disperata e grottesca da cui è impossibile uscire. Se non assumendo altra roba e seminando ancora morte. Ancora e ancora, sino a quando tutto sarà finito.

Mother Russia Bleeds, detta così, potrebbe essere l’insta-buy più clamoroso di questo 2016, anche per chi ai tempi dei coin op’ era costretto a mettersi in punta di piedi e naso all’insù per capire cosa stesse succedendo. Non fosse che a compiere lo scherzo peggiore è proprio l’inesperienza (più che comprensibile) del giovane team di sviluppo, che ossessionato nel proporre una sfida all’altezza ha dato vita ad un mostro punitivo avente ancor meno pietà dei suoi già “discutibili” protagonisti. Un problema non certo secondario, che va a braccetto con una mancata calibrazione delle skill offensive dei PG e del combat schema in termini generali. Non un peccato mortale, visto l’indiscutibile valore del titolo di Le Cartel, ma che inesorabilmente ne ridimensiona il risultato finale. Ma al posto vostro non lo diremmo ad Ivan

 
mother russia bleeds
  • Good
    Direzione artistica spettacolare Malato, lisergico, allucinante, cattivo Mai visto tanto sangue in un beat'em up
  • Bad
    Spesso è difficile "allinearsi" al nemico per attaccare Alcune sezioni non sono difficili: sono da denuncia Calcio e pugno sono sbilanciati in modo evidente
  • 7.5
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  • Good
    Direzione artistica spettacolare Malato, lisergico, allucinante, cattivo Mai visto tanto sangue in un beat'em up
  • Bad
    Spesso è difficile "allinearsi" al nemico per attaccare Alcune sezioni non sono difficili: sono da denuncia Calcio e pugno sono sbilanciati in modo evidente
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